09 Maggio 2024

C.2. NAZIONALISMO, PATRIOTTISMO, COSMOPOLITISMO E INTERNAZIONALISMO

«L'emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera della classe lavoratrice stessa». (Karl Marx)
Per giungere a tale obiettivo tutti gli autori fondamentali (da Marx a Gramsci, da Lenin a Mao) concordano sul fatto che il partito comunista debba saper coniugare patriottismo ed internazionalismo. Nel Manifesto del Partito Comunista si esprime chiaramente che «sebbene non sia tale per il contenuto, la lotta del proletariato contro la borghesia è all'inizio, nella sua forma, una lotta nazionale. Il proletariato di ogni paese deve naturalmente procedere alla resa dei conti in primo luogo con la propria borghesia».
Non è un caso infatti, come sottolinea bene il filosofo Domenico Losurdo nella usa opera La lotta di classe, che tutte le rivoluzioni socialiste siano nate dalla capacità di coniugare la salvezza della nazione in rovina con un programma radicale di trasformazioni sociali. Perfino Lenin era ben conscio di questo aspetto quando affermava che «in una guerra effettivamente nazionale, le parole “difesa della patria” non sono affatto un inganno, e noi non siamo contrari a questa guerra».Patriottismo però non vuol dire nazionalismo. I comunisti rifiutano ogni tipo di ideologia razzista e prevaricatrice per la quale un popolo sarebbe superiore ad un altro. Questo è il motivo per cui il comunismo proletario internazionale ha appoggiato i popoli coloniali sfruttati nelle loro lotte contro l'imperialismo al fine di favorire la rovina definitiva del sistema imperialistico mondiale. Ne era ben cosciente Nelson Mandela che nel 1961, assieme a Joe Slovo, aveva fondato l'Umkhonto we Sizwe (MK), l'ala militare dell'ANC, come strumento principale finalizzato a lanciare una rivoluzione comunista in Africa del sud. Un legame, quello di Mandela con il comunismo, durato tutta la vita in nome della lotta al regime imperialista e schiavista dell'Apartheid, tant'è che dopo decenni di sostegno economico e militare sovietico all'ANC, Mandela, ricevendo il 3 luglio 1991 la delegazione sovietica, non potè che ringraziare l'URSS per il lungo e durevole sostegno dato: «Senza il vostro aiuto, noi oggi non saremmo dove siamo».
Luciano Canfora, tracciando un bilancio del socialismo reale novecentesco, ha ricordato alcuni elementi basilari ma costantemente ignorati dalla borghesia:
«la Rivoluzione d'Ottobre e la vita settantennale dell'URSS hanno avuto effetti profondissimi nella storia umana.
1. Hanno dato impulso alla liberazione, o meglio al sommovimento, del mondo coloniale.
2. L'URSS ha fermato, in Europa, la marcia trionfale del nazifascismo.
3. L'esistenza di una “alternativa di sistema” visibile e geograficamente vicina ha imposto all'occidente l'adozione dello “Stato sociale”».
Vi è insomma per il proletariato di ogni singolo paese l'esigenza di cancellare i rapporti di produzione capitalistici su scala globale, cancellando alla radice ogni tipo di minaccia imperialistica. La grande industria, con il mercato globale, ha collegato tutti i popoli della terra, livellando lo sviluppo sociale nei paesi civili in cui la lotta principale è quella tra borghesi e proletari. Per questo è fondamentale il tema dell’internazionalismo per il quale i proletari dei vari paesi hanno obiettivi comuni e quindi devono unirsi. Di qui il famoso appello: «Proletari di tutti i paesi, unitevi!»
Secondo l’internazionalismo proletario i membri della classe operaia devono agire in solidarietà verso la rivoluzione globale ed in supporto ai lavoratori degli altri paesi. L’internazionalismo è anche un deterrente contro le guerre tra nazioni (tra stati borghesi), poiché non è nell’interesse dei proletari imbracciare le armi tra loro, mentre è più utile che lo facciano contro la borghesia che li opprime: tramite la solidarietà fra i proletari si potrà arrivare alla fine dei conflitti fra nazioni e quindi alla scomparsa delle stesse. La divisione del mondo in classi, nazioni e religioni è cioè un ostacolo allo sviluppo della civiltà umana.
Al contrario del concetto di internazionalismo proletario, Marx usa il termine di cosmopolitismo per indicare l’internazionalismo della borghesia, cioè quel fenomeno legato alla mondializzazione dei mercati, che è ben lontana ovviamente dalla solidarietà tra i popoli. Marx infatti afferma: «chiamare fraternità universale lo sfruttamento cosmopolitico è un'idea che avrebbe potuto nascere solo nella mente della borghesia». Questa può essere un’ottima chiave di lettura ad esempio per l’analisi dell’Unione Europea, che non è certo un’unione di popoli, ma di capitali, contro i popoli – ma questo argomento verrà presentato più avanti. A questo punto l'ultima fondamentale caratteristica che deve avere il partito comunista è la sua capacità di porsi come l'avanguardia del proletariato. A riguardo rimangono insuperati gli insegnamenti di Vladimir Lenin nel Che fare? e di Antonio Gramsci nei Quaderni dal Carcere, per i quali rimandiamo ad un apposito ulteriore capitolo dedicato alle modalità di realizzare la propria egemonia in seno al proletariato. Prima occorre però rispondere al quesito lasciato insoluto in calce al precedente capitolo: che cos'è l'imperialismo?

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