20 Aprile 2024

10.3. IL CONSAPEVOLE SOSTEGNO DEGLI USA AL TERRORISMO ISLAMICO

«Cominciarono a riversarsi fiumi di dollari, armi, tecnologie militari moderne, per sostenere i cosiddetti “combattenti della libertà”, bande di controrivoluzionari, guidate da coloro che avevano perso i loro privilegi secolari, da mercenari e da terroristi fondamentalisti. E cominciò così la guerra vera e propria contro la Rivoluzione Democratica Afghana, con assassinii quotidiani, sabotaggi delle infrastrutture civili e statali, incendi di scuole e cooperative, attentati contro i contadini e i lavoratori che lavoravano e accettavano il nuovo ordinamento, l’assassinio pianificato di insegnati e studenti che facevano i corsi di alfabetizzazione nelle campagne e nelle regioni montuose; contro le donne che si impadronivano del loro destino e facevano della loro liberazione una conquista sociale da difendere, con la pratica dello stupro collettivo da parte dei mujaheddin, contro quelle donne che avevano la gonna o portavano i pantaloni.
La distruzione di centrali elettriche, di dighe, di fabbriche, delle cooperative agricole e la distruzione dei campi coltivati. Tutto questo partiva dai campi militari creati dagli USA nel confinante Pakistan, a cui partecipavano con sostegni economici e finanziari le varie potenze occidentali capitaliste, dove venivano addestrati questi banditi mercenari, per poi infiltrarli in Afghanistan. Adesso tutto questo è documentato e pubblico». (Enrico Vigna)138

-Intervistatore: «Lei non si pente neanche di aver appoggiato il fondamentalismo islamico, avendo fornito armi e addestramento ai futuri terroristi?»
-Zbigniew Brzezinski (consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza Carter, 1977-81): «Cos'è più importante per la storia del mondo? I Talebani o il collasso dell'impero sovietico? Qualche musulmano fomentato o la liberazione dell'Europa centrale e la fine della guerra fredda?»139
Gli USA scelgono di armare i ribelli afghani, subito ribattezzati da Reagan «combattenti per la libertà», nonostante conoscano bene di avere di fronte fondamentalisti islamici interessati per lo più a mantenere il paese in una condizione di sottosviluppo semi-feudale, necessario per mantenere i propri interessi di classe. Li hanno armati sapendo bene che sono anche anti-americani. Uno dei loro capi, Gulbuddin Hekmatyar, odia gli USA quasi quanto i russi e i suoi seguaci urlano «Morte all'America» insieme a «Morte all'Unione Sovietica». Tra di loro vi è anche Osama bin Laden, futuro fondatore di al Qaeda. Hekmatyar è uno dei leader afghani considerati più estremisti dagli stessi statunitensi, ma continuerà ad essere sostenuto dalla CIA anche dopo il ritiro dei sovietici. Una buona parte delle armi le ha messe pian piano da parte e al termine del conflitto le avrebbe rivolte contro il popolo e gli altri clan per acquisire il potere assoluto. Molti di loro nel 1993 saranno tra i responsabili dell'attentato esplosivo contro il World Trade Center di New York. Altri parteciperanno ad attentati e guerriglie filo-islamiche nel resto del mondo. Gli USA sanno che il rischio concreto di tale supporto sia la creazione di uno Stato islamico fondamentalista repressivo tanto quanto quello nel vicino Iran, che nello stesso periodo era diventato il «nemico pubblico numero uno» degli USA. I ribelli sono guidati da grandi e ricchi proprietari terrieri, capi tribù, uomini d'affari, la famiglia reale allargata e tutti coloro che si oppongono alle riforme economiche del paese. Il New York Times afferma candidamente che l'argomento religioso viene «usato da alcuni afghani che, in realtà, sono contrari soprattutto ai progetti […] sulle riforme terriere e ad altri cambiamenti di questa società feudale». Un reporter della BBC rimasto per quattro mesi tra i ribelli conclude che combattano «per mantenere il sistema feudale e bloccare le riforme di sinistra del governo di Kabul, che sono considerate antislamiche». La loro ferocia è brutale: hanno l'abitudine di buttare acido in faccia alle donne che si rifiutano di portare il velo. Nonostante siano soliti praticare atti terroristici, abbattendo aerei civili e facendo scoppiare bombe negli aeroporti, vengono omaggiati di tutti gli onori: nel 1986 il premier britannico Margaret Thatcher accoglie Abdul Haq, un leader ribelle afghano che solo due anni prima aveva ordinato un attentato all'aeroporto di Kabul (28 morti). Siamo negli stessi anni in cui la Thatcher bolla come terrorista Nelson Mandela per la sua lotta all'apartheid. Nella guerra contro i sovietici una delle pratiche preferite dai ribelli è la tortura dei prigionieri (non solo i sovietici) che consiste nel tagliare prima il naso, le orecchie e i genitali, poi nello staccare un brandello di pelle dopo l'altro, provocando una morte lenta e molto dolorosa. Durante la guerra dai 50 ai 200 prigionieri sovietici vengono drogati, torturati e tenuti come animali da gabbia a «vivere esistenze di un orrore indescrivibile». Un giornalista del conservatore Far Eastern Economic Review scrive che alcuni prigionieri sovietici «vennero uccisi, scuoiati e appesi in una macelleria. Un prigioniero si ritrovò al centro di una partita di buzkashi, la versione afghana, rozza e confusa, del gioco del polo in cui di solito al posto della palla viene usato un capro senza testa. Quella volta adoperarono invece il prigionero. Vivo. Venne fatto letteralmente a pezzi». Occorre infine segnalare che i comandanti mujahidin controllano personalmente enormi campi di papaveri da oppio, la materia prima dell'eroina:
«camion e muli forniti dalla CIA, che avevano trasportato armi in Afghanistan, venivano usati per trasportare parte dell'oppio nei numerosi laboratori lungo il confine afghano-pakistano, dove venivano lavorate molte tonnellate di eroina, con la collaborazione delle forze armate pakistane. Con questa produzione di ottenevano approssimativamente da un terzo fino alla metà dell'eroina usata annualmente negli Stati Uniti e i tre quarti di quella consumata in Europa occidentale. Alcuni funzionari di droga statunitensi, nel 1990, ammisero di aver tralasciato di indagare o di agire contro l'operazione di droga per non offendere gli alleati pakistani o afghani. Nel 1993, un funzionario della DEA definì l'Afghanistan la nuova Colombia del mondo della droga».
Dal 1990 in poi, «sauditi in lunghe vesti bianche cominciarono a fare la loro comparsa nelle capitali delle province e nei villaggi distrutti dell'Afghanistan. Si proclamavano emiri. Si compravano la fedeltà dei capi dei villaggi e cominciavano a costruire piccoli imperi: gli emirati di una nuova forza sparsa per il mondo che sarebbe stata chiamata al Qaeda».140
La responsabilità degli USA è enorme: non solo per aver distrutto un paese in via di modernizzazione; la decisione sciagurata di utilizzare questi estremisti islamici ha favorito il ritorno di un fenomeno oscurantista di stampo medievale che sembrava essere ormai sulla via del tramonto in tutto il mondo grazie allo sviluppo economico e alla secolarizzazione. Da segnalare che l'uso fatto dalla CIA di terroristi musulmani non è fenomeno nuovo: era già stato applicato in Cina all'inizio degli anni '50. Nel 1957 il presidente Eisenhower sostiene di voler promuovere l'idea di una jihad islamica che si opponga al comunismo senza dio. «Dovremmo fare tutto il possibile per porre l'accento sull'aspetto di guerra santa» disse in una riunione alla Casa Bianca a cui parteciparono pochi membri fidati del Pentagono e della CIA. Niente di nuovo insomma: pur di combattere il comunismo o una qualsiasi limitazione al potere degli USA e delle multinazionali, è lecito ricorrere a qualsiasi strumento, anche il più infame retaggio della barbarie.141
138. E. Vigna, Afghanistan 1978, Rivoluzione democratica e nazionale, cit.
139. Z. Brzezinski (intervista a), How Jimmy Carter and I Started the Mujahideen, Le Nouvel Observateur, 15-21 gennaio 1998.
140.. Fonti usate: W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 502-511, 515-516, 519, 521; T. Weiner, CIA, cit., pp. 397-398; M. Liberti, L'invasione sovietica dell'Afghanistan, InStoria, n° 5, maggio 2008.
141. T. Weiner, CIA, cit., pp. 64, 133-134.

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