27 Aprile 2024

4. LA NASCITA DELL'ARMATA ROSSA, L'ESERCITO PROLETARIO

«Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all'Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita».
(Ernest Hemingway)54

«Nessuna istituzione della Russia sovietica cessi mai di attribuire all'Esercito il primo posto. La storia insegna che i governi i quali non attribuiscono alle questioni militari un'importanza primordiale portano i loro paesi alla rovina». (Vladimir Lenin)55

Se la CEKA lottava contro le manovre più infide, nascoste e segrete messe in campo dalla sovversione, essa non poteva certo bastare contro le azioni esplicite, pubbliche, ampie e di massa caratterizzate dalla controrivoluzione militare, nemico agente sia dal fronte esterno che da quello “interno”. Tracciamo quindi questo breve profilo storico sulla formazione dell'Armata Rossa: dalla Rivoluzione d'Ottobre in poi, un po' dappertutto, sotto l'impulso dei soviet si viene creando la guardia rossa. È composta di volontari, uomini e donne, da soldati del vecchio esercito passati alla causa del partito bolscevico. I marinai del Baltico e numerosi stranieri (cinesi, lettoni, ungheresi, ecc.) le forniscono un contributo efficace. I capi di queste formazioni, con organici e armamento disparati, sono designati mediante elezioni. Un comitato per gli affari militari, animato da Trockij, sovrintende al tutto. L'insufficienza della guardia rossa di fronte agli avvenimenti e alle minacce che sorgono da ogni parte diviene però lampante e il decreto del 28 gennaio 1918 (questo giorno divenne in seguito festa nazionale, celebrato come «Giorno dell'Armata Rossa» ed attualmente come «Giorno dei Difensori della Madrepatria») emanato dal Consiglio dei commissari del popolo annuncia la creazione dell'Esercito rosso degli operai e dei contadini. È un esercito di classe, l'avanguardia del proletariato mondiale. Trockij, Commissario del Popolo per la Guerra dal 1918 al 1923, impiega un'energia instancabile per organizzare questo esercito e dotarlo di quadri efficienti, presi in maggioranza fra gli ufficiali del vecchio esercito. Il 22 aprile un nuovo decreto prescrive l'istruzione militare obbligatoria per tutti.
Attraverso la mobilitazione verso la fine del 1918 l'Armata Rossa conterà già quasi 600 mila uomini, saldamente disciplinati e ben armati. L'urgenza immediata è combattere le forze controrivoluzionarie che in tutto il Paese sorgono come funghi. Ne seguirà una lotta feroce sulla quale torneremo in seguito. Basti per ora ricordare che se le Armate Bianche degli zaristi e dei “liberali” persero, fu soprattutto perché nelle zone da loro controllate mostrarono tutta la differenza di classe tra la loro azione e quella bolscevica. Laddove comandavano infatti restaurarono “la legge” e di conseguenza la proprietà privata, restituendo le terre ai proprietari e rimettendo in causa le conquiste della Rivoluzione, alle quali tenevano le masse delle classi contadine. La contraddizione lampante di tale atteggiamento era che nel frattempo non esitavano ad attuare requisizioni e saccheggi per finanziare il proprio esercito. Serge Andolenko, che pure non nutre simpatie bolsceviche, ricordando che anche questi ultimi procedevano a requisizioni costanti per mantenere le proprie truppe, non può che scrivere che se talvolta i Bianchi venivano «ricevuti con fiori», spesso erano poi «ricacciati con le maledizioni di un popolo amaramente deluso», mentre «la vittoria dei sovietici è dovuta anzitutto all'appoggio di cui godono presso vasti strati popolari», dovuto in primo luogo alla diversità degli obiettivi per cui lottarono i due eserciti. D'altronde il motto dell'antico esercito zarista, spesso mantenuto da alcuni generali “bianchi”, era «Per la fede, lo Zar e la patria»; quello dell'esercito sovietico «Per la nostra patria sovietica». L'immagine del Cristo che compariva sulle bandiere è stata sostituita da una stella a cinque punte. L'esercito sovietico, nato come esercito di classe, tenderà a ridiventare un esercito nazionale in senso nuovo (sovietico, non russo), nei cui ranghi servono, senza distinzione di origine sociale o razziale, tutti i cittadini dell'URSS. Da notare il dato centrale del riferimento alla «patria», inteso non in senso nazionalista ma di orgoglio per il proprio sistema economico-sociale rivoluzionario.
Di tutto ciò erano coscienti i bolscevichi: «Questa guerra non è accidentale – dichiara Lenin nel 1914 – è una fase inevitabile del capitalismo. Non è possibile intesa durevole con i concorrenti capitalisti. Se dopo questa guerra non si avrà un complesso di rivoluzioni, le guerre si succederanno». Proseguendo così: «Anche in tempo di pace la guerra continua; del resto non è che il proseguimento della politica con altri mezzi».
L'attenzione posta da Lenin alle questioni militari era dovuta da un lato all'attento studio alle opere di Engels, dall'altro dalla lezione storica della sconfitta subita nel 1905. Scrive Andolenko: «Non vi è dubbio che nel 1905, senza l'atteggiamento fermo dell'esercito che si oppose vigorosamente ai discepoli di Lenin, il Paese sarebbe stato precipitato nella rivoluzione e nella guerra civile undici anni prima». Se la rivoluzione di Febbraio e l'azione dei Soviet avevano posto le premesse per la disgregazione dell'esercito zarista, dalla storia plurisecolare, la decisione di come ricostruire un nuovo esercito aveva sollevato un certo dibattito durante l'VIII Congresso del Partito, tra sostenitori delle milizie popolari che si opponevano all'idea di ripristinare un esercito regolare. Alla fine aveva avuto la meglio Lenin: «O formeremo un vero esercito regolare, saldamente disciplinato e così salveremo la repubblica, o periremo». La costruzione di un esercito regolare è vista come fondamentale in questa fase non solo per difendersi, ma anche in vista dello scontro con gli eserciti dei capitalisti. Occorre ricordare che in questo momento la pace di Brest-Litovsk non è ancora stata firmata e che, anche se non si sono ancora scatenati in pieno gli interventi militari dei Paesi occidentali la Russia continuerà a vedere, fino al novembre 1918, una buona parte dei propri territori occidentali europei occupati da 45 divisioni di fanteria (27 tedesche, 15 austriache e 3 turche). La necessità di difendere la Rivoluzione era quindi una consapevolezza chiara per Lenin e diventerà una direttrice strategica per l'intero gruppo dirigente. Soltanto nel decennio 1918-28 compariranno 243 opere dedicate alle questioni militari, individuando alla base della forza di un esercito la stessa stabilità e forza del sistema economico-politico. Già nel 1918 Lenin proclama: «La storia è implacabile; ci pone dei problemi senza ambiguità, o perire o raggiungere i paesi industriali». Fin da subito quindi, secondo Andolenko, «forte di questi insegnamenti, il regime accorda all'esercito il primo posto, organizza le retrovie e si lancia risolutamente verso l'industrializzazione». Chiaramente coniugandolo con il mantenimento delle principali conquiste rivoluzionarie di classe. Nei fatti in queste righe sono già presenti le linee direttrici che seguirà il successivo gruppo dirigente sotto la leadership di Stalin.56
54. Citato in J. Versteegh, 60 anni fa: come l'Armata Rossa ha debellato la peste nera, 4 maggio 2005; l'articolo originale, postato sul sito www.ptb.be del Parti du Travail de Belgique – PTB, non è attualmente più disponibile; ci si è rifatti alla traduzione in italiano del Centro di Cultura e Documentazione Popolare e pubblicazione su http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust5e08.htm.
55. Citato in S. Andolenko, Storia dell'esercito russo da Pietro il Grande all'Armata Rossa, Odoya, Bologna 2013 [1° ediz. S. Andolenko, Histoire de l'Armée russe, Flammarion & Cie, Paris, 1967], p. 452.
56. S. Andolenko, Storia dell'esercito russo, cit., pp. 432-449.

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