27 Aprile 2024

2.1. IL DIRITTO ALLA RIBELLIONE

Di seguito alcuni estratti della nota auto-difesa intitolata dai posteri La storia mi assolverà39. Siamo nel 1953. La prima tentata rivoluzione è fallita. Fidel Castro è sotto processo ma non si limita a difendersi di fronte al tribunale che deve giudicare il suo atto di ribellione. Contrattacca veementemente facendo sfoggio di cultura, passione e oratoria:
«Il diritto alla ribellione contro il dispotismo, Signori Giudici, è stato riconosciuto dalla più lontana antichità sino al presente, da uomini di tutte le dottrine, di tutte le idee e di tutte le credenze. Nelle monarchie teocratiche della più remota antichità in Cina, era praticamente un principio costituzionale che quando il re governasse in modo turpe e dispotico, fosse deposto e rimpiazzato da un principe virtuoso. I pensatori dell'antica India impararono la resistenza attiva contro gli arbitri dell'autorità. Giustificarono la rivoluzione e tradussero molte volte le proprie teorie in pratica. […] San Tommaso di Aquino, nella Summa Theologica rifiutò la dottrina della tirannide, e sostenne, senza dubbio, la tesi che i tiranni devono essere deposti dal popolo. Martin Lutero proclamò che quando il governo degenera in tirannide ferendo la legge, i sudditi sono liberati dal dovere dell'ubbidienza. […] Calvino, il pensatore più notevole della Riforma dal punto di vista delle idee politiche, postula che il popolo ha diritto a prendere le armi per opporsi a qualsiasi usurpazione. Niente meno che un gesuita spagnolo dell'epoca di Filippo II, Juan Mariana, nel suo libro De Rege et Regis Institutione, afferma che quando il governante usurpa il potere, o quando eletto, regge la vita pubblica in maniera tirannica, è lecito l'assassinio […] direttamente, o avvalendosi dell'inganno, con il minor disturbo possibile. […] Già nel 1649 John Milton scrive che il potere politico risiede nel popolo, il quale può nominare o destituire i re […] John Locke nel suo Trattato di Governo sostiene che quando si violano i diritti naturali dell'uomo, il popolo ha il diritto e il dovere di sopprimere o cambiare il governo: “L'unico rimedio contro la forza senza autorità sta nell'opporre ad essa la forza”. Jean Jacques Rousseau dice con molta eloquenza nel suo Contratto Sociale: “Mentre un popolo si vede forzato a obbedire e obbedisce, fa bene; e non appena può strapparsi il giogo e se lo strappa, fa meglio, recuperando la sua libertà con lo stesso diritto che gli è stato tolto”. […] Rinunciare alla propria libertà è rinunciare alla qualità dell'uomo, ai diritti dell'umanità, e anche ai doveri. […] Tale rinuncia è incompatibile con la natura dell'uomo; e togliere tutta la libertà alla volontà è togliere ogni moralità alle azioni. […] La famosa Dichiarazione Francese dei Diritti dell'Uomo lasciò alle generazioni future questo principio: “Quando il governo viola i diritti del popolo, l'insurrezione è per questo il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri”. “Quando una persona si impossessa della sovranità deve essere condannata a morte dagli uomini liberi”. Credo di aver giustificato sufficientemente il mio punto di vista […] Però c'è una ragione che ci assiste più potente di tutte le altre: siamo cubani ed essere cubano implica un dovere, non compierlo è un crimine ed un tradimento. Viviamo orgogliosi della storia della nostra patria; la apprendiamo a scuola e siamo cresciuti udendo parlare di libertà, di giustizia e di diritti. […] Tutto questo apprendemmo e non lo dimenticheremo […] Nascemmo in un paese libero che ci lasciarono i nostri padri, e sprofonderà l'Isola nel mare prima che acconsentiremo ad essere schiavi di qualcuno. […] In quanto a me so che il carcere sarà duro come non lo è mai stato per nessuno, pieno di minacce, di vile e codardo rancore, però non lo temo, così come non temo la furia del tiranno miserabile che ha preso la vita a settanta fratelli miei. Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà».
39. F. Castro (a cura di P. Tebaldelli), Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà, CCDP, 1953.

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