26 Aprile 2024

4.2. LA PROSPETTIVA MATERIALISTA E ATEA DI LENIN

«Un prete cattolico che violenti fanciulle... è molto meno pericoloso per la democrazia di un prete senza abiti sacri, un prete senza religione grossolana, un prete ideale e democratico che predica la creazione di un nuovo Dio. Poiché smascherare il primo prete è facile, non è difficile condannarlo e scacciarlo – ma il secondo non si lascia scacciare così semplicemente; è mille volte più difficile smascherarlo, e nessun piccolo borghese fragile e incostante si dichiarerà disposto a condannarlo». (Vladimir Lenin, dalla Lettera a Maksim Gor'kij, 14 novembre 1913, citata nei taccuini di Ernesto Che Guevara)15
L'ostilità di Lenin verso la religione è nota. Egli d'altronde non esita a condannare la più nascosta forma di ideologia “idealista” e cripto-religiosa. Tale è il lavoro importantissimo di Materialismo ed Empiriocriticismo, un testo che meriterebbe di essere pienamente riscoperto.
Sulla religione nel suo complesso si è però espresso chiaramente anche in altri scritti. Riportiamone uno del 190516, che affronta una serie di questioni fondamentali. Iniziamo dall'identificazione delle caratteristiche peggiori e nefaste della religione:
«La religione è una delle forme dell'oppressione spirituale che grava dappertutto sulle masse popolari, schiacciate dal continuo lavoro per gli altri, dal bisogno e dall'isolamento. La debolezza delle classi sfruttate nella lotta contro gli sfruttatori genera inevitabilmente la credenza in una vita migliore nell'oltretomba, allo stesso modo che la debolezza del selvaggio nella lotta contro la natura genera la credenza negli dei, nei diavoli, nei miracoli, ecc. La religione predica l'umiltà e la rassegnazione nella vita terrena a coloro che trascorrono tutta l'esistenza nel lavoro e nella miseria, consolandoli con la speranza di una ricompensa celeste. Invece, a coloro che vivono del lavoro altrui la religione insegna la carità in questo mondo, offrendo così una facile giustificazione alla loro esistenza di sfruttatori e vendendo loro a buon mercato i biglietti d'ingresso nel regno della beatitudine celeste. La religione è l'oppio del popolo. La religione è una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini. Ma lo schiavo che ha acquistato coscienza della propria schiavitù, e si è levato alla lotta per la propria liberazione, per metà non è più uno schiavo. L'operaio cosciente moderno, educato dalla grande industria di fabbrica, istruito dalla vita cittadina, respinge con disprezzo i pregiudizi religiosi, lascia il cielo a disposizione dei preti e dei bigotti borghesi, conquistandosi una vita migliore sulla terra. Il proletariato moderno si schiera dalla parte del socialismo, che chiama la scienza a lottare contro le tenebre della religione e che libera l'operaio dalla credenza in una vita ultraterrena, organizzandolo in modo da combattere una lotta effettiva per realizzare una migliore vita terrena».
L'atteggiamento dei comunisti deve essere quindi la rivendicazione della separazione completa delle strutture religiose dallo Stato, all'insegna della più radicale laicità:
«La religione dev'essere dichiarata un affare privato: con queste parole si definisce per solito l'atteggiamento dei socialisti verso la religione. Ma bisogna chiarire esattamente il significato di queste parole per evitare ogni malinteso. Noi esigiamo che la religione sia un affare privato nei confronti dello Stato […]. Lo Stato non deve avere a che fare con la religione, le associazioni religiose non devono essere legate al potere statale. Ognuno dev'essere assolutamente libero di professare qualsivoglia religione o di non riconoscerne alcuna, cioè di essere ateo, come è, in genere, ogni socialista. Non si può tollerare una sola differenza nei diritti dei cittadini che sia motivata da credenze religiose. Qualsiasi menzione della confessione religiosa dei cittadini negli atti ufficiali dev'essere assolutamente soppressa. Nessuna sovvenzione statale dev'essere elargita alla Chiesa nazionale e alle associazioni confessionali e religiose, che devono diventare associazioni di cittadini-correligionari, completamente libere e indipendenti dal potere statale. […] Separazione completa della Chiesa dallo Stato: ecco la rivendicazione del proletariato socialista nei confronti dello Stato e della Chiesa moderni».
Nell'affrontare il problema del rapporto tra la religione e il Partito Comunista, e nel rispondere alla domanda se gli iscritti possano essere religiosi, Lenin risponde così:
«Nei confronti del partito del proletariato socialista la religione non è un affare privato. Il nostro partito è un'unione di militanti coscienti, d'avanguardia, che lottano per l'emancipazione della classe operaia. Una tale unione non può e non deve restare indifferente all'incoscienza, all'ignoranza e all'oscurantismo sotto forma di credenze religiose. Rivendichiamo la separazione completa della Chiesa dallo Stato, per combattere le tenebre religiose con armi puramente ed esclusivamente ideali, con la nostra stampa, con la nostra parola. Ma noi abbiamo fondato fra l'altro la nostra unione […] proprio per lottare contro ogni abbrutimento religioso degli operai. Per noi la lotta ideale non è un affare privato, ma riguarda tutto il partito, tutto il proletariato. Se così è, perché mai non ci proclamiamo atei nel nostro programma? Perché non vietiamo ai cristiani e ai credenti in dio di entrare nel nostro partito? La risposta a questa domanda deve chiarire l'importantissima differenza che corre fra la democrazia borghese e la socialdemocrazia nell'impostare la questione della religione. Il nostro programma è interamente fondato sulla concezione scientifica, e più precisamente materialistica, del mondo. La spiegazione del nostro programma comprende quindi di necessità anche la spiegazione delle reali origini storiche ed economiche dell'oscurantismo religioso. La nostra propaganda comprende necessariamente anche la propaganda dell'ateismo; la pubblicazione della letteratura scientifica sull'argomento […] deve ora diventare un settore di lavoro del nostro partito. […] Ma non dobbiamo in nessun caso scivolare verso un'impostazione astratta, idealistica della questione religiosa, parlando di “ragione”, prescindendo dalla lotta di classe, come fanno spesso i democratici radicali borghesi. Sarebbe assurdo credere che, in una società fondata sull'oppressione e sull'abbrutimento illimitati delle masse operaie, i pregiudizi religiosi possano essere dissipati per mezzo della pura predicazione. Dimenticare che l'oppressione religiosa del genere umano non è che il prodotto e il riflesso dell'oppressione economica in seno alla società sarebbe dar prova di angustia mentale borghese. Nessun libro, nessuna predicazione potrà mai educare il proletariato, se esso non verrà educato dalla propria lotta contro le forze tenebrose del capitalismo. L'unità di questa lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa, per creare il paradiso in terra, è per noi più importante dell'unità di idee dei proletari sul paradiso in cielo. Ecco perché non dichiariamo e non dobbiamo dichiarare il nostro ateismo nel nostro programma, ecco perché non impediamo e non dobbiamo impedire ai proletari, che conservano certi residui di vecchi pregiudizi, di avvicinarsi al nostro partito. Diffondere la concezione scientifica del mondo è cosa che faremo sempre, combattere l'incoerenza di certi “cristiani” è per noi necessario; ma ciò non significa affatto che bisogna portare la questione religiosa in primo piano, in un posto che non le compete, né che dobbiamo ammettere una divisione delle forze economiche e politiche effettivamente rivoluzionarie per opinioni e fantasticherie di terz'ordine, che perdono rapidamente ogni importanza politica e sono ben presto gettate fra le anticaglie dal corso stesso dello sviluppo economico».
15. E. “Che” Guevara, Prima di Morire. Appunti e note di lettura, cit., p. 47.
16. V. Lenin, Socialismo e religione, Novaja Žizn-Scintilla Rossa, n° 28, 3 dicembre 1905.

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