25 Aprile 2024

11.05. LO SPAZIO PER UN CINEMA ANTICAPITALISTA

Quanto detto finora non deve far pensare che il controllo suCiname anticapitalista Hollywood sia stato assoluto. Anche a Hollywood ci sono stati periodi, autori e film che hanno saputo incrinare pesantemente il muro di censura pro-governativa, riuscendo a costruire un cinema di denuncia sociale dai tratti marcatamente anticapitalisti, pacifisti e antirazzisti. Fronte del Porto (1954, di Elia Kazan), diverse opere di Stanley Kubrick (Orizzonti di Gloria, 1957; Spartacus, 1960 e in tarda guerra fredda Full Metal Jacket, 1987), la quasi totale filmografia di Oliver Stone (tra cui spicca Wall Street, 1987), alcune opere di Spike Lee e in tempi recenti alcune brillanti produzioni di Michael Moore e Andrew Niccol (tra cui il buon In Time156) e non solo. È indubbio, però, che pochissimi abbiano svolto una narrazione di critica esplicita del capitalismo e si fa fatica a ricordare un solo film che elogi chiaramente il socialismo. Non è un caso che a Hollywood non siano stati prodotti film sulle vite dei grandi rivoluzionari comunisti né sugli eventi fondamentali della decolonizzazione e dei successi socialisti (se sono stati realizzati, il punto di vista non è certo benevolo oppure viene svolto dal punto di vista statunitense).
Per trovare un cinema militante ed anticapitalista occorre quindi rivolgersi ad altre cinematografie. A parte pochi autori entrati nella storia della settima arte (l’esempio più significativo è Ėjzenštejn), del cinema di produzione sovietica e real-socialista non è rimasto quasi nulla, perché sistematicamente rimosso dal circuito mediatico, tanto da diventare irreperibile in molti casi perfino sul web. Un discorso simile si può fare per buona parte del cinema del “Terzo Mondo” decolonizzato, il quale non ha mancato di proporre pellicole militanti e politiche con diversi autori di rilievo. I film più alla portata per avere una prospettiva diversa di esposizione della realtà sono di matrice europea, tra cui non poche produzioni italiane. Se in generale un cinema impegnato in Occidente si afferma stilisticamente con la stagione del neorealismo, è negli anni ‘60 e ‘70, quelli della maggiore difficoltà dell’egemonia culturale statunitense, che si realizza una serie di opere militanti e politiche di rilievo. Simili produzioni si trovano in autori di prestigio come Jean-Luc Godard, Nagisa Oshima, Pier Paolo Pasolini, Bunuel, Elio Petri, Sergio Leone, Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci, ma anche in certe produzioni più o meno di serie B, grazie a soggetti e sceneggiature di chiaro stampo progressista: ne sono un esempio, facendo riferimento solo all’Italia, tutta una serie di film del filone “spaghetti-western”, ma anche produzioni apparentemente più scanzonate come i primi film di Fantozzi e alcuni film che vedono la presenza dell’attore Bud Spencer. Un elenco ragionato di una cinematografia impegnata è un compito che resta da attuare.
156. Si consiglia a tal riguardo l'analisi J. Juanma, “In time”, comunismo made in Hollywood, Jonjuanma.blogspot.it, 21 dicembre 2011.

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