26 Aprile 2024

06. IL “LIBRETTO ROSSO” DI MAO TSE-TUNG

Il Libretto Rosso di Mao Tse-Tung (Shaoshan, 26 dicembre 1893 – Pechino, 9 settembre 1976) è senza dubbio uno dei testi politici più famosi, citati, omaggiati e anche bistrattati del XX secolo. Il testo è anche noto con i titoli di Citazioni dalle opere del presidente Mao Tse-tung (titolo originario) o Il libro delle Guardie rosse, ed è un'antologia di citazioni tratte dagli scritti e dai discorsi di Mao, con una prefazione scritta da Lin Biao. La prima edizione dell'opera è del 1963, precedente quindi alla Rivoluzione culturale, ma è in questo periodo che si diffonde a livello abnorme un'opera distribuita inizialmente solo tra i soldati. Il libro, che ha avuto una diffusione enorme in particolar modo nel “Terzo Mondo” (si parla di circa 900 milioni di copie) si trova facilmente sul web in formato integrale35.
In questa sede se ne riprendono alcuni degli insegnamenti più utili e attuali.

Sul Partito Comunista e il marxismo-leninismo:

«Il nucleo dirigente della nostra causa è il Partito Comunista Cinese. Il fondamento teorico in base al quale si orienta il nostro pensiero è il marxismo-leninismo». (dal Discorso inaugurale alla I sessione della prima Assemblea popolare nazionale della Repubblica Popolare Cinese, 15 settembre 1954)
«Per fare la rivoluzione, occorre un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario senza un partito fondato sulla teoria rivoluzionaria marxista leninista e sullo stile rivoluzionario marxista leninista, é impossibile guidare la classe operaia e le grandi masse popolari alla vittoria nella loro lotta contro l'imperialismo e i suoi lacché».
(da Forze rivoluzionarie del mondo intero unitevi, combattete l'aggressione imperialista!, novembre 1948)
«Bisogna avere fiducia nelle masse; bisogna avere fiducia nel Partito: sono, questi, due principi fondamentali. Se nutriamo dei dubbi a questo proposito, saremo incapaci di realizzare qualunque cosa».
(da Sul problema della cooperazione agricola, 31 luglio 1955)
«Un partito non può guidare un grande movimento rivoluzionario fino alla vittoria se non conosce la teoria rivoluzionaria, se non conosce la storia, se non comprende a fondo il movimento nella sua realtà effettiva».
(da Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale, ottobre 1935)
«La teoria di Marx, Engels, Lenin e Stalin ha un valore universale. Non va considerata come un dogma, ma come una guida per l'azione. Non bisogna accontentarsi di imparare la terminologia e la fraseologia marxista-leninista, ma studiare il marxismo-leninismo in quanto scienza della rivoluzione. Non bisogna soltanto capire le leggi generali, stabilite da Marx, Engels, Lenin e Stalin basandosi sul loro studio ampio e profondo della vita reale e dell'esperienza della rivoluzione, bisogna anche studiare che posizione e che metodo essi adottano per esaminare e risolvere i problemi». (da Il ruolo del Partito Comunista Cinese nella guerra nazionale, ottobre 1938)
«Per apprendere il marxismo, non basta studiarlo sui libri; è soprattutto con la lotta delle classi, col lavoro pratico e i contatti con le masse operaie e contadine che si arriva ad appropriarsene realmente. Se, dopo aver letto qualche opera marxista, i nostri intellettuali acquisissero anche qualche comprensione del marxismo a contatto delle masse operaie e contadine e nel loro lavoro pratico, allora parleremmo tutti lo stesso linguaggio, non solo il linguaggio del patriottismo e del socialismo, ma probabilmente anche il linguaggio della concezione comunista del mondo, e il lavoro di noi tutti se ne avvantaggerebbe di sicuro». (da Intervento alla conferenza nazionale dei Partito Comunista Cinese sul lavoro di propaganda, 12 marzo 1957)
Sulle classi e sulla lotta di classe:
«Lotta di classe - certe classi sono vittoriose, altre vengono eliminate. Questa è la storia, la storia delle civiltà, da millenni. Interpretare la storia da questo punto di vista è quel che si dice materialismo storico; porsi all'opposto di questo punto di vista è idealismo storico».
(da Respingete le vostre illusioni e preparatevi alla lotta, 14 agosto 1949)
«In una società divisa in classi, ogni uomo vive in una determinata situazione di classe, e ogni ideologia porta un marchio di classe». (da A proposito della pratica, luglio 1937)
«La lotta nazionale è in ultima analisi una lotta di classe. Negli Stati Uniti, i soli ambienti dirigenti reazionari della razza bianca opprimono i negri. Essi non potrebbero in alcun modo rappresentare gli operai, i contadini, gli intellettuali rivoluzionari e le personalità illuminate che costituiscono la schiacciante maggioranza della razza bianca».
(da Dichiarazione per sostenere i negri americani nella loro giusta lotta contro la discriminazione razziale praticata dall'imperialismo americano, 8 agosto 1963)
«Siamo noi che dobbiamo organizzare il popolo. Siamo noi che dobbiamo organizzarlo per abbattere la reazione in Cina. Tutto ciò che è reazionario si somiglia: fintanto che non lo si colpisce, è impossibile abbatterlo. È come quando si scopa un pavimento: dove la scopa non arriva, la polvere da sola non se ne va». (da La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone, 13 agosto 1945)
«la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La rivoluzione è un atto di violenza, è l'azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un'altra classe». (da A proposito di un'inchiesta sul movimento contadino nello Hunan, marzo 1927)
«Quali sono i nostri amici e quali i nostri nemici? Ecco un problema che nella rivoluzione ha un'importanza capitale. Se nel passato tutte le lotte rivoluzionarie in Cina hanno avuto scarso successo, ciò si deve soprattutto all'incapacità dei rivoluzionari di raccogliere intorno a sé i veri amici per poter colpire i veri nemici. Un partito rivoluzionario è un dirigente di masse, e non si è mai dato il caso in cui una rivoluzione, incanalata da un partito rivoluzionario su una via sbagliata, sia stata coronata da successo. Per essere certi di non incanalare la rivoluzione su una via sbagliata e di raggiungere sicuramente il successo, dobbiamo preoccuparci di raggruppare intorno a noi i nostri veri amici per poter colpire i nostri veri nemici. Per distinguere i veri amici dai veri nemici, occorre analizzare, nei suoi tratti generali, la situazione economica delle classi che compongono la società cinese e l'atteggiamento di ognuna di esse nei riguardi della rivoluzione. […] tutti i signori della guerra, i burocrati, i compradores e i grandi proprietari terrieri in collusione con gli imperialisti, così come la parte reazionaria degli intellettuali ad essi asservita, sono nostri nemici. Il proletariato industriale è la forza dirigente della nostra rivoluzione. Tutto il semiproletariato e la piccola borghesia sono i nostri amici migliori. Quanto alla media borghesia, sempre esitante, può esserci amica l'ala sinistra, e la destra nemica; dobbiamo però stare sempre in guardia e non permettere alla media borghesia di disorganizzare il nostro fronte». (da Le classi della società cinese, marzo 1926)
«Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario è un rivoluzionario, mentre colui che si allinea al fianco dell'imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico è un controrivoluzionario. Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario, ma soltanto a parole, e agisce altrimenti, è un rivoluzionario a parole; è un perfetto rivoluzionario colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario non soltanto a parole ma anche coi suoi atti».
(dal Discorso di chiusura alla II sessione del I comitato nazionale della conferenza consultiva del Popolo cinese, 23 giugno 1950)
«Per tutto quanto ci concerne, che si tratti di un individuo, di un partito, di un esercito o di una scuola, ritengo che la mancanza di attacchi contro di noi sia un male, poiché ciò significa necessariamente che noi stiamo facendo causa comune col nemico. Se veniamo attaccati dal nemico, è un bene, poiché ciò dimostra che abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico. E se quest'ultimo ci attacca con violenza, dipingendoci a fosche tinte e denigrando tutto ciò che noi facciamo, è meglio ancora, poiché ciò dimostra non soltanto che noi abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico, ma anche che abbiamo conseguito un notevole successo nel nostro lavoro».
(da Essere attaccati dal nemico è un bene, non un male, 26 maggio 1939)
Sul socialismo e il comunismo:
«Il fine della rivoluzione socialista è quello di liberare le forze produttive. La trasformazione della proprietà individuale in proprietà collettiva socialista negli ambiti dell'agricoltura e dell'artigianato, e quella della proprietà capitalista in proprietà socialista nell'industria e nel commercio privati porteranno necessariamente a una considerevole liberazione delle forze produttive. Verranno cosi create le condizioni sociali per un enorme sviluppo della produzione industriale e agricola».
(dal Discorso alla conferenza suprema di Stato, 25 gennaio 1956)
«Attualmente, noi perseguiamo non soltanto una rivoluzione del sistema sociale che trasformi la proprietà privata in proprietà sociale, ma anche una rivoluzione tecnica che faccia passare la produzione artigianale allo stadio della grande produzione meccanizzata moderna. Queste due rivoluzioni sono legate l'una all'altra. Nell'ambito dell'agricoltura, la cooperazione deve precedere l'impiego della grande attrezzatura, date le condizioni del nostro paese (nei paesi capitalisti, l'agricoltura segue un orientamento capitalistico). Ne consegue che l'industria e l'agricoltura sono assolutamente inseparabili, come sono inseparabili l'industrializzazione socialista e la trasformazione socialista dell'agricoltura, le quali non possono venire considerate isolatamente; occorre ad ogni costo evitare di attribuire maggior importanza all'una, a detrimento dell'altra».
(da Sul problema della cooperazione agricola, 31 luglio 1955)
«Il nuovo regime sociale si è appena instaurato e occorre un certo tempo perché si consolidi. Non dobbiamo credere che sia già consolidato appena instaurato; ciò è impossibile. Esso può consolidarsi soltanto progressivamente. Affinché sia consolidato in modo definitivo, occorre realizzare l'industrializzazione socialista del paese, perseguire con tenacia la rivoluzione socialista sul fronte economico e, inoltre, sviluppare sul fronte politico e ideologico duri e costanti sforzi in vista della rivoluzione e dell'educazione socialiste. Peraltro, è necessario che a ciò contribuiscano diverse condizioni internazionali». (da Intervento alla conferenza nazionale del Partito Comunista Cinese sul lavoro di propaganda, 12 marzo 1957)
Sulla dittatura del proletariato:
«Il nostro Stato ha come regime la dittatura democratica popolare diretta dalla classe operaia, fondata sull'alleanza degli operai e dei contadini. Quali sono le funzioni di questa dittatura? La sua prima funzione è quella di esercitare la repressione, all'interno del paese, sulle classi e sugli elementi reazionari oltre che contro gli sfruttatori che avversano la rivoluzione socialista, su coloro che minano l'edificazione socialista, vale a dire: quella di risolvere le contraddizioni tra noi e i nostri nemici all'interno del paese. Per esempio: arrestare, giudicare e condannare certi controrivoluzionari, togliere, per un certo periodo di tempo, il diritto di voto e la libertà di espressione ai proprietari fondiari e ai capitalisti burocratici, nel campo di applicazione della nostra dittatura. Per mantenere l'ordine nella società e difendere gli interessi delle masse popolari, è del pari necessario esercitare la dittatura sui ladri, gli usurai, gli assassini, gli incendiari, le bande di malfattori e gli altri cattivi elementi che turbano seriamente l'ordine pubblico. La dittatura ha una seconda funzione: quella di difendere il nostro paese dalle attività sovversive e dalle eventuali aggressioni da parte dei nemici esterni. In questo caso, la dittatura ha come compito quello di risolvere sul piano esterno le contraddizioni tra noi e i nostri nemici. Lo scopo della dittatura è quello di proteggere il popolo intero nel pacifico lavoro che esso continua per trasformare la Cina in un paese socialista dotato di un'industria, di un'agricoltura, di una scienza e di una cultura moderne». (da Nella giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo, 27 febbraio 1957)
Sul nesso tra lotta di classe e patriottismo:
«Un comunista, che è internazionalista, può essere nello stesso tempo un patriota? Noi pensiamo che non soltanto può, ma deve esserlo. Soltanto le condizioni storiche determinano il contenuto concreto del patriottismo. Esiste il nostro patriottismo ed esiste il “patriottismo” degli aggressori giapponesi e quello di Hitler, al quale i comunisti devono opporsi risolutamente.

I comunisti giapponesi e tedeschi sono favorevoli alla sconfitta bellica del proprio paese. Contribuire con tutti i mezzi alla sconfitta degli aggressori giapponesi e di Hitler è nell'interesse dei loro popoli, e quanto più questa sconfitta sarà completa, tanto meglio sarà. Poiché queste guerre scatenate dagli aggressori giapponesi e da Hitler sono funeste per il popolo dei loro paesi quanto per gli altri popoli del mondo. Altrimenti stanno le cose per la Cina, che è vittima dell'aggressione. Ecco perché i comunisti cinesi devono unire il patriottismo all'internazionalismo.
Noi siamo contemporaneamente internazionalisti e patrioti e la nostra parola d'ordine è di lottare per la difesa della patria contro l'invasore. Per noi, il disfattismo è un delitto, e la lotta per la vittoria nella guerra di resistenza è un dovere a cui non possiamo sottrarci. Poiché soltanto la lotta per la difesa della patria consente di vincere gli aggressori e di liberare la nazione. Soltanto questa liberazione rende possibile l'emancipazione del proletariato e di tutto il popolo lavoratore. La vittoria della Cina sui suoi aggressori imperialisti sarà un aiuto per i popoli degli altri paesi. Nella guerra di liberazione nazionale, il patriottismo è quindi un'applicazione dell'internazionalismo».
(da Il ruolo del Partilo comunista cinese nella guerra nazionale, ottobre 1938)
Sul dissenso presente nei paesi socialisti e su come l'imperialismo agisca su esso:
«Siamo in presenza di due tipi di contraddizioni sociali: le contraddizioni tra noi e i nostri nemici e le contraddizioni nel popolo. Si tratta di due tipi di contraddizione completamente diversi. […]
Per avere una giusta conoscenza di questi due tipi di contraddizioni - contraddizioni tra noi e i nostri nemici e contraddizioni nel popolo - è innanzitutto necessario precisare che cosa occorra intendere per “popolo” e che cosa occorra intendere per “nemici”. […] Nella fase attuale, che è quella dell'edificazione socialista, tutte le classi e tutti gli strati sociali, tutti i gruppi sociali che appoggiano questa edificazione e vi partecipano, formano il popolo, mentre tutte le forze sociali e tutti i gruppi sociali che si oppongono alla rivoluzione socialista, che sono ostili all'edificazione socialista o cercano di sabotarla, sono i nemici del popolo. […] Nelle condizioni attuali del nostro paese, le contraddizioni nel popolo includono le contraddizioni in seno alla classe operaia, le contraddizioni tra i contadini, le contraddizioni tra gli intellettuali, le contraddizioni tra la classe operaia e i contadini, le contraddizioni che oppongono gli operai e i contadini agli intellettuali, le contraddizioni che oppongono gli operai e gli altri lavoratori alla borghesia nazionale, le contraddizioni in seno alla borghesia nazionale, ecc. Il nostro governo popolare è l'autentico rappresentante degli interessi del popolo, esso è al servizio di quest'ultimo; ma anche tra esso e le masse si danno contraddizioni. Queste contraddizioni sono, in particolare, quelle che esistono tra gli interessi dello Stato, della collettività e dell'individuo, tra la democrazia e il centralismo, tra i dirigenti e coloro che sono diretti, tra certi lavoratori dello Stato che applicano uno stile burocratico di lavoro e le masse popolari. Anche qui si tratta di contraddizioni nel popolo. In senso generale, le contraddizioni nel popolo si fondano sulla fondamentale identità degli interessi del popolo. […]
Le contraddizioni tra noi e i nostri nemici sono contraddizioni antagonistiche. In seno al popolo, le contraddizioni tra i lavoratori non sono antagonistiche e le contraddizioni tra la classe sfruttata e la classe sfruttatrice presentano, oltre che un aspetto antagonistico, un aspetto non antagonistico. […]
Come stabilire, nel quadro della vita politica del nostro popolo, se le nostre parole e i nostri atti sono giusti o errati? Noi consideriamo che, secondo i principi della nostra Costituzione e in conformità con la volontà della stragrande maggioranza della nostra popolazione e coi programmi politici proclamati in diverse occasioni dai nostri partiti politici, è possibile formulare, nelle loro linee generali, i criteri che seguono: è giusto:
1) ciò che favorisce l'unione del popolo delle diverse nazionalità del nostro paese e non ciò che provoca la divisione in seno al medesimo;
2) ciò che favorisce la trasformazione e l'edificazione socialiste e non ciò che nuoce a questa trasformazione e a questa edificazione;
3) ciò che favorisce il rafforzamento della dittatura democratica popolare e non ciò che mina o indebolisce questa dittatura;
4) ciò che favorisce il rafforzamento del centralismo democratico e non ciò che lo mina o lo indebolisce;
5) ciò che favorisce il rafforzamento della direzione del Partito Comunista e non ciò che frena o indebolisce questa direzione;
6) ciò che favorisce la solidarietà internazionale socialista e la solidarietà internazionale di tutti i popoli pacifici e non ciò che pregiudica queste due forme di solidarietà.
Di questi sei criteri, i più importanti sono quello della via socialista e quello del ruolo dirigente del Partito. […] L'eliminazione dei controrivoluzionari è una lotta che rientra nell'ambito delle contraddizioni tra noi e i nostri nemici. In seno al popolo, esistono persone che vedono questo problema in un modo un po' diverso. Due categorie di persone hanno dei punti di vista che divergono dai nostri. Coloro che hanno un punto di vista di destra non fanno differenza tra noi e i nostri nemici, scambiano i nemici per uomini nostri. Considerano amici persone che le larghe masse considerano nemiche. Coloro che hanno un punto di vista di sinistra amplificano il campo delle contraddizioni tra noi e i nostri nemici al punto da farvi rientrare anche certune delle contraddizioni nel popolo; essi considerano controrivoluzionarie persone che in realtà non lo sono. Questi due punti di vista sono errati. Né l'uno né l'altro permettono di risolvere la questione dell'eliminazione dei controrivoluzionari, né di valutare correttamente i risultati del nostro lavoro in questo senso. […] Poiché le contraddizioni tra noi e il nostro nemico sono diverse dalle contraddizioni nel popolo, esse devono venire risolte mediante metodi diversi. In sostanza si tratta, per il primo tipo di contraddizioni, di stabilire una distinzione chiara tra il nemico e noi, e, per il secondo tipo, tra il vero e il falso. Beninteso, stabilire una distinzione chiara tra il nemico e noi è, insieme, distinguere il vero dal falso. Cosi - a titolo d'esempio, il problema di sapere chi ha ragione e chi ha torto - noi oppure le forze reazionarie interne ed esterne, come l'imperialismo, il feudalesimo e il capitale burocratico - è insieme un problema di distinzione tra il vero e il falso, ma è problema diverso, per sua natura, dai problemi intorno al vero e al falso che si pongono nell'ambito del popolo. […] Tutte le questioni di ordine ideologico, tutte le controversie in seno al popolo non possono essere risolte se non mediante metodi democratici, metodi di discussione, di critica, di persuasione e di educazione; non si possono risolvere mediante metodi coercitivi e repressivi. […] Per poter esercitare un'attività produttiva efficace, per studiare con successo e per vivere in condizioni in cui regna l'ordine, il popolo esige dal suo governo, dai dirigenti della produzione e dai dirigenti delle istituzioni culturali ed educative, che vengano emessi ordini amministrativi appropriati e provvisti di un carattere vincolante. Il buon senso dice che senza questi ultimi sarebbe impossibile mantenere l'ordine nella società. Nella soluzione delle contraddizioni nel popolo, gli ordini amministrativi e i metodi di persuasione e di educazione s'integrano a vicenda. Occorre che gli ordini amministrativi emessi per mantenere l'ordine nella società siano insieme accompagnati da un lavoro di persuasione e di educazione, poiché il mero ricorso agli ordini amministrativi è, in numerosi casi, del tutto inefficace. […] L'ideologia della borghesia e quella della piccola borghesia troveranno certamente modo di manifestarsi. Per certo, queste due classi si ostineranno ad affermarsi con tutti i mezzi nelle questioni politiche e ideologiche. È impossibile che avvenga altrimenti. Noi non dobbiamo ricorrere a metodi repressivi per impedire loro di manifestarsi; dobbiamo permetterglielo, e nello stesso tempo dobbiamo discutere con queste classi e criticare in modo adeguato le loro idee. È fuori dubbio che noi dobbiamo sottoporre a critica ogni specie di idee errate. Certamente, non si può rinunciare a criticare le idee errate e guardarle mentre si diffondono ovunque e conquistano il mercato - ogni errore va criticato, ogni erba velenosa va combattuta - ma questa critica non dev'essere dogmatica; occorre scartare il metodo metafisico e fare tutto il possibile per applicare il metodo dialettico. La critica richiede l'analisi scientifica e un'argomentazione esaustiva e convincente. […] La lotta di classe tra la classe operaia e la borghesia nazionale dipende in generale dall'ambito della lotta di classe nel popolo, poiché, nel nostro paese, la borghesia nazionale riveste un duplice carattere. Nel periodo della rivoluzione democratica borghese, essa presentava un carattere rivoluzionario, ma, contemporaneamente, essa nutriva una tendenza al compromesso. Nel periodo della rivoluzione socialista, essa sfrutta la classe operaia e ne trae profitto, ma contemporaneamente sostiene la Costituzione e si mostra disposta ad accettare la trasformazione socialista. Essa si differenzia dagli imperialisti, dai proprietari fondiari e dalla borghesia burocratica. Le contraddizioni che l'oppongono alla classe operaia sono contraddizioni tra sfruttatori e sfruttati; queste contraddizioni sono certamente di natura antagonistica. Tuttavia, nelle condizioni concrete del nostro paese, le contraddizioni antagonistiche tra queste due classi possono trasformarsi in contraddizioni non antagonistiche e, se verranno trattate in modo ragionevole, potranno pervenire a una soluzione pacifica. Se le contraddizioni tra la classe operaia e la borghesia nazionale non vengono risolte correttamente, vale a dire: se non adottiamo nei confronti di quest'ultima una politica di unione, di critica e di educazione, oppure se questa borghesia non accetta una simile politica, esse potranno diventare contraddizioni tra noi e i nostri nemici. […] I reazionari all'interno di un paese socialista, in combutta con gli imperialisti, cercano di far trionfare il loro complotto approfittando delle contraddizioni nel popolo per fomentare la divisione e suscitare il disordine. Questa lezione, tratta dai fatti di Ungheria, merita la nostra attenzione».
(da Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo, 27 febbraio 1957)
Sulle guerre:
«La storia insegna che le guerre si distinguono in due categorie: le guerre giuste e le guerre ingiuste. Ogni guerra progressista è giusta e ogni guerra che ostacoli il progresso è ingiusta. Noi comunisti lottiamo contro tutte le guerre ingiuste che ostacolano il progresso, ma non siamo contro le guerre progressiste, contro le guerre giuste. Noi comunisti, non soltanto non lottiamo contro le guerre giuste, ma anzi vi prendiamo parte attivamente. La prima guerra mondiale è un esempio di guerra ingiusta; entrambe le parti combattevano per interessi imperialistici, ed è questa la ragione per cui i comunisti del mondo intero vi si opposero risolutamente. Ed ecco come occorre lottare contro una simile guerra: prima che essa scoppi, occorre fare tutti gli sforzi possibili per impedirla, ma una volta che è scoppiata, occorre, appena possibile, lottare contro la guerra mediante la guerra, contrapporre a una guerra ingiusta una guerra giusta».
(da Sulla guerra di lunga durata, maggio 1938)
«Noi siamo favorevoli all'abolizione delle guerre; noi non vogliamo la guerra. Ma non si può abolire la guerra se non mediante la guerra. Affinché non esistano più fucili, occorre il fucile».
(da La guerra e i problemi della strategia, 6 novembre 1938)
«La guerra, questo mostro che fa uccidere tra loro gli uomini, verrà in ultima istanza eliminata dallo sviluppo della società umana, e ciò in un futuro non lontano. Ma per distruggere la guerra esiste soltanto un mezzo, ed è quello di lottare con la guerra contro la guerra, con la guerra rivoluzionaria contro la guerra controrivoluzionaria, con la guerra nazionale rivoluzionaria contro la guerra nazionale controrivoluzionaria, con la guerra rivoluzionaria di classe contro la guerra controrivoluzionaria di classe... Quando la società umana, nel corso del suo sviluppo, arriverà alla soppressione delle classi, all'abolizione dello Stato, allora non vi saranno più guerre, né controrivoluzionarie, né rivoluzionarie, né ingiuste, né giuste. Sarà l'epoca della pace perpetua per l'umanità. Quando noi studiamo le leggi della guerra rivoluzionaria partiamo da questa nostra aspirazione alla distruzione di tutte le guerre. Qui sta la differenza fra i comunisti e i rappresentanti di tutte le classi sfruttatrici».
(da Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina, dicembre 1936)
Sulla necessità di lottare a livello globale contro l'imperialismo e la sua testa, gli USA:
«Gli imperialisti non dureranno più molto, poichè stanno commettendo tutti i misfatti possibili. La loro specialità è ora quella di sostenere i reazionari ostili al popolo nei diversi paesi del mondo. Essi occupano numerose colonie, semicolonie e basi militari. Essi minacciano la pace con una guerra atomica. Il che comporta che più del 90% della popolazione mondiale si solleva o sta per sollevarsi contro di loro. Gli imperialisti sono ancora vivi; essi continuano a far si che l'arbitrio regni in Asia, in Africa e nell'America latina. In Occidente, essi opprimono ancora le masse popolari dei diversi paesi. Questa situazione deve cambiare. Incombe sui popoli del mondo intero il compito di porre fine all'aggressione e all'oppressione dell'imperialismo, e in primo luogo dell'imperialismo americano».
(da Intervista con un giornalista della Agenzia Hsinhua, 29 settembre 1958)
«Popoli del mondo, unitevi, per abbattere gli aggressori americani e i loro lacchè! Basta che i popoli prestino orecchio soltanto al loro coraggio, che osino affrontare la lotta, sfidare le difficoltà, che avanzino a ondate successive, e il mondo intero apparterrà loro. I mostri verranno tutti annientati».
(da Dichiarazione a sostegno del popolo del Congo-Kinshasha contro l'aggressione americana, 28 Novembre 1964)
«I popoli oppressi e le nazioni oppresse non devono assolutamente contare, per la loro emancipazione, sulla “saggezza” dell'imperialismo e dei suoi lacchè. Questi popoli e queste nazioni potranno trionfare soltanto rafforzando la loro unità e perseverando nella lotta».
(da Dichiarazione contro l'aggressione al Vietnam del Sud e i massacri della popolazione sudvietnamita da parte della cricca USA-Ngo Dinh Diem, 29 agosto 1963)
Sulla forza del popolo e sulla linea da tenere verso le masse:
«Il popolo, il popolo soltanto, è la forza motrice, il creatore della storia». (da Sul governo di coalizione, 24 aprile 1945)
«Bisogna comprendere che i veri protagonisti sono le masse, e noi siamo spesso ridicolmente infantili. Se non si comprendono queste cose, non si può acquistare nemmeno un minimo di conoscenza».
(da Prefazione e poscritto ai Materiali per lo studio delle campagne, marzo-aprile 1941)
«Se noi cercassimo di passare all'offensiva nel momento in cui le masse non hanno ancora preso coscienza, cadremmo nell'avventurismo. Se noi volessimo a tutti i costi indurre le masse a fare qualche cosa contro la propria volontà, sbaglieremmo infallibilmente. Se non avanzassimo, mentre le masse chiedono di avanzare, cadremmo nell'opportunismo di destra».
(da Conversazione per i redattori del Quotidiano Shansi-suiyuan, 2 aprile 1948)
«L'autoritarismo è un metodo pericoloso in ogni lavoro, poiché non considera fino a quale punto sono coscienti le masse, e viola il principio del libero consenso; è la manifestazione della malattia che si chiama fretta eccessiva. I nostri compagni non devono credere che tutto quello che per loro è comprensibile sia comprensibile anche per le larghe masse. Se questa o quell'idea risulti comprensibile per le masse, se esse siano pronte a metterla in atto, è una cosa che si può apprendere solo andando a controllarla in seno alle masse stesse. Agendo in questo modo, possiamo evitare l'autoritarismo. In ogni lavoro il codismo è un errore, perché esso significa rimanere indietro rispetto alla coscienza delle masse, perché viola il principio secondo cui è chi dirige che deve spingere in avanti le masse. Il codismo è manifestazione di inerzia e lentezza. I nostri compagni non devono credere che se qualcosa non è per loro comprensibile, esso non sia comprensibile per le masse. Spesse volte accade che le masse ci superano ed esigono con insistenza che il movimento avanzi mentre i nostri compagni sono incapaci di guidarle; anzi, riflettendo l'atteggiamento di alcuni elementi arretrati e scambiando erroneamente quest'atteggiamento sbagliato per l'atteggiamento delle larghe masse, questi compagni seguono quegli elementi».
(da Sul governo di coalizione, 24 apri1e 1945)
«Un comunista non deve mai considerarsi infallibile, darsi arie, pensare che da noi tutto è bene e che tra gli altri tutto è male. Non deve chiudersi nel proprio guscio, fare il presuntuoso, comportarsi da tiranno». (dal Discorso pronunciato al Consiglio consultivo della zona di confine dello Shensi-KansuNinghsia, 21 novembre 1941)
Sull'importanza del lavoro ideologico e della formazione politica:
«Dedicarsi all'educazione ideologica è perciò il compito fondamentale per il nostro Partito se vuole diventare un tutto unico e così condurre la sua grande lotta politica. Se questo compito non verrà assolto, noi non potremo assolvere neppure gli altri compiti politici che si pongono al nostro Partito». (da Sul governo di coalizione, 24 aprile 1945)
«In questi ultimi tempi si è constatata una certa flessione nel lavoro ideologico e politico tra gli studenti e gli intellettuali e si sono manifestate certe deviazioni. Esistono persone le quali pensano, a quanto pare, di non aver bisogno di preoccuparsi di politica, dell'avvenire del loro paese e degli ideali dell'umanità. Ai loro occhi, il marxismo è andato di moda per un certo periodo, mentre adesso non va più un gran che. Data questa situazione, è ormai necessario rafforzare il nostro lavoro ideologico e politico. Gli studenti e gli intellettuali devono applicarsi nello studio. Pur lavorando nell'ambito della loro specializzazione, devono anche compiere progressi sul piano ideologico e sul piano politico, e, a questo scopo, devono studiare il marxismo, le questioni politiche e i problemi di attualità. Senza un giusto punto di vista politico, ci si trova come senz'anima... Tutti gli organismi e tutte le organizzazioni devono assumersi la responsabilità del lavoro ideologico e politico. E questo compito incombe al Partito Comunista, alla Lega della Gioventù, agli organi governativi direttamente interessati, e, a maggior ragione, ai direttori e agli insegnanti delle istituzioni scolastiche». (da Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo, 27 febbraio 1957)
«Il Partito deve educare i suoi membri sulle questioni della democrazia, affinché essi comprendano che cos'è la vita democratica, quali sono i rapporti tra la democrazia e il centralismo, e come si pratica il centralismo democratico. Soltanto così potremo estendere realmente la democrazia in seno al Partito, pur evitando l'ultrademocraticismo e quel lasciar perdere che distrugge la disciplina». (da Il ruolo del Partito Comunista Cinese nella guerra nazionale, ottobre 1938)
«È necessario, sul piano teorico, distruggere le radici dell'ultrademocraticismo. Innanzitutto è necessario spiegare che l'ultrademocraticismo comporta il pericolo di un rilassamento nelle organizzazioni del Partito che può spingersi fino alla loro completa disgregazione, il pericolo di un indebolimento e perfino della totale distruzione della capacità combattiva del Partito, il che toglierebbe al Partito la possibilità di affrontare i suoi compiti di lotta e, di conseguenza, porterebbe la rivoluzione alla sconfitta.
Occorre poi spiegare che l'ultrademocraticismo ha le sue radici nella indisciplina individualistica piccolo-borghese. Essa, infiltrandosi nel Partito, alimenta le concezioni ultrademocratiche in politica e nelle questioni di organizzazione, concezioni assolutamente incompatibili con i compiti di lotta del proletariato». (da Sradicare le concezioni errate nel Partito, dicembre 1929)
Sulla disciplina e sui comunisti:
«Bisogna riaffermare la disciplina del Partito, e cioè:
1. sottomissione dell'individuo all'organizzazione;
2. sottomissione della minoranza alla maggioranza;
3. sottomissione del grado inferiore al grado superiore;
4. sottomissione dell'insieme del Partito al Comitato centrale.
Chiunque viola queste regole di disciplina sabota l'unità del Partito».
(da Il ruolo del Partito Comunista Cinese nella guerra nazionale, ottobre 1938)
«In ogni cosa, un comunista deve sempre domandarsi il perché; deve riflettere con ponderazione e maturità intellettuale, vedere se tutto è conforme alla realtà e fondato sulla verità. In nessun caso, deve seguire ciecamente gli altri e incitare alla sottomissione servile all'opinione altrui. […] Bisogna incoraggiare ogni compagno a tenere conto degli interessi generali. Ogni membro del Partito, il lavoro in ogni settore, ogni parola o atto, tutto deve ispirarsi agli interessi generali del Partito. Non tollereremo la minima infrazione a questo principio».
(da Per un corretto stile di lavoro nel partito, 1 febbraio 1942)
Sulla necessità primaria di sviluppare una corretta cultura proletaria e rivoluzionaria:
«Nel mondo contemporaneo ogni cultura, ogni letteratura e ogni arte appartiene a una classe determinata e si rifà ad una ben definita linea politica. L'arte per l'arte, l'arte al di sopra delle classi, l'arte che si sviluppa fuori della politica e indipendentemente da essa, nella realtà non esiste. La letteratura e l'arte proletarie sono parte di tutta l'azione rivoluzionaria del proletariato, o, come ha detto Lenin, sono “una rotella e una vitina” del meccanismo generale della rivoluzione».
(da Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell'arte a Yenan, maggio 1942)
«La cultura rivoluzionaria è per le masse popolari una potente arma della rivoluzione. Prima della rivoluzione, la prepara ideologicamente; durante la rivoluzione, costituisce un settore importante, indispensabile del fronte generale della rivoluzione». (da La nuova democrazia, gennaio 1940)
«La critica letteraria e artistica comporta due criteri: politico e artistico... ma in che rapporto sono tra loro? Tra la politica e l'arte non si può mettere il segno dell'uguale, così come non lo si può mettere tra una concezione generale del mondo e metodi della creazione e della critica artistica. Noi neghiamo non soltanto l'esistenza di un criterio politico astratto e immutabile, ma anche d'un criterio artistico astratto e immutabile; ogni classe, in ogni società di classe, ha il suo criterio particolare, politico e artistico. Però qualsiasi classe, in qualsiasi società di classe, pone sempre il criterio politico in primo piano, e quello artistico in secondo piano... Noi invece esigiamo unità tra politica e arte, unità tra contenuto e forma, unità tra contenuto politico rivoluzionario e una forma artistica il più possibile perfetta. Le opere che mancano di valore artistico, per quanto possano essere avanzate politicamente, restano inefficaci. Per questo, noi siamo contro le opere d'arte che esprimono opinioni politiche erronee e nello stesso tempo siamo contro la tendenza a produrre opere in “stile da slogan o da manifesto”, in cui le opinioni politiche sono giuste, ma che mancano di forza espressiva artistica. In letteratura e in arte dobbiamo condurre la lotta su due fronti».
(da Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell'arte a Yenan, maggio 1942)
Non presente nel Libretto Rosso è questa replica di Mao a chi sostiene che nelle dittature del proletariato non ci siano libertà e democrazia:
«Essi ritengono che sotto il nostro regime di democrazia popolare c’è troppa poca libertà e che nel regime democratico parlamentare dell’Occidente ve ne è di più. Essi chiedono l’instaurazione di un sistema a due partiti, come in Occidente, con un partito al governo e l’altro all’opposizione. Ma questo cosiddetto sistema bipartitico non è altro che un mezzo per mantenere la dittatura della borghesia e non potrebbe in alcun caso garantire la libertà dei lavoratori. In realtà, nel mondo, libertà e democrazia non possono esistere in astratto, ma solo in concreto. In una società in cui vi è lotta di classe, se le classi sfruttatrici hanno la libertà di sfruttare i lavoratori, i lavoratori non hanno la libertà di non subire lo sfruttamento. Se vi è democrazia per la borghesia, non vi è democrazia per il proletariato e per i lavoratori. In alcuni paesi capitalisti è tollerata l’esistenza legale di partiti comunisti, ma soltanto nella misura in cui questi non ledono gli interessi fondamentali della borghesia; quando si va oltre questo limite, la loro esistenza non è più tollerata. Coloro che rivendicano libertà e democrazia in astratto, considerano la democrazia come un fine e non come un mezzo. A volte sembra che la democrazia sia un fine, ma in realtà non è che un mezzo.
Il marxismo ci indica che la democrazia fa parte della sovrastruttura e che essa appartiene alla categoria della politica. Questo significa che in fin dei conti essa serve la base economica. Lo stesso è per la libertà. Sia la democrazia che la libertà sono relative e non assolute: esse sono apparse e si sono sviluppate in condizioni storiche definite. All’interno del popolo la democrazia è in rapporto al centralismo, la libertà è in rapporto alla disciplina. Si tratta, in entrambi i casi, di aspetti contraddittori di un insieme unitario; tra di essi esiste contraddizione e, nello stesso tempo, unità; noi non dobbiamo accentuare unilateralmente uno di questi aspetti negando l’altro. All’interno del popolo non può mancare la libertà come non può mancare la disciplina; non può mancare la democrazia come non può mancare il centralismo. Questa unità di libertà e disciplina, di democrazia e centralismo costituisce il nostro centralismo democratico. Con un regime di questo tipo il popolo gode di un’ampia democrazia e di un’ampia libertà, ma nello stesso tempo deve autolimitarsi con una disciplina socialista. Queste ragioni, le larghe masse popolari le comprendono molto bene». (da Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, pubblicato sul Quotidiano del Popolo il 19 giugno 1957)
35. Ad esempio per le citazioni seguenti si è fatto riferimento a: Mao Tse-tung, Citazioni dalle opere del presidente Mao Tse-Tung. Il libro delle guardie rosse, Feltrinelli-Bibliotecamarxista.org, Milano 1969.

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