20 Aprile 2024

3.6. LA CHARIA

«Innanzi tutto conviene distinguere tra paesi musulmani e Stati islamici i quali fanno della sharia (legge islamica) il fondamento stesso del potere. Lo Zamfara, uno dei 12 Stati nigeriani, ha reintrodotto la charia nel 1999, malgrado l’opposizione del governo federale. Safiya Husaini aveva dato alla luce una bambina mentre era divorziata. Applicando la sharia, essa si vide infliggere la pena capitale tramite lapidazione per “adulterio”. La sua condanna suscita un largo movimento di protesta nel mondo, e l’Unione Europea esige dalle autorità nigeriane ch’esse evitino questa odiosa crudeltà. Il 22 marzo 2002, la Corte d’Appello islamica dello Stato del Sokoto proscioglie Safiya Husaini per vizio di forma. Lo stesso giorno, un tribunale di Bakori, nello Stato di Katsina, condanna a morte per lapidazione (fatwa) Amina Lawal, divorziata, 30 anni, madre di tre bambini. La giovane donna era stata arrestata da alcune persone del suo villaggio e portata davanti a un tribunale. Amina riconobbe d’aver avuto una relazione con un uomo del suo villaggio, affermando che lui le aveva promesso di sposarla se si fosse concessa a lui. Davanti al tribunale l’uomo ammette la sua relazione con Amina, ma nega di aver avuto con lei rapporti sessuali. Il tribunale ritira allora le accuse contro di lui. La sentenza è confermata da una Corte d’Appello islamica ed è accolta da un mormorio di approvazione “Allah è grande” nell’aula del tribunale. La pena diventa esecutiva al momento dello svezzamento del bambino, nel gennaio 2004. In Afghanistan, l’arrivo dei talebani nel 1996, affonda le donne nell’abisso dell’infamia: esse diventano dei “fantasmi senza volto e senza voce”. Vengono loro vietate l’accesso all’educazione, le cure mediche, l’assistenza legale, il diritto al lavoro, di passeggiare da sole (esse devono essere accompagnate da un uomo della propria famiglia). Le donne sono costrette a portare il tchador e il burqua. Molte sono picchiate, violentate e perfino uccise e la maggior parte accetta questa sottomissione servile con l’unico scopo di rimanere in vita. La fine dei talebani segna la liberazione delle donne? Il fenomeno è ancora troppo recente perché si possa dire se alcune scuole hanno riaperto le porte alle ragazze. Constatiamo che il burqua è ancora largamente usato e che la maggior parte delle persone interrogate stima che ciò fa parte della tradizione che bisogna rispettare. Scrivendo queste righe, ho denunciato la misoginia religiosa, non i risultati. Io non sposerei mai né il fanatismo salvifico né quelle sciocche illusioni. La morale religiosa è un inganno, e i costumi sociali ne sono viziati. Se l’abuso è inseparabile dall’istituzione, quest’ultima è ingiusta. Tacere sarebbe un disonore: il silenzio aiuta la gloria delle religioni, della Chiesa e dell’ordine; esso stravolge il senso morale. E così, per distrazione, la giustizia si mette sotto i piedi, essa offusca il candore della colomba per imbiancare il corvo, secondo la frase di Giovenale: “Dat veniam corvis, vexat censura columbas” (Perdona i corvi, tormenta con la critica le colombe, ndt). Appartiene quindi alle donne, animate da questa forza cosmica - di cui parla Dante - d’aver l’ultima parola: eterne schiave del carniere di preti e di mullah, esse finiranno per sbarazzarsi dei loro perversi impedimenti; ma è soprattutto un problema di tutti gli uomini di buona volontà».8
8. Ibidem.

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