28 Aprile 2024

3. IL CONCETTO DI PIANIFICAZIONE ECONOMICA NEL MARXISMO

Definizione di pianificazione117:
«programma economico che regola l'attività di una singola azienda o di un settore imprenditoriale, attraverso una progettazione organica nel campo degli investimenti, della produzione e della distribuzione. In questo senso sono stati intesi come pianificazioni anche quei programmi economici che, all'interno del quadro capitalistico, tendevano a un sistema di interventi a livello politico ed economico attraverso un controllo e una direzione dello Stato sull'attività produttiva (Capitalismo di Stato).
Per il marxismo la pianificazione è l'organizzazione razionale ed equilibrata di tutte le fasi del processo economico, basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, all'interno dunque della trasformazione in senso socialista dei rapporti di produzione e delle forme statali e istituzionali ad essi corrispondenti. In particolare si riferisce alla concreta esperienza di trasformazione della struttura economica realizzata in URSS attraverso i piani quinquennali, confermata nel secondo dopoguerra dall'esperienza originale cinese e degli altri paesi a democrazia popolare. Le ragioni dell'impossibilità di subordinare a un piano l'economia capitalistica stanno proprio nelle sue leggi e nella sua logica, cui sono strutturali il fenomeno della crisi, della sovrapproduzione e della disoccupazione: sia l'intervento statale, sia una programmazione della produzione e dei suoi obiettivi, non possono intaccare la base del sistema capitalistico, che è poi la ragione stessa dei suoi squilibri, cioè la divisione dei redditi basata sulla ripartizione della proprietà. Così il capitalismo non può sottomettere il flusso degli investimenti a un piano complessivo proprio perché il suo andamento è determinato principalmente dalla prospettiva - anzi dall'esigenza - del profitto che essi possono produrre. All'interno dell'economia socialista, invece, la pianificazione ha una funzione logica: determinare qualitativamente e quantitativamente i bisogni sociali, sia quelli di consumo che quelli di investimento, nel quadro dell'organizzazione complessiva dello sviluppo economico e sociale in senso socialista. Nell'URSS dopo il 1929, alla Nuova Politica Economica (Nep) seguì l'organizzazione dell'economia nei piani quinquennali, col programma di conseguire una rapida industrializzazione e la trasformazione generale della struttura sociale delle campagne attraverso la collettivizzazione dell'agricoltura e l'abolizione delle grandi aziende individuali. Si poneva al governo socialista il compito di superare l'arretratezza economica e industriale dell'URSS nei confronti dei paesi capitalistici. In particolare fu data la priorità allo sviluppo dell'industria rispetto all'agricoltura, e specialmente all'industria pesante rispetto a quella di beni di consumo. Si operò una rapida e forzata collettivizzazione agraria, attraverso l'unificazione delle piccole aziende contadine in grandi aziende collettive e la liquidazione della classe dei grandi proprietari terrieri.
I risultati del primo piano quinquennale e dei successivi furono contraddittori. A un effettivo sviluppo dell'industria pesante e alla scomparsa della disoccupazione, corrisposero una sotto-valutazione della produzione dei beni di consumo e una cronica arretratezza della produzione agricola, causata dall'utilizzazione del surplus agricolo ottenuto con la collettivizzazione della terra a beneficio dello sviluppo accelerato dell'industria pesante. L'analisi delle contraddizioni del sistema sovietico di pianificazione rappresenta uno degli aspetti centrali del dibattito odierno sui problemi connessi alla transizione al socialismo e ai suoi modelli economici. Le successive esperienze di costruzione del socialismo e in particolare quella cinese hanno indicato alcune linee su cui si sono orientati il dibattito e l'analisi. La difficoltà di una pianificazione razionale delle piccole unità produttive e decentrate rispetto ai grandi complessi industriali ha portato a una diversa e più equilibrata considerazione dei bisogni dei mercati locali e della possibilità di utilizzazione delle forze produttive. Il fatto che l'organizzazione della produzione attraverso un centro pianificatore portasse al prevalere dell’attenzione verso i suoi aspetti quantitativi rispetto a quelli qualitativi, e l'altro fatto che l'assortimento e la rispondenza del prodotto alle esigenze del mercato venissero sacrificati alla necessità di realizzare la quantità prefissata di produzione, condusse a un'articolazione più autonoma degli obiettivi a partire dal basso, cioè dalle fabbriche stesse, capace di ovviare allo spreco di materie prime e al basso grado di utilizzazione degli impianti. Lo squilibrio tra i diversi settori produttivi venne affrontato attraverso un nuovo rapporto tra agricoltura, industria pesante e industria leggera, ponendo “l'agricoltura come fattore base e l'industria come fattore guida” dell'economia. Soprattutto fu affrontato il problema della gestione tecnica e politica delle aziende, attraverso il progressivo superamento della figura del direttore unico e la stretta cooperazione tra quadri dirigenti, tecnici e operai. La soluzione della complessità dei problemi relativi alla pianificazione non può trovarsi che all'interno della concreta esperienza di costruzione della società socialista e non sulla base di schemi astratti o di formule di principio».
117. CCDP di Torino (trascrizione a cura di), Dizionario Enciclopedico Marxista, CCDP, voce Pianificazione.

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