27 Aprile 2024

5. LA LETTERA DI GRAMSCI AL COMITATO CENTRALE DEL PCUS

Si è spesso sostenuto che Trockij abbia trovato il consenso alle proprie tesi da parte di Gramsci. Ciò è una falsificazione storica e politica palese. Gramsci infatti si convince che gli attacchi di Trockij costituiscano una minaccia per la stabilità dell'Urss, tanto da scrivere nel 1924:
«Quanto è avvenuto recentemente in seno al PC russo deve avere per noi valore di esperienza. […] Trockij, pur partecipando “disciplinatamente” ai lavori del Partito, aveva col suo atteggiamento di opposizione passiva creato un senso di malessere in tutto il partito il quale non poteva non avere sentore di questa situazione. […] Ciò dimostra che una opposizione - anche mantenuta nei limiti di una disciplina formale - da parte di personalità spiccate del movimento operaio può non solo impedire lo sviluppo della situazione rivoluzionaria ma può mettere in pericolo le stesse conquiste della Rivoluzione». (intervento apparso su Lo Stato operaio del 29 maggio 1924)10
Gramsci ha definito Trockij «il teorico politico dell'attacco frontale in un periodo in cui esso è solo causa di disfatte, e un cosmopolita superficialmente nazionale e superficialmente europeo», rispetto a Lenin considerato al contrario «profondamente nazionale e profondamente europeo».11 Con l'intensificarsi del conflitto interno al PCUS (tra la maggioranza guidata da Stalin e Bucharin e l'opposizione diretta da Zinov’ev, Kamenev e Trockij) nell'autunno del 1926 Gramsci invia una lettera alla dirigenza sovietica in cui esprime preoccupazione per la situazione. Togliatti ritiene di non inoltrare questa lettera, giudicandola ambigua in alcuni punti e potenzialmente dannosa per lo stesso Gramsci e per il giovane PCd'I. La storiografia borghese e revisionista ha usato questo carteggio12 prendendone degli estratti avulsi dal contesto per definire Gramsci un simpatizzante trockijsta o un oppositore di Stalin. La realtà è ben diversa. Riportiamo la Lettera in formato integrale. Da una lettura attenta emerge sì la preoccupazione gramsciana per il rischio di una scissione e il richiamo agli interessi del proletariato internazionale all'unità, ma anche l'approvazione della linea del PCUS e la condanna netta della violazione della disciplina da parte dell'opposizione interna sovietica guidata da Trockij.
«Gramsci, 14 ottobre 1926
Cari compagni,
i comunisti italiani e tutti i lavoratori coscienti del nostro paese hanno sempre seguito con la massima attenzione le vostre discussioni. Alla vigilia di ogni congresso e di ogni conferenza del PCR noi eravamo sicuri che, nonostante l’asprezza delle polemiche, l’unità del Partito russo non era in pericolo; eravamo sicuri anzi che, avendo raggiunto una maggiore omogeneità ideologica e organizzativa attraverso tali discussioni, il Partito sarebbe stato meglio preparato ed attrezzato per superare le difficoltà molteplici che sono legate all’esercizio del potere di uno Stato operaio. Oggi, alla vigilia della vostra XV Conferenza, non abbiamo più la sicurezza del passato; ci sentiamo irresistibilmente angosciati; ci sembra che l’attuale atteggiamento del blocco di opposizioni e l’acutezza delle polemiche nel PC dell’URSS esigano l’intervento dei partiti fratelli. È da questo convincimento preciso che noi siamo mossi nel rivolgervi questa lettera. Può darsi che l’isolamento in cui il nostro Partito è costretto a vivere ci abbia indotto a esagerare i pericoli che si riferiscono alla situazione interna del Partito comunista dell’URSS; in ogni caso non sono certo esagerati i nostri giudizi sulle ripercussioni internazionali di questa situazione e noi vogliamo come internazionalisti compiere il nostro dovere. La situazione interna del nostro Partito fratello dell’URSS ci sembra diversa e molto più grave che nelle precedenti discussioni perché oggi vediamo verificarsi e approfondirsi una scissione nel gruppo centrale leninista che è sempre stato il nucleo dirigente del Partito e dell’Internazionale. Una scissione di questo genere, indipendentemente dai risultati numerici delle votazioni di congresso, può avere le più gravi ripercussioni, non solo se la minoranza di opposizione non accetta con la massima lealtà i principi fondamentali della disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se essa, nel condurre la sua lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a tutte le democrazie formali.
Uno dei preziosi insegnamenti di Lenin è stato quello che noi dobbiamo molto studiare i giudizi dei nostri nemici di classe. Ebbene, cari compagni, è certo che i giornali e gli uomini di Stato più forti della borghesia internazionale puntano su questo carattere organico del conflitto esistente nel nucleo fondamentale del Partito comunista dell’URSS, puntano sulla scissione del nostro Partito fratello e sono convinti che essa debba portare alla disgregazione e alla lenta agonia della dittatura proletaria, che essa debba determinare la catastrofe della Rivoluzione che non riuscirono a determinare le invasioni e le insurrezioni delle guardie bianche. La stessa fredda circospezione con cui oggi la stampa borghese cerca di analizzare gli avvenimenti russi, il fatto che essa cerca di evitare, per quanto le è consentito, la demagogia violenta che le era più propria nel passato, sono sintomi che devono far riflettere i compagni russi e farli più consapevoli della loro responsabilità. Per un’altra ragione ancora la borghesia internazionale punta sulla possibile scissione o su un aggravarsi della crisi interna del Partito comunista dell’URSS. Lo Stato operaio esiste in Russia ormai da nove anni. È certo che solo una piccola minoranza non solo delle classi lavoratrici, ma degli stessi Partiti comunisti degli altri paesi è in grado di ricostituire nel suo complesso tutto lo sviluppo della Rivoluzione e di trovare anche nei dettagli di cui si compone la vita quotidiana dello Stato dei Soviet la continuità del filo rosso che porta fino alla prospettiva generale della costruzione del socialismo. E ciò non solo nei paesi dove la libertà di riunione non esiste più e la libertà di stampa è completamente soppressa o è sottoposta a limitazioni inaudite, come in Italia (dove i tribunali hanno sequestrato e proibito la stampa dei libri di Trockij, Lenin, Stalin, Zinov’ev e ultimamente anche del Manifesto dei comunisti) anche nei paesi dove ancora i nostri Partiti hanno la libertà di fornire ai loro membri e alle masse in generale, una sufficiente documentazione. In questi paesi le grandi masse non possono comprendere le discussioni che avvengono nel Partito comunista dell’URSS, specialmente se esse sono così violente come l’attuale e investono non un aspetto di dettaglio, ma tutto il complesso della linea politica del Partito. Non solo le masse lavoratrici in generale, ma le stesse masse dei nostri Partiti vedono e vogliono vedere nella Repubblica dei Soviet e nel Partito che vi è al governo una sola unità di combattimento che lavora nella prospettiva generale del socialismo. Solo in quanto le masse occidentali europee vedono la Russia e il Partito russo da questo punto di vista, esse accettano volentieri e come un fatto storicamente necessario che il Partito comunista dell’URSS sia il partito dirigente dell’Internazionale, solo perciò oggi la Repubblica dei Soviet ed il Partito comunista dell’URSS sono un formidabile elemento di organizzazione e di propulsione rivoluzionaria.
I partiti borghesi e socialdemocratici, per la stessa ragione, sfruttano le polemiche interne e i conflitti esistenti nel Partito comunista dell’URSS; essi vogliono lottare contro questa influenza della Rivoluzione russa, contro l’unità rivoluzionaria che intorno al Partito comunista dell’URSS si sta costituendo in tutto il mondo. Cari compagni, è estremamente significativo che in un paese come l’Italia, dove l’organizzazione statale e di partito del fascismo riesce a soffocare ogni notevole manifestazione di vita autonoma delle grandi masse operaie e contadine, è significativo che i giornali fascisti, specialmente quelli delle Provincie, siano pieni di articoli, tecnicamente ben costruiti per la propaganda, con un minimo di demagogia e di atteggiamenti ingiuriosi, nei quali si cerca di dimostrare, con uno sforzo evidente di obiettività, che oramai, per le stesse manifestazioni dei leader più noti del blocco della opposizione del Partito comunista dell’URSS, lo Stato dei Soviet va sicuramente diventando un puro Stato capitalistico e che pertanto nel duello mondiale tra fascismo e bolscevismo, il fascismo avrà il sopravvento. Questa campagna, se dimostra quanto siano ancora smisurate le simpatie che la Repubblica dei Soviet gode in mezzo alle grandi masse del popolo italiano che, in alcune regioni, da sei anni, non riceve che una scarsa letteratura illegale di Partito, dimostra altresì come il fascismo, che conosce molto bene la reale situazione interna italiana, e ha imparato a trattare con le masse, cerchi di utilizzare l’atteggiamento politico del blocco delle opposizioni per spezzare definitivamente la ferma avversione dei lavoratori al governo di Mussolini e per determinare almeno uno stato d’animo in cui il fascismo appaia almeno come una ineluttabile necessità storica, nonostante la crudeltà e i mali che l’accompagnano.
Noi crediamo che nel quadro dell’Internazionale, il nostro Partito sia quello che più risente le ripercussioni della grave situazione esistente nel Partito comunista dell’URSS. E non solo per le ragioni su esposte che, per così dire, sono esterne, toccano le condizioni generali dello sviluppo rivoluzionario nel nostro paese. Voi sapete che i partiti tutti dell’Internazionale hanno ereditato e dalla vecchia socialdemocrazia e dalle diverse tradizioni nazionali esistenti nei diversi paesi (anarchismo, sindacalismo, ecc. ecc.) una massa di pregiudizi e di motivi ideologici che rappresentano il focolare di tutte le deviazioni di destra e di sinistra. In questi ultimi anni, ma specialmente dopo il V Congresso mondiale, i nostri Partiti andavano raggiungendo, attraverso una dolorosa esperienza, attraverso crisi faticose ed estenuanti, una sicura stabilizzazione leninista, stavano diventando dei veri Partiti bolscevichi. Nuovi quadri proletari venivano formandosi dal basso, dalle officine; gli elementi intellettuali erano sottoposti a una rigorosa selezione e a un collaudo rigido e spietato in base al lavoro pratico, sul terreno dell’azione. Questa rielaborazione avveniva sotto la guida del Partito comunista dell’URSS nel suo complesso unitario e di tutti i grandi capi del Partito dell’URSS. Ebbene: l’acutezza della crisi attuale e la minaccia di scissione aperta o latente che essa contiene, arresta questo processo di sviluppo e di rielaborazione dei nostri Partiti, cristallizza le deviazioni di destra e di sinistra, allontana ancora una volta il successo dell’unità organica del Partito mondiale dei lavoratori. È su questo elemento in special modo che noi crediamo nostro dovere di internazionalisti di richiamare l’attenzione dei compagni più responsabili del Partito comunista dell’URSS. Compagni, voi siete stati, in questi nove anni di storia mondiale, l’elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie di tutti i paesi: la funzione che voi avete svolto non ha precedenti in tutta la storia del genere umano che la uguagli in ampiezza e profondità. Ma voi oggi state distruggendo l’opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il Partito comunista dell’URSS aveva conquistato per l’impulso di Lenin; ci pare che la passione violenta delle questioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle questioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale.
L’Ufficio politico del PCI ha studiato con la maggiore diligenza e attenzione che le erano consentite, tutti i problemi che oggi sono in discussione nel Partito comunista dell’URSS. Le questioni che oggi si pongono a voi, possono porsi domani al nostro Partito. Anche nel nostro paese le masse rurali sono la maggioranza della popolazione lavoratrice. Inoltre tutti i problemi inerenti all’egemonia del proletariato si presenteranno da noi certamente in una forma più complessa ed acuta che nella stessa Russia, perché la densità della popolazione rurale in Italia è enormemente più grande, perché i nostri contadini hanno una ricchissima tradizione organizzativa e sono sempre riusciti a far sentire molto sensibilmente il loro peso specifico di massa nella vita politica nazionale, perché da noi l’apparato organizzativo ecclesiastico ha duemila anni di tradizione e si è specializzato nella propaganda e nell’organizzazione dei contadini in un modo che non ha uguali negli altri paesi. Se è vero che l’industria è più sviluppata da noi e il proletariato ha una base materiale notevole, è anche vero che quest’industria non ha materie prime nel paese ed è quindi più esposta alla crisi; il proletariato perciò potrà svolgere la sua funzione dirigente solo se è molto ricco di spirito di sacrificio e si è liberato completamente da ogni residuo di corporativismo riformista o sindacalista. Da questo punto di vista realistico e che noi crediamo leninista, l’Ufficio politico del PCI ha studiato le vostre discussioni. Noi, finora abbiamo espresso un’opinione di Partito solo sulla questione strettamente disciplinare delle frazioni, volendoci attenere all’invito da voi rivolto dopo il vostro XIV Congresso di non trasportare la discussione russa nelle sezioni dell’Internazionale. Dichiariamo ora che riteniamo fondamentalmente giusta la linea politica della maggioranza del CC del Partito comunista dell’URSS e che in tal senso certamente si pronunzierà la maggioranza del Partito italiano, se diverrà necessario porre tutta la questione. Non vogliamo e riteniamo inutile fare dell’agitazione, della propaganda con voi e coi compagni del blocco delle opposizioni. Non stenderemo perciò un registro di tutte le questioni particolari col nostro apprezzamento a fianco. Ripetiamo che ci impressiona il fatto che l’atteggiamento delle opposizioni investa tutta la linea politica del CC toccando il cuore stesso della dottrina leninista e dell’azione politica del nostro Partito dell’Unione.
È il principio e la pratica dell’egemonia del proletariato che vengono posti in discussione, sono i rapporti fondamentali di alleanza tra operai e contadini che vengono turbati e messi in pericolo, cioè i pilastri dello Stato operaio e della Rivoluzione. Compagni, non si è mai visto nella storia che una classe dominante, nel suo complesso, stesse in condizioni di vita inferiori a determinati elementi e strati della classe dominata e soggetta. Questa contraddizione inaudita la storia l’ha riserbata in sorte al proletariato; in questa contraddizione risiedono i maggiori pericoli per la dittatura del proletariato, specialmente nei paesi dove il capitalismo non aveva assunto un grande sviluppo e non era riuscito a unificare le forze produttive. È da questa contraddizione, che, d’altronde, si presenta già sotto alcuni suoi aspetti nei paesi capitalistici dove il proletariato ha raggiunto obiettivamente una funzione sociale elevata, che nascono il riformismo e il sindacalismo, che nasce lo spirito corporativo e le stratificazioni dell’aristocrazia operaia. Eppure il proletariato non può diventare classe dominante se non supera col sacrificio degli interessi corporativi questa contraddizione, non può mantenere la sua egemonia e la sua dittatura se anche divenuto dominante non sacrifica questi interessi immediati per gli interessi generali e permanenti della classe. Certo è facile fare della demagogia su questo terreno, è facile insistere sui lati negativi della contraddizione: “Sei tu il dominatore, o operaio mal vestito e mal nutrito, oppure è dominatore il nepman impellicciato e che ha a sua disposizione tutti i beni della terra?”. Così i riformisti dopo uno sciopero rivoluzionario che ha aumentato la coesione e la disciplina della massa, ma con la sua lunga durata ha impoverito ancor più i singoli operai dicono: “A che pro aver lottato? Vi siete rovinati e impoveriti!”. È facile fare della demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando la questione è stata posta nei termini dello spirito corporativo e non in quelli del leninismo, della dottrina della egemonia del proletariato, che storicamente si trova in una determinata posizione e non in un’altra. È questo per noi l’elemento essenziale delle vostre discussioni, è in questo elemento la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l’origine dei pericoli latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella pratica del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della socialdemocrazia e del sindacalismo, che ha impedito finora al proletariato occidentale di organizzarsi in classe dirigente. Solo una ferma unità e una ferma disciplina nel Partito che governa lo Stato operaio può assicurare l’egemonia proletaria in regime di Nep, cioè nel pieno sviluppo della contraddizione cui abbiamo accennato. Ma l’unità e la disciplina in questo caso non possono essere meccaniche e coatte; devono essere leali e di convinzione e non quelle di un reparto nemico imprigionato o assediato che pensa all’evasione o alla sortita di sorpresa. Questo, carissimi compagni, abbiamo voluto dirvi, con spirito di fratelli e di amici, sia pure di fratelli minori. I compagni Zinov’ev, Trockijj, Kamenev hanno contribuito potentemente a educarci per la rivoluzione, ci hanno qualche volta corretto molto energicamente e severamente, sono stati fra i nostri maestri. A loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili della attuale situazione, perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del CC dell’URSS non intenda stravincere nella lotta e sia disposta ad evitare le misure eccessive. L’unità del nostro Partito fratello di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere disposto a fare maggiori sacrifici. I danni di un errore compiuto dal Partito unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali».
10. Citato in G. Amico (a cura di), Gramsci e Bordiga alle origini del comunismo italiano. Terza parte, Ecn.org, maggio 2000.
11. Trotsky e i comunisti italiani, Trotsky.it.
12. Carteggio tra Gramsci e Togliatti sull’Opposizione Trockijsta nel PCUS, Lavocedellelotte.it, 8 giugno 2017.

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