26 Aprile 2024

2.2. L'ELABORAZIONE NELLA PRIMA INTERNAZIONALE (1864)

«In un vecchio manoscritto inedito, elaborato da Marx e da me nel 1846, trovo scritto: «La prima divisione del lavoro è quella tra uomo e donna per la procreazione di figli». Ed oggi posso aggiungere: il primo contrasto di classe che compare nella storia coincide con lo sviluppo dell'antagonismo tra uomo e donna nel matrimonio monogamico, e la prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile». (Friedrich Engels, da L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello Stato, cap. II – La famiglia)16
«La Prima Internazionale fu fondata da Marx ed Engels nel 1864. Rispondeva alla necessità pratica dei lavoratori europei di organizzarsi, poiché la borghesia stava unificando economicamente l’intero continente. Inizialmente la Prima Internazionale non aveva un programma chiaramente marxista (comprendeva anche gli anarchici), ma fin dai suoi primi passi definì la sua posizione in rapporto alla causa dell’emancipazione femminile. Andando contro tutti i costumi dell’epoca l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, così si chiamava, scelse una donna per il Consiglio Generale, la sindacalista inglese Henriette Law. Fu un passo importante e Marx riportò di aver ricevuto numerose lettere di donne che volevano affiliarsi all’Internazionale, al punto tale che egli stesso presentò personalmente al Consiglio Generale una mozione affinché si organizzassero delle sezioni speciali di lavoratrici nelle fabbriche e nelle zone industriali delle città dove c’erano grandi concentrazioni di lavoratori, mettendo comunque in allerta che ciò non doveva, in alcun modo, interferire con la costruzione di sezioni miste. Dal 1865 fino alla metà del 1880 il movimento socialista tedesco fu diviso tra i sostenitori di Ferdinand Lassalle e i marxisti diretti da Wilhelm Liebknecht e August Bebel. Nel 1875 i due gruppi si unificarono in un solo partito, l’Spd (Partito Socialdemocratico Tedesco, il più grande partito socialista del periodo precedente la Prima Guerra Mondiale), ma si mantennero serie divergenze all’interno dell’organizzazione. La questione della donna rappresentò una di queste differenze. I lassalliani (sostenitori di Ferdinand Lassalle) si opponevano a rivendicare uguaglianza di diritti per la donna come parte del programma del partito. Sostenevano che le donne erano creature inferiori, il cui luogo predestinato era la casa. Secondo loro la vittoria del socialismo, che avrebbe assicurato al marito un salario adeguato a provvedere a tutti i bisogni della famiglia, le avrebbe fatte tornare al loro habitat naturale, perché non avrebbero più avuto la necessità di lavorare per un salario. I primi programmi dei socialdemocratici rivendicavano solo “pieni diritti politici per gli adulti”, rimanendo ambigui sul fatto se la donna fosse o no considerata come adulta.
L’ideologia secondo cui “il luogo della donna è la casa” ebbe come uno dei maggiori promotori il pensatore francese Proudhon, le cui idee si ripercossero nei sindacati e contemporaneamente tra i dirigenti della Prima Internazionale. Quest’ultima difendeva ardentemente idee simili a quelle dei Padri della Chiesa, i teologi che costruirono i fondamenti del cattolicesimo nel Medioevo. Rispettato in ambito politico, compreso dalla sinistra, e tra gli intellettuali e gli operai di tutta Europa, Proudhon difendeva l’idea che le funzioni della donna fossero la procreazione e i lavori domestici. La donna che lavorava (fuori casa) rubava il lavoro all’uomo. Proudhon arrivò a proporre che il marito avesse diritto di vita e di morte sulla moglie che avesse disobbedito o avesse avuto un cattivo carattere, e dimostrò, attraverso una relazione aritmetica, l’inferiorità del cervello femminile rispetto a quello maschile.
I pregiudizi nei confronti delle donne avvelenarono a tal punto il movimento operaio che nel 1867 i dirigenti dell’Internazionale Socialista arrivarono a fare la seguente dichiarazione solenne:
In nome della libertà di coscienza, in nome dell’iniziativa individuale, in nome della libertà delle madri, dobbiamo togliere dalla fabbrica che la demoralizza e la uccide questa donna che noi sogniamo libera. […] La donna ha come meta essenziale quella di essere madre di famiglia, deve rimanere al focolare domestico, il lavoro le deve essere vietato”.
E nel 1875 al Congresso di Gotha i socialisti tedeschi, sensibili alle idee di Proudhon, si opposero al gruppo marxista guidato da Bebel, che intendeva iscrivere nel programma del partito l’uguaglianza tra uomo e donna. Il Congresso ridusse in silenzio Bebel affermando che “le donne non sono pronte a esercitare i propri diritti”. Nel 1866 Marx presentò all’Internazionale Socialista una risoluzione a favore del lavoro dei bambini e delle donne, a condizione che fosse regolato per legge. Pensava che il lavoro non potesse essere separato dall’educazione e che fosse benefico per gli esseri umani. Nel Capitale Marx scrive che:
“Se gli effetti immediati (del lavoro dei bambini e delle donne) sono terribili e ripugnanti, contemporaneamente esso contribuisce ad assegnare alle donne, ai giovani e ai bambini di entrambi i sessi una parte importante nel processo di produzione, al di fuori dell’ambiente domestico, nella creazione di nuove basi economiche necessarie per una forma più elevata di famiglia e di relazione tra i due sessi”.
Pur se con altre parole, Engels affermò lo stesso nel suo celebre testo sull’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato:
Sembrerebbe che l’emancipazione della donna, la sua eguaglianza di condizioni con l’uomo sia, e continui ad essere impossibile, tanto che la donna rimarrà esclusa dal lavoro sociale produttivo e dovrà limitarsi al lavoro privato domestico […]. La liberazione della donna ha come prima condizione il suo incorporamento nell’industria pubblica”.
Fino alla metà del diciannovesimo secolo, l’idea che la donna dovesse rimanere a casa non si modificò, ma la realtà si dimostrò ancora una volta più forte: a dispetto di qualunque ideologia, la donna lavorava perché aveva bisogno di sopravvivere.
Nel 1883 August Bebel pubblicò il libro La donna e il socialismo, che contribuì molto al dibattito sulla questione della donna. Anche se uscito un anno prima della pubblicazione del libro di Engels L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, il lavoro di Bebel sviluppa principalmente nello le idee di Engels. Spiega le ragioni profonde dell’oppressione della donna, le forme che essa ha assunto nel corso dei secoli, il significato, storicamente progressivo, dell’integrazione della donna nella produzione industriale e la necessità della rivoluzione socialista per aprire il cammino alla sua liberazione. Il libro fece sensazione non solo in Germania, ma nell’intera Europa, e supportò la formazione di innumerevoli generazioni di marxisti. Quanto al libro di Engels, è divenuto un classico che, fino ad oggi, ha guidato le discussioni sull’origine dell’oppressione della donna, della famiglia e del matrimonio borghesi. I primi storici, tra cui Bachofen e Morgan, che svilupparono i loro studi nel diciannovesimo secolo, affermarono che la donna non fu sempre oppressa e che ci fu, in alcune società primitive, un periodo di matriarcato, ossia di predominanza della donna all’interno della tribù. Queste affermazioni suonarono talmente rivoluzionarie all’epoca da provocare un vero scandalo nelle società conservatrici e soprattutto tra i religiosi. Marx ed Engels attribuirono una grande importanza a queste scoperte che incorporarono nei loro studi sull’apparire della proprietà privata dei mezzi di produzione. È in conformità a queste scoperte che Engels scrisse L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, pubblicato nel 1884, un’opera che servì d’incitamento perché il movimento rivoluzionario iniziasse a far propria la lotta per l’emancipazione della donna.
Le scoperte fatte dall’antropologia del ventesimo secolo ci permettono di arrivare alla conclusione che la monogamia non apparve insieme alla proprietà privata, come credeva Engels, ma prima di essa, con lo sfruttamento. La proprietà privata non fece che accentuare brutalmente l’oppressione della donna, e consolidarla. Tuttavia il gran merito di Engels consiste nell’aver associato l’apparire dell’oppressione della donna a una causa economica, e non naturale o psichica. Secondo lui la comparsa della monogamia non fu in nessun modo frutto dell’amore sessuale individuale, ma una pura convenzione. La famiglia monogamica fu la prima forma di famiglia ad avere come fondamento delle condizioni sociali e non naturali. Essa segnò soprattutto il trionfo della proprietà individuale sullo spontaneo comunismo primitivo. Engels definì l’abolizione del diritto patriarcale come “la grande sconfitta del genere femminile”.
Anche a casa, fu l’uomo a prendere in mano il timone; la donna fu degradata, asservita, divenne schiava del piacere dell’uomo e semplice strumento di riproduzione. Questa condizione avvilente della donna, tale a come appariva evidentemente presso i Greci del periodo eroico, e ancor di più nell’epoca classica, la schiaccia gradualmente, la riveste di false sembianze; ma questa condizione non è ancora stata del tutto soppressa”.
Preponderanza dell’uomo nella famiglia e procreazione di figli che non potessero che essere i suoi, e destinati ad essere i suoi eredi. Per il resto il matrimonio era un peso, un dovere. Engels ricorda che:

“Il matrimonio di coppia costituì un gran progresso storico, ma aprì contemporaneamente, a fianco della schiavitù e della proprietà privata, quest’epoca che si prolunga fino ai giorni nostri, nella quale ogni progresso segna allo stesso tempo un relativo passo indietro, poiché il benessere e lo sviluppo di alcuni vengono ottenuti attraverso la sofferenza e l’arretramento di altri. Il matrimonio di coppia costituisce la cellula della società civilizzata, nella quale possiamo già studiare la natura degli antagonismi e delle contraddizioni, che in essa si sviluppano pienamente”.
È vero che le scoperte compiute dall’antropologia del ventesimo secolo rimisero in luce l’opera di Engels e ne corressero alcune imprecisioni, ma essa continua ad essere la base del programma marxista in rapporto alla donna, perché rigetta la concezione borghese secondo cui la donna nasce oppressa e la causa dell’oppressione è la sua naturale inferiorità nei confronti dell’uomo. Engels dimostra che la causa dell’oppressione della donna è fondamentalmente economica anziché storica e che, di conseguenza, è necessario trasformare la società per mettervi fine».17
16. F. Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello Stato, 1884, cap. II – La famiglia. Il testo è disponibile qui: http://www.centrogramsci.it/classici/pdf/famiglia_engels.pdf.
17. C. Toledo, El Marxismo y el Problema de la Emancipación de la Mujer, cit.

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