25 Aprile 2024

9.4. CORPORATIVISMO E INTERCLASSISMO

Le religioni hanno sempre privilegiato un’ottica tendente al corporativismo: nonostante l’ammissione che vi siano differenze di classe, di ricchezza, di ceto, ecc., tutti quanti sono figli di Dio. La pace, la giustizia, la fratellanza, concetti che le religioni certamente condividono e propagandano, non si raggiungono attraverso l’unione di una parte del popolo contro un’altra parte ma attraverso l’azione individuale. Questo afferma la Chiesa, la quale ha sempre respinto un’idea cardine del marxismo: il concetto della lotta di classe.
Al suo posto ha proposto piuttosto un approccio interclassista e corporativo, non a caso lo stesso ripreso dal regime fascista, utile per far credere che si sia tutti uguali e si lavori per il bene comune, dimenticando le differenze di potere economico e sociale e le gerarchie imposte. Per spiegare meglio l’ostilità della Chiesa cattolica verso il marxismo e la lotta di classe usiamo ampi stralci di un articolo di Maurizio Moscone115:
«Il magistero sociale della Chiesa, al quale Papa Bergoglio ha sempre pienamente aderito, insegna che l’origine dei mali esistenti nel mondo va ricercata non nelle strutture economiche e sociali ingiuste, ma nel “cuore” dell’uomo, che può essere risanato soltanto da Gesù Cristo, vivente nella Chiesa. È scritto nel Vangelo: “ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo”. Alcuni teologi sostengono che il marxismo, anche nella sua versione leninista, possa essere accettato dai cristiani come uno strumento scientifico utile per realizzare il cambiamento sociale, prescindendo dalla sua visione atea e materialistica della realtà. Afferma Carmona: “il marxismo leninismo non può essere accettato dal cristiano come una filosofia integrale, poiché egli possiede una sua concezione del mondo e dell’uomo che è trascendente e umanista, però può utilizzare il marxismo leninismo come un mezzo utile per il cambiamento sociale dato che si è dimostrato un mezzo efficiente e umano. Non per questo il marxismo leninismo sarà accettato nella sua totalità, ma piuttosto nei suoi elementi scientifici storicamente provati che configurano una Praxis di costruzione umanista di nuova società […]”.
Secondo Popper la teoria di Marx è “olistica”, cioè fornisce un’interpretazione totalizzante dell’uomo e della società. Questa interpretazione totalizzante è atea e materialistica ed è il fondamento teorico-pratico del comunismo e del socialismo, entrambi concordemente condannati da tutti i Papi. Il primo Papa che si pronunciò con un’enciclica contro “le tenebrose insidie” del comunismo fu Pio IX nel 1846, quando ancora non era stato pubblicato il Manifesto del Partito Comunista (1848). Nell’enciclica Qui Pluribus (1846) viene sottolineato che il comunismo non rispetta il diritto naturale, sconvolge l’ordine sociale, è violento e perseguita ogni religione. È scritto: “a questo punta la nefanda dottrina del Comunismo, come dicono, massimamente avversa al diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo. A questo aspirano le tenebrose insidie di coloro che, in vesti di agnelli, ma con animo di lupi, s’insinuano con mentite apparenze di più pura pietà e di più severa virtù e disciplina: dolcemente sorprendono, mollemente stringono, occultamente uccidono; distolgono gli uomini dalla osservanza di ogni religione, e fanno scempio del gregge del Signore”. Nel 1849 Pio IX scrisse un’altra enciclica, Nostis et nobiscum, nella quale affermò che il comunismo e il socialismo, appellandosi falsamente agli ideali di libertà e di uguaglianza, violano tutti i diritti umani e divini, istigano gli operai alla violenza e li utilizzano per rovesciare governi legittimamente costituiti, per depredare le proprietà altrui e, in particolare, i beni della Chiesa. È scritto: “E per ciò che riguarda questi corrotti sistemi e dottrine, è già noto a tutti che essi, abusando dei nomi di libertà e di uguaglianza, cercano di insinuare nel volgo gli esiziali principi del Socialismo e del Comunismo. È evidente poi che gli stessi maestri del Comunismo e del Socialismo, sebbene agiscano per via e con metodi diversi, hanno infine quel comune proposito di far sì che gli operai […] si agitino in continue turbolenze e a poco a poco si addestrino a più gravi delitti; intendono poi valersi dell’opera loro al fine di abbattere il governo di qualunque superiore autorità, di rubare, saccheggiare, invadere dapprima le proprietà della Chiesa e poi quelle di tutti gli altri; di violare infine tutti i diritti divini e umani, distruggendo il culto divino e sovvertendo l’intera struttura della società civile”. Leone XIII nel 1891 scrisse l’enciclica Rerum Novarum, nella quale viene affrontata la “questione sociale” ed è condannato sia il liberalismo selvaggio che il socialismo, perché il primo non rispetta la dignità della persona considerandola non come il fine, ma come lo strumento dello sviluppo economico, e il secondo, nato come reazione alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori presenti nei sistemi capitalistici, incita gli operai alla lotta di classe e quindi all’odio verso i padroni, proponendo la trasformazione della proprietà da privata a collettiva e danneggiando così non soltanto i legittimi proprietari, ma anche gli stessi operai. È scritto: “A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con uguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, invece che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze dello Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale. Con l’accumulare pertanto ogni proprietà particolare, i socialisti, togliendo all’operaio la libertà di investire le proprie mercedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio domestico e di migliorare il proprio stato, e ne rendono perciò infelice la condizione”».
115. M. Moscone, Il Papa, la teologia della liberazione, il marxismo, Zenit.org, 27 aprile 2013.

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