09 Maggio 2024

B.4. I NUMERI DELLA VIOLENZA IMPERIALISTA

«I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo».
(Karl Marx, dalle Tesi su Feuerbach)
Nel gennaio 2013 l'Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief, confederazione di 17 organizzazioni non governative che lavorano con 3.000 partner in più di 100 paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia) ha pubblicato uno studio in cui afferma che mentre 840 milioni di lavoratori nel mondo sono costretti a vivere con meno di due dollari al giorno, 85 persone possiedono l'equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale. Da un'indagine riportata dalla rivista Internazionale ad inizio 2014 emerge invece che le 300 persone più ricche di questa terra abbiano la stessa ricchezza delle 3 miliardi di persone più povere della terra. Estraendo una serie di dati dall'opera La lotta di classe dopo la lotta di classe (2012) di Luciano Gallino si ricava invece che:
«facendo riferimento all'anno 2002 il decimo più povero della popolazione mondiale – all'epoca 620 milioni di individui – percepiva lo 0,61% del reddito globale, mentre il decimo più ricco percepiva il 57,5% del reddito globale. Detto altrimenti, il decimo più benestante percepiva un reddito pari a poco meno di 95 volte il reddito del decimo più povero. Si può aggiungere che i 5 decimi più poveri della popolazione mondiale, ossia la metà di essa, non arrivano a percepire nemmeno il 7% del reddito globale, mentre i 2 decimi più ricchi incamerano il 77% del reddito globale. Inoltre, se prendiamo i 3 decimi che stanno in mezzo come rappresentanti delle classi media – parliamo di quasi due miliardi di persone -, se ne ricava che il terzo centrale della popolazione mondiale percepisce in totale un reddito che si aggira su un sesto del reddito globale (per la precisione il 16%). Se passiamo a considerare la ricchezza piuttosto che il reddito, la sua distribuzione nel mondo come nei singoli paesi risulta ancora più disuguale. Nel 2010 lo 0,5% della popolazione mondiale adulta, pari a poco più di 24 milioni di persone, deteneva una ricchezza di oltre 69 trilioni di dollari. Tale cifra, corrispondente a 2.875.000 dollari a testa – il valore, grosso modo, di 4-5 belle case unifamiliari con giardino – rappresenta più del 35% della ricchezza totale del mondo. Al fondo della piramide, più di 3 miliardi di persone, il 68% della popolazione mondiale, detengono in tutto poco più di 8 trilioni di dollari, corrispondenti al 4,2% del totale. La ricchezza di cui dispongono in media queste persone ammonta in tutto e per tutto a 2667 dollari. Ciascuno dei componenti dello 0,5% della popolazione al vertice della piramide possiede dunque in media una ricchezza pari a 1077 volte la ricchezza di ciascuno dei tre miliardi che costituiscono oltre i due terzi della base di essa».
Perfino in Italia, ossia uno dei paesi più ricchi del mondo, il capitalismo presenta il conto delle ineguaglianze e della miseria diffusa come conseguenza inevitabile:
«In Italia, i 5 decimi della parte inferiore della scala, cioè la metà della popolazione, posseggono in tutto soltanto il 10% della ricchezza nazionale, mentre il decimo più ricco detiene, da solo, circa il 50% di essa. Il nostro paese si distingue inoltre per il numero insolitamente elevato dei milionari in dollari, quelli al vertice della piramide. Essi rappresentano ben il 6% del totale mondo, un punto in più a paragone di Francia e Germania. Tale quota corrisponde a 1,5 milioni d'individui sui 24,2 al vertice. Il che induce a far qualche rozzo calcolo. Se il patrimonio di questi individui “ad alto valore netto”, di cui 1 milione di dollari è il limite inferiore ma l'entità media è considerevolmente più alta, fosse stato assoggettato a una risibile patrimoniale permanente di 3000 euro in media, si sarebbero raccolti 4,5 miliardi l'anno. Una cifra grosso modo equivalente ai tagli della pensione dei lavoratori dipendenti decisi dal neo governo Monti nel dicembre 2011».
Perfino negli USA, la maggiore potenza capitalistica mondiale, i dati sono allarmanti: nel 1992 i 400 cittadini statunitensi con il reddito più alto guadagnavano una media di 40 milioni all'anno. La cifra attuale è di 227 milioni. Durante questo periodo le tasse di questi ultraricchi sono diminuite dal 29% al 21%. Queste riduzioni delle tasse ai più abbienti coincidono con l'aumento della povertà negli Stati Uniti. Secondo dati pubblicati dall'US Census, il censimento statunitense, il 15% degli americani, ossia 46 milioni, sono classificati come poveri. Per quanto riguarda la classe media il reddito negli ultimi tempi è rimasto stagnante. Il crescente divario economico fra classe ricca e povera degli ultimi tempi è il più marcato del secolo scorso e di questo, eccetto per la Grande Depressione degli anni '30. Warren Buffett (patrimonio personale di 44 miliardi di dollari, terzo uomo più ricco del mondo) fa notare candidamente che lui stesso versa all'erario il 17,4% sul suo reddito annuo (di 40 milioni di dollari) da investimenti finanziari, mentre la sua segretaria e gli impiegati del suo ufficio versano in media il 36% del loro reddito da lavoro. Una situazione talmente eclatante da far confessare allo stesso Buffett che: «c’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo».
Solo alla luce di questi dati spaventosi, conseguenza immediata dell'economia capitalistica globalizzata, si può capire l'attualità quindi della rivendicazione marxiana:
«Voi siete spaventati perché vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra società attuale, la proprietà privata è abolita per nove decimi dei suoi membri. Ed è precisamente perché essa non esiste per nove decimi, che esiste per voi».

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