29 Marzo 2024

8.08. LA LIBERTÀ INTESA COME LIBERAZIONE DELLA SESSUALITÀ

Collegata alle tematiche precedenti e a quelle successive delle rivoluzioni colorate è stata la strumentalizzazione più o meno consapevole di alcuni movimenti femministi, libertari e LGBTQI del tema della libera sessualità, assorta per molti ad unico criterio discriminante per stabilire la giustezza o meno di un regime. Tale concezione affonda a piene mani, più o meno coscientemente, negli ideali propugnati da W. Reich e dal primo Marcuse, che vedevano nella liberazione dell’eros la premessa fondamentale per un’emancipazione individuale dall’alienazione. La censura dei comportamenti libertini sarebbe invece venuta dai sistemi fascisti e borghesi. Oggi è evidente che non è così. Se ne è accorto anche lo stesso Marcuse in un secondo tempo, capendo che «questa società cambia tutto ciò che tocca in una fonte potenziale di progresso e di sfruttamento, di fatica miserabile e di soddisfazione, di libertà e d’oppressione. La sessualità non fa eccezione».102 Senza voler definire la questione della libertà della sessualità un tema reazionario o retrogrado, si vuole stigmatizzare l’atteggiamento unilaterale che porta ad adottare quest’ottica come unica via per la liberazione individuale. Su questo tema proponiamo quindi, senza la pretesa di concludere l’argomento ma come spunto alla riflessione, un estratto di un articolo di Alessandra Ciattini che ha posto di recente la questione in un articolo intitolato L’ingannevole abbaglio della libertà sessuale103:
«Sebbene siamo ormai del tutto assuefatti ai contenuti surrettiziamente o esplicitamente sessuali della pubblicità, degli spettacoli che i mass media propongono a chi, estenuato dal lavoro, cerca semplicemente qualcosa che lo distragga dai problemi angosciosi da cui siamo circondati, non possiamo non distanziarci da questa ubriacatura, cercando di elaborare una qualche riflessione critica. Come scrive Luciano Canfora la libertà sessuale costituisce “il valore assoluto” nella società contemporanea […] e sarebbe opportuno chiederci perché, dal momento che gli esseri umani hanno tante altre potenzialità che li potrebbero stimolare al raggiungimento di gratificazioni assai diverse tra loro […]. Il primo tema che mi sembra opportuno trattare è che la libertà sessuale in tutte le sue forme è stata ormai concessa, perché certamente non mette in discussione l’assetto costituito, che invece nega in maniera netta tutta una serie di libertà connesse ad importanti diritti riconosciuti solo sul piano formale. Infatti, noi non siamo liberi di migliorare le nostre conoscenze, se non abbiamo mezzi propri per farlo, non siamo liberi di vivere una vita decorosa se non siamo in grado di procacciarci un’abitazione e un lavoro, non siamo liberi di essere curati, perché le strutture sanitarie sono in sfacelo e i medici di base, in molti casi, non fanno nessuna visita approfondita. Non siamo liberi di esprimere il nostro parere su questioni di dirimente importanza come la pace e la guerra, la politica economica, le alleanze militari; possiamo soltanto ogni tanto eleggere un “nostro” rappresentante adeguatamente scelto dai quei gruppi di potere, che potrei definire solo con parole assai forti. Inoltre, la maggiore libertà sessuale apparentemente diffusa e accompagnata da aspetti di tutt’altro segno (come lo sfruttamento sessuale), non è scaturita solo dalle lotte degli individui, ma anche dall’indebolimento delle funzioni economico-sociali della famiglia. Che, altra parte, la libertà sessuale non avrebbe prodotto trasformazioni radicali nelle relazioni di potere, era assai facile da prevedere per due ordini di ragioni: da un lato, i nuovi soggetti (dopo la cosiddetta scomparsa della classe operaia), ossia le donne, gli omosessuali, i transessuali, i disabili, le entità locali, gli “altri” etc. non rivestono nessun ruolo chiave nell’attuale assetto sociale. Infatti, esso si regge sull’opposizione capitale/lavoro, la quale oggi si concreta in nuove forme di schiavitù. Certo si potrebbe e si dovrebbe dire che le donne, allevando i figli, sobbarcandosi dei lavori domestici, accudendo gli anziani, sono certamente indispensabili al mantenimento dello status quo; ma la netta contrapposizione fatta tra uomini e donne, quasi appartenessimo a specie differenti, partorita dal cosiddetto pensiero della differenza, ha fatto sì che il fronte dei lavoratori salariati sia stato spaccato in due metà. E ciò è avvenuto perché ci si è illusi che la condizione della donna migliorasse senza cambiare il contesto nel quale era innestata. Infatti, se la donna è sfruttata come donna, in primis è sfruttata come lavoratrice e il suo disvalore deriva da questa prima asimmetria […]. Lo stesso discorso – credo – vale per le altre minoranze, che non possono veder mutare sostanzialmente le loro condizioni di vita, se non si abbandona allo stesso tempo questo modello sociale volto alla mercificazione di tutto, corpi umani compresi, spesso intesi come qualcosa di sconnesso dalla persona presa nella sua integralità. Del resto, senza tale lacerante scissione i corpi non potrebbero essere trasformati in oggetti e il singolo non potrebbe inseguire i diversi piaceri personalizzati, ma superficiali, che gli offre la società dei consumi e che gli impediscono volutamente di pensare e di riflettere. Tale atteggiamento nei confronti del corpo umano salta agli occhi dinanzi all’espressione “utero in affitto”, che addirittura astrae un organo sia dal corpo da un individuo oltre che dalla sua persona complessiva […]. Siamo di fronte a un nuovo modello di umanità – non sono certo io a dirlo – che ha rinunciato alla sublimazione e alla consapevole riappropriazione delle motivazioni inconsce del nostro agire, lasciandosi andare alla soddisfazione di un qualsivoglia stimolo, evitando di lasciarsi coinvolgere integralmente. In questo senso l’amore non è più di moda, perché troppo impegnativo e richiedente la lunga durata. Questa convinzione, in passato attribuita quasi esclusivamente agli individui di sesso maschile, è diventata oggi una rivendicazione dello stesso genere femminile, che vede in tale atteggiamento una conquista e una forma di emancipazione».
102. Riportato in Wikiquote, Herbert Marcuse. Per un approfondimento sull’evoluzione del paradigma di Marcuse sulla sessualità si è fatto riferimento a N. Abbagnano & G. Fornero, La ricerca del pensiero. Storia, testi e problemi della filosofia, 3 voll., Paravia-Pearson, Milano-Torino 2012.
103. A. Ciattini, L’ingannevole abbaglio della libertà sessuale, La Città Futura, 15 luglio 2017.

cookie