25 Aprile 2024

E.1. IL MATERIALISMO DIALETTICO COME GUIDA DELLA PRASSI

«La legge della conversione della quantità in qualità e viceversa.
La legge della compenetrazione degli opposti.
La legge della negazione della negazione
».
(Friedrich Engels e le tre leggi della dialettica, da Dialettica della natura)

La lotta di classe non si gioca su ricette prestabilite, né su sentieri tracciati una volta e per sempre. È sempre lo stesso Lenin a ricordare la natura antidogmatica del materialismo dialettico:
«La nostra dottrina non è un dogma, ma una guida per l'azione, hanno sempre sostenuto Marx ed Engels, burlandosi a ragione delle “formule” imparate a memoria e ripetute meccanicamente, le quali, nel migliore dei casi, possono tutt'al più indicare i compiti generali che vengono di necessità modificati dalla situazione economica e politica concreta di ciascuna fase particolare del processo storico».
Si può però, alla luce di quanto detto finora, riassumere per grandi capi, attraverso le parole che il filosofo Georges Politzer usava per insegnare il marxismo agli operai parigini negli anni '30, che
«la lotta di classe comprende:
a) una lotta economica;
b) una lotta politica;
c) una lotta ideologica.
Occorre quindi che il problema sia posto simultaneamente in questi tre campi.
a) Non si può lottare per il pane senza lottare per la pace, senza difendere la libertà e tutte le idee che rafforzano la lotta per questi obiettivi.
b) Lo stesso si deve dire per la lotta politica che, da Marx in poi, è diventata una vera scienza: per combattere questa battaglia, occorre tener conto contemporaneamente della situazione economica e delle correnti ideologiche.
c) Per quanto riguarda la lotta ideologica, che si manifesta attraverso la propaganda, bisogna tener conto, affinché sia veramente efficace, della situazione economica e politica; è chiaro dunque che questi problemi sono strettamente legati e non possiamo prendere nessuna decisione riguardo a qualsiasi aspetto di quel grande problema che è la lotta di classe (durante uno sciopero, per esempio) senza prendere in considerazione ogni dato del problema e l'insieme del problema stesso. Sarà quindi colui che riuscirà a lottare su tutti questi terreni che fornirà la guida migliore al movimento. È cosi che un marxista comprende il problema della lotta di classe».
Politzer ci aiuta ad approfondire in parole semplici uno dei nuclei centrali del materialismo dialettico: la sua interiorizzazione della dinamica della complessità del reale. La realtà non è infatti mai semplice, fissa e lineare, ma sempre carica di contraddizioni e problematiche che necessitano di un esame costante e vigile, di uno studio continuo e comparato in ogni disciplina, compresa quella dello stesso marxismo. La stessa struttura e le formule fin qui enunciate in questo lavoro non devono essere intese se non come guide per l'azione. Lenin ci giunge ancora una volta in soccorso per spiegare meglio di tutti il punto:
«Per conoscere veramente un oggetto, bisogna studiare e comprendere tutti i suoi aspetti, in tutti i nessi e le “mediazioni”. Non raggiungeremo mai completamente questo risultato, ma l'esigenza di una ricerca che abbracci tutti gli aspetti ci aiuterà a evitare errori e schematismi. Questo in primo luogo. In secondo luogo la logica dialettica esige che si consideri l'oggetto nel suo svolgimento, nel “movimento di sé stesso” (come diceva Hegel). In terzo luogo tutta la prassi umana deve entrare nella “determinazione” dell'oggetto, sia come criterio di verità, sia come momento pratico che determina il rapporto dell'oggetto con ciò di cui l'uomo ha bisogno. In quarto luogo la logica dialettica insegna che “non c'è verità astratta, che la verità è sempre concreta”».
Ossia in parole più semplici: “Un comunista che pensasse di impadronirsi del comunismo basandosi su conclusioni bell'e pronte ottenute senza svolgere un grande, serio e difficile lavoro preparatorio, senza analizzare i fatti che è necessario considerare criticamente, sarebbe un ben povero comunista.”
La battaglia che deve condurre quotidianamente un comunista deve essere innanzitutto tesa a conquistare un progresso della propria visione dialettica, informandosi e studiando con l'obiettivo di cogliere e collegare la totalità degli eventi, e non solo una piccola parte di essi, come è invece tipico di chi disponga di una visione meramente binaria della società e della politica, diventando incapace di vedere altri colori oltre ai soli “bianco” e “nero”.
Sempre Politzer, che ha sviluppato in maniera sintetica ed eccellente questi temi nel classico I principi elementari della filosofia, offre un esempio chiaro ed utile per l'occasione, riferito alla realtà del suo tempo:
«Ogni giorno sentiamo delle critiche all'Unione Sovietica, critiche che ci rivelano le difficoltà di comprensione di coloro che le formulano. Questo avviene perché hanno una concezione metafisica del mondo e delle cose. Tra i numerosi esempi che potremmo citare, prendiamo solo questo. Ci dicono: “Nell'Unione Sovietica un lavoratore percepisce un salario che non corrisponde al valore totale di ciò che produce, vi è dunque un plusvalore, cioè un prelievo effettuato sul suo salario. Quindi è derubato. In Francia è lo stesso: gli operai sono sfruttati; non vi è quindi differenza tra un lavoratore sovietico e un lavoratore francese”. Dov'è, in quest'esempio, la concezione metafisica? Consiste nel non considerare che si è in presenza di due tipi di società e nel non tener conto delle differenze tra queste due società. Poiché vi è plusvalore sia qui che li, si crede che sia la stessa cosa e non si considerano i cambiamenti avvenuti in URSS, dove l'uomo e la macchina non hanno più il medesimo significato economico e sociale che in Francia. Ora, nel nostro paese, la macchina esiste per produrre (al servizio del padrone) e l'uomo per essere sfruttato. In URSS la macchina esiste per produrre (al servizio dell'uomo) e l'uomo per godere il frutto del proprio lavoro. In Francia il plusvalore va al padrone; in URSS, allo Stato socialista, cioè alla collettività senza sfruttatori. Le cose sono cambiate. Da questo esempio vediamo dunque che i difetti di giudizio provengono, in coloro che sono sinceri, da un metodo metafisico di pensiero e, in particolare, dall'applicazione della prima caratteristica di questo metodo, caratteristica fondamentale, che consiste nel sottovalutare il cambiamento e nel considerare preferibilmente l'immobilità o, in altre parole, nel tendere a perpetuare l'identità»
La capacità di avere una visione dialettica è fondamentale per collegarsi al discorso di Lenin sui “compromessi”, ritenuti in certi casi necessari per giungere ad obiettivi superiori. La mancanza di una visione dialettica può trasformare facilmente un comunista in un estremista settario oppure in un disilluso apolitico, rendendogli impossibile ingoiare certi rospi amari. Lo stesso discorso si può fare in generale per le critiche fatte a certi modelli di socialismo reale, come pure a certe forme di regimi che pure in certi casi svolgono funzioni utili in ottica antimperialista e anticolonialista. Critiche spesso legittime, sia chiaro, ma incapaci di capire che talvolta le condizioni materiali concrete necessitino di accettare alcune contraddizioni minori con l'obiettivo di superarle in un secondo momento, qualora ve ne siano di maggiori e ben più gravi all'ordine del giorno. Detto altrimenti: in una fascia in cui il nero è il “male assoluto” e il bianco è il “bene assoluto”, non ci si troverà mai a dover scegliere di sostenere uno scontro tra nero e bianco, ma semmai tra diverse sfumature di grigio tra le quali sarà costretto a scegliere. Qui sta anche il senso dell'ammonimento di Lenin per cui «colui che attende una rivoluzione sociale pura non la vedrà mai», essendo «un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione». Lo stesso Marx d'altronde, posto di fronte alla visione della guerra civile americana (1861-65) tra nordisti e sudisti non esitò a schierarsi fermamente dalla parte dei primi (in quanto anche solo formalmente anti-schiavisti), intrattenendosi a lungo in rapporto epistolare con Lincoln. Da tutto ciò consegue (e lo spiega meglio di tutti Domenico Losurdo ne La lotta di classe) che la lotta di classe non significa soltanto il conflitto tra le classi proprietarie e il lavoro dipendente all'interno di una singola società. È anche «sfruttamento di una nazione da parte di un’altra», come denunciava Marx, e l’oppressione «del sesso femminile da parte di quello maschile», come scriveva Engels. Siamo dunque in presenza di tre diverse forme di lotta di classe, chiamate a modificare radicalmente la divisione del lavoro e i rapporti di sfruttamento e di oppressione che sussistono a livello internazionale, in un singolo paese e nell’ambito della famiglia. Avendo già affrontato il discorso dello «sfruttamento di una nazione da parte di un’altra» nella sezione dedicata all'imperialismo, occorre focalizzare ora l'attenzione sulla questione dell'oppressione di genere.

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