26 Aprile 2024

3.3. I MONOPOLI DI INTERNET

La terza parte dell’analisi non riguarda prettamente l’Italia ma apre ad un discorso più ampio, affrontando il tema di internet e mostrando come anche in questo caso ci siano elementi di riflessione importanti riguardo un medium che viene comunemente ritenuto completamente libero ed estraneo a pressioni economiche. Prosegue dunque Vicario14:
«Anche Internet si regge sui grandi monopoli del settore come Google, Microsoft, Twitter o Facebook ecc… che controllano le principali reti. Questi ci consegnano risultati di ricerca che influenzano il modo di fruire internet e di ricevere informazioni, e quindi attraverso la rete, il mondo. Dall’evoluzione da Internet 1.0 (pagine web di sola lettura) a Internet 2.0 (Web social nella quale si può interagire, come creatore e consumatore di contenuti) vi sono stati grandi cambiamenti. Internet si regge su monopoli che seguono la logica dell’aumento del profitto e non certo quella della libera circolazione di idee, dove regnano le logiche di mercato e delle gerarchie conseguenti, tutto il contrario quindi di quello che ci vogliono far apparire come un piano orizzontale. Come ogni prodotto che nasce in seno al capitalismo, anche in questo campo l’obiettivo è quello di soddisfare non le necessità delle masse, ma assicurare enormi somme milionarie a coloro che ne sono proprietari. La fonte principale nella rete è la pubblicità, e le attuali piattaforme, in particolare le più generaliste (Facebook, Google+…) settorizzano al massimo la popolazione. Le reti sociali, sono nella pratica un’immensa base di dati che permettono alle imprese private di realizzare campagne pubblicitarie totalmente adattate e dettagliate. Esiste una grande compravendita di dati che gira tutto intorno ai grandi social media che sono forse la prima forma di profitto che utilizza la tendenza umana alla cooperazione e alla condivisione di informazioni.
Ad esempio Facebook si muove come se volesse inglobare tutta la rete e sostituirsi ad essa. Ognuno dei milioni di utenti che usa Facebook, ogni giorno produce contenuti per il network, di fatto lavora senza accorgersene e senza essere pagato, produce valore senza tradursi in salario, ma solo in profitto per altri (i proprietari dei mezzi di produzione che vendono i dati sensibili, i pattern della navigazione ecc.) ossia coloro che fanno soldi col lavoro dei primi. L’informazione, è merce. La comunità che usa Facebook produce informazione (sui gusti, sui modelli di consumo, sui trend di mercato) che il capitalista impacchetta in forma di statistiche e vende a soggetti terzi e/o usa per personalizzare pubblicità, offerte e transazioni di vario genere. Ma queste grandi società private che operano su internet, come Google e Facebook, non usano soltanto l’enorme quantità di dati disponibili relativi agli utenti come fonte di reddito, ma esse sono in grado di esercitare un controllo preciso sulle masse. Circa il 70% delle comunicazioni via internet nel mondo sono nelle mani di una sola società americana: Level 3 Communications, a cui seguono AT&T, British Telecom e Telefonica ecc. È l’oligarchia finanziaria quella che finanzia la costruzione di immense infrastrutture fisiche, necessarie al funzionamento di internet, che non è “un qualcosa di virtuale” ma è fatto di cavi, satelliti, torri, server in tutto il mondo, brevetti. Con questi mezzi pertanto poche società controllano miliardi di persone, di informazioni e influenzano gli eventi. Basti pensare solo che Google ha acquisito dal 2001 ad oggi, 147 aziende».
Riportiamo infine quanto affermato dal portale di informazione Sirialibia.org[1], utile a ricordare quanto il web sia tenuto in considerazione dall'imperialismo per manipolare l'opinione pubblica anche nell'ottica di favorirne una lettura inconsciamente (o direttamente) favorevole agli interventi guerrafondai occidentali:
«secondo vari studi, le organizzazioni governative USA (e gli istituti, organizzazioni e fondazioni ad esse aggregate) spenderebbero annualmente una cifra stimata tra i 400 e gli 800 milioni di dollari per promuovere, tramite la Rete, le guerre dell’Impero. Un lavoro condotto, spesso con maestria, da legioni di giornalisti, pubblicitari, esperti in video e che gli ignari utenti della Rete (un miliardo di persone solo Facebook) provvedono a diffondere in ogni dove».
14. Ibidem.
15. F. S. (webmaster Sirialibia.org), La guerra e la rete, Sirialibia.org, 2013.

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