20 Aprile 2024

1.1. LA STABILIZZAZIONE BREZNEVIANA

Il seguente passo3 è utile per ricostruire alcune questioni del “periodo Brežnev”:
«L'interesse per le vicende sovietiche non finisce con la destituzione di Chruščev nel 1964. La fase successiva presenta, dal punto di vista storico e di analisi del movimento comunista, molti aspetti interessanti. Intanto il passaggio da Chruščev a Brežnev non si presenta come un fatto transitorio. La gestione del partito, e del governo che successivamente verrà affidato a Kosygin, dura ininterrottamente 18 anni, fino al 1982. La svolta brežneviana non è di poco conto. Essa fonda la sua prospettiva su due cardini che contraddicono sostanzialmente la linea di Chruščev: il controllo del blocco socialista nell'Europa orientale contro le spinte centrifughe che avevano fatto seguito al XX Congresso del PCUS, e la riaffermazione dell'URSS come polo alternativo al sistema imperialista a guida USA. Le “aperture” chruščeviane non vengono rinnegate, ma si pongono dei paletti contro cui lo stesso Chruščev era andato a sbattere. Per molti anni dunque è riapparso lo spettro del comunismo come si era configurato durante la guerra fredda. E questo spettro si è materializzato con l'intervento militare del patto di Varsavia nel 1968 a Praga, con lo stato di emergenza in Polonia gestito dal generale Jaruzelski, con l'intervento in Etiopia contro i ribelli dell'Ogaden che minacciavano il potere popolare per conto degli americani, con il tragico intervento in Afghanistan, mentre parallelamente Cuba combatteva in Angola contro la guerriglia sostenuta dal Sudafrica. In questo modo il fronte socialista dimostrava la sua determinazione a fronteggiare l'imperialismo.
È durante questa fase che gli americani adottano la linea delle insurrezioni 'popolari' che nell'Europa orientale prendono il volto di Solidarnosc e di Dubcek e nei paesi di nuova rivoluzione come il Nicaragua, l'Afghanistan, il Mozambico, l'Angola e l'Etiopia quello di guerriglie destabilizzanti. In questo modo l'imperialismo americano trova la chiave per disgregare il blocco avversario senza ricorrere a guerre globali. Su questa capacità di destabilizzazione si gioca una buona parte della crisi che ha travolto l'URSS. Era sbagliata questa linea seguita da Brežnev? Era da considerarsi avventurista? A ben vedere, da un punto di vista antimperialista e di classe le scelte erano condivisibili, ma i dubbi non riguardano la sostanza, ma le basi su cui quelle scelte erano fondate. In Brežnev non troviamo il ribaltamento delle scelte del PCUS di Chruščev. Alla sua sconfitta non ha corrisposto una rielaborazione strategica su come, dopo il XX Congresso, i comunisti avrebbero dovuto riprendere la marcia verso il comunismo e la trasformazione dei rapporti di forza internazionali e battere la controrivoluzione.
A questo proposito è utile la lettura, tratta dal Compendio Storico del Partito Comunista Cecoslovacco4, del capitolo dedicato alla riorganizzazione del partito dopo l'intervento militare del Patto di Varsavia. È un atto di accusa contro Dubcek e la destra, ma non basta a testimoniare una ripresa effettiva del partito cecoslovacco. Era in grado quella posizione di recuperare la sconfitta subita? O era troppo tardi? E lo stato di emergenza in Polonia, per fare un altro esempio, avrebbe retto sui tempi lunghi se non si capiva su che cosa basare effettivamente la ripresa dell'egemonia del POUP? I fatti hanno dimostrato il contrario di quello che ci si poteva aspettare. D'altronde anche il contesto del movimento comunista internazionale non si era affatto compattato. Con la Cina i rapporti si dimostravano meno tesi che all'epoca di Chruščev, ma l'accusa di “socialimperialismo” rivolta all'URSS era ricorrente e mascherava, peraltro, un sostanziale mutamento di indirizzo dei cinesi rispetto agli USA. Anche in Europa si era aperta la polemica contro l'eurocomunismo, ispirata ancora dal PCUS di Brežnev. Si veda al riguardo sulla difesa del socialismo nei paesi dell'Europa dell'Est l'articolo del Kommunist contro le posizioni espresse dal PCI sugli avvenimenti in Polonia. Ma ormai in Italia, Francia e Spagna i rispettivi partiti comunisti si avviavano a compiere lo “strappo”.
Anche sul piano interno, la stabilizzazione brežneviana presentava caratteristiche contradditorie. Se con i discorsi ufficiali e con la Costituzione del 1977 le scelte socialiste venivano ribadite con chiarezza, quali erano nei fatti le caratteristiche della società sovietica nel periodo 1964-1982? Per indagare sulla situazione interna all'URSS teniamo presente che gli effetti della 'destalinizzazione' avevano continuato ad operare. E il PCUS, quello di Brežnev, ero lo stesso che aveva approvato il XX Congresso; rappresentava quindi un quadro dirigente in cui Stalin aveva individuato un fattore frenante della società socialista e contro cui si era scagliato al XIX Congresso del partito. Questo quadro dirigente poi, gestendo il potere senza un'ipotesi rivoluzionaria su cui fondare il futuro e facendo delle strutture socialiste una base di gestione 'amministrativa' dell'esistente, ha favorito la crescita di una classe di dirigenti dell'economia che nei lunghi anni della stabilizzazione brežneviana accumulavano potere, e non solo nel ruolo istituzionale specifico in cui operavano, ma anche nelle varie connessioni di governo e di sottogoverno, ponendo le premesse per la seconda fase della controrivoluzione, quella di Gorbačev e di Eltsin.
Nei diciotto anni di gestione del PCUS e dell'URSS da parte di Brežnev i comunisti si sono ancora una volta divisi. Quelli del blocco sovietico ne hanno ovviamente condiviso le scelte, mentre la Cina continuava la sua marcia verso una totale autonomia strategica e in Europa i comunisti acceleravano il percorso revisionista fino alla loro mutazione genetica. A questo proposito è utile leggere la critica delle posizioni del PCI apparsa sulla Pravda del gennaio 1982 col titolo Contro gli interessi della pace e del socialismo. In definitiva Brežnev non ha contribuito a risolvere le contraddizioni e le difficoltà del movimento comunista, ne ha solo ritardato lo sviluppo esplosivo. Tra il 1964 e il 1982, la stabilizzazione brežneviana ha operato però nell'immediato come fattore geopolitico in grado di bloccare il disegno di dominio mondiale dell'imperialismo a guida americana. Molti comunisti l'hanno intesa positivamente in questo senso. Ma ormai il movimento comunista mondiale stava arrivando inevitabilmente al capolinea. Fino a quando si poteva resistere in quelle condizioni? La risposta è venuta con l'arrivo di Gorbačev e la dissoluzione dell'URSS».
3. Associazione Stalin, La controrivoluzione in URSS. La stabilizzazione brežneviana, Associazionestalin.it, cap. Premessa.
4. Istituto del marxismo-leninismo del CC del PCC & Istituto del marxismo-leninismo del CC del PCS (a cura di), Il compendio storico del Partito Comunista Cecoslovacco, Agenzia di Stampa Orbis, Praga 1980, capitolo X, pp. 275-299.

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