26 Aprile 2024

1.10 IL LIBRETTO ROSSO COREANO

«“Il popolo è il mio Dio”, ecco la mia fede e il mio credo. Vedere nel popolo l’artefice della rivoluzione e dello sviluppo del paese e sprigionare la sua forza, questo è il mio motto politico — rispecchiato dal princìpio del Juché, — il supremo comandamento che mi sono dato, ponendomi totalmente al suo servizio». (Kim Il Sung)

«I missionari degli USA predicavano ai Coreani di “offrire la guancia destra quando si è colpiti sulla guancia sinistra”. Questo voleva dire che anche nel caso in cui gli Stati Uniti avessero violato la libertà del popolo coreano questo, invece di resistere, avrebbe dovuto obbedire. Ma i patrioti e il popolo di Corea non si sono lasciati ingannare da questa predica degli USA. Ai furfanti USA il nostro popolo ha risposto: “Se ci date un colpo ve ne restituiremo due”; e così ha fatto».
(Kim Il Sung, da Sui compiti dell’organizzazione del nostro partito, 24 gennaio 1948)
Questo “Libretto Rosso” coreano vuol essere un invito ad approfondire lo studio dell’opera[1] dei dirigenti del Partito del Lavoro di Corea, tanto vasta e ricca di spunti, quanto sconosciuta al lettore occidentale. Il socialismo coreano è radicato in una tradizione lontana dalla cultura europea e presenta molte sfaccettature irripetibili, ma siamo convinti che una mente priva di pregiudizi saprà trarre più di uno stimolo intellettuale dalla lettura dei brani che seguono. Iniziamo con alcuni scritti di Kim Il Sung. Sul Juché:
«Che cosa rappresenta il Juché nel lavoro ideologico del partito? Che cosa facciamo? Noi non facciamo la rivoluzione di un paese straniero, ma la rivoluzione coreana. E proprio questa rivoluzione coreana è il Juché nel lavoro ideologico del nostro partito. Pertanto, tutto questo lavoro deve essere necessariamente subordinato agli interessi della rivoluzione coreana. Se studiamo la storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e la storia della rivoluzione cinese, se guardiamo ai princìpi del marxismo-leninismo, è solo per attuare correttamente la nostra rivoluzione. […] Copiare solamente lo stile degli altri, senza uno studio approfondito della dottrina marxista-leninista, non solo non porta a nulla di buono, ma anzi causa dei danni. Nella lotta rivoluzionaria e nell’opera di costruzione dobbiamo fermamente aderire ai princìpi marxisti-leninisti e applicarli in modo creativo, conformemente alle concrete condizioni e ai particolari problemi del nostro paese. Se applichiamo meccanicamente le esperienze straniere, ignorando la storia del nostro paese e le tradizioni del nostro popolo, ciò ci porterà a commettere errori di dogmatismo e causerà gravi danni alla rivoluzione. Una simile pratica non può essere giudicata fedele né al marxismo-leninismo, né all’internazionalismo; va anzi contro i suoi princìpi. Il marxismo-leninismo non è un dogma, è una guida per l’azione e una dottrina creativa. Ma esso non può dare prova della sua indistruttibile potenza se non viene applicato in modo creativo, conformemente alle concrete condizioni del paese. Ciò vale anche per le esperienze dei partiti fratelli. Le loro esperienze saranno valide solo se le studiamo per trarne l’essenza e le applichiamo correttamente alle nostre stesse situazioni. Se invece, le assumiamo in blocco per evitare un nostro lavoro, il risultato sarà non solo di portare danno alla nostra attività, ma di far sorgere falsi pregiudizi nei confronti delle valide esperienze dei partiti fratelli. Per quanto riguarda il consolidarsi del Juché, penso che sia necessario menzionare il patriottismo e l’internazionalismo. L’internazionalismo e il patriottismo sono consapevolmente legati l’uno all’altro. Dobbiamo sapere che l’amore dei comunisti coreani per il nostro paese non è in contraddizione con l’internazionalismo della classe operaia, ma è ad esso perfettamente conforme. Amare la Corea significa amare l’Unione Sovietica e il campo socialista; così, amare l’Unione Sovietica e il campo socialista significa amare la Corea. È una totale unità, perché la causa della classe operaia non ha frontiere e la nostra opera rivoluzionaria è una parte dell’opera rivoluzionaria internazionale di tutta la classe operaia. Il solo obiettivo supremo della classe operaia di tutti i paesi è di costruire la società comunista. La differenza, se ce n’è una, consiste nel fatto che esistono paesi più avanzati e altri arretrati. Sarebbe sbagliato incoraggiare solo il patriottismo per trascurare la solidarietà internazionalista. Per la vittoria della rivoluzione coreana e per la grande causa della classe operaia internazionale, dobbiamo rafforzare la solidarietà con il popolo sovietico, nostro liberatore e nostro appoggio, e con i popoli di tutti i paesi socialisti. È per noi un sacro dovere internazionalista. Dal canto suo, il popolo sovietico fa ogni sforzo per rafforzare la sua solidarietà, non solo con i paesi del campo socialista, ma anche con la classe operaia di tutto il mondo, per compiere nello stesso tempo la costruzione del comunismo in ogni paese e il trionfo della rivoluzione mondiale. Il patriottismo e l’internazionalismo sono inseparabili l’uno dall’altro Chi non ama la sua patria, non può essere leale nei confronti dell’internazionalismo, e colui che è infedele all’internazionalismo non può essere fedele alla sua patria e al suo popolo. Un autentico patriota è un internazionalista e un autentico internazionali sta è un patriota. Se nel nostro lavoro ideologico scartiamo tutto ciò che c’è di buono nel nostro paese e non facciamo che imitare e raccontare ciò che viene dall’estero, ciò costituirà certamente un ostacolo per la nostra rivoluzione e ci impedirà di portare a termine correttamente i nostri obblighi internazionali nei confronti della causa rivoluzionaria internazionale». (da Eliminare il dogmatismo e il formalismo e affermare il Juché nel lavoro ideologico, 28 dicembre 1955)

Sulla lotta di classe nel socialismo:
«Nella parte settentrionale della Corea le classi sfruttatrici e tutte le strutture dello sfruttamento sono già state sbaragliate ed è stato instaurato un regime nuovo, socialista; è su questa base che è stata consolidata ulteriormente l’alleanza degli operai e dei contadini ed è stata realizzata l’unità politica e ideologica dell’intero popolo. Nella società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo l’antagonismo e la lotta tra le classi sfruttatrici e le classi sfruttate, tra le classi dirigenti e le classi dirette, si trova alla base dei rapporti sociali, ma nella nostra società, in cui ha trionfato il regime socialista, alla base dei rapporti sociali sono la coesione e la collaborazione tra la classe operaia, i contadini cooperatori e i lavoratori intellettuali, che costituiscono il fondamento dei rapporti sociali. I nostri operai, i nostri contadini e i nostri intellettuali, in virtù della comunanza delle loro situazioni sociali ed economiche, dei loro obiettivi e dei loro interessi, sono diventati compagni intimi, collaborando strettamente tra di loro, e combattono tutti insieme, sotto la direzione del Partito, per il trionfo della causa comunista. L’unità ideologica e politica delle masse popolari, fondata sull’alleanza degli operai e dei contadini, il loro entusiasmo e la loro comune aspirazione alla costruzione del socialismo e del comunismo sotto la direzione del Partito costituiscono la principale forza motrice che dà impulso all’evoluzione della nostra società e anche il fattore decisivo dell’acceleramento della edificazione socialista. È ancora in questa unità che sta la sorgente della nostra invincibile potenza e del monolitismo della nostra società. Evidentemente ciò non significa che non ci siano elementi ostili e lotte di classe al nostro interno. La lotta di classe prosegue anche in regime socialista. La lotta di classe in regime socialista trova la sua espressione innanzitutto nella lotta contro le attività sovversive degli elementi nemici che vengono dall’esterno e delle sopravvivenze delle classi sfruttatrici già rovesciate, così come contro le ideologie reazionarie borghesi e feudali e la loro penetrazione. I nemici fanno di tutto pur di abbattere il nostro sistema socialista e restaurare la loro vecchia posizione. Benché nascosti tra di noi ci siano soltanto pochissimi elementi ostili, dobbiamo raddoppiare la vigilanza contro le loro macchinazioni sovversive e farle a pezzi. In particolare, nelle condizioni di divisione del nostro paese, trovandoci direttamente faccia a faccia con l’imperialismo nordamericano, avanguardia della reazione mondiale, la lotta contro le attività sovversive e sabotatrici del nemico e contro la penetrazione delle ideologie nemiche riveste un’importanza ancora più grande e dobbiamo sempre fare molta attenzione a questa lotta. Per giunta, in regime socialista permangono nella coscienza dei lavoratori i resti della vecchia ideologia, la cui estirpazione è anche una manifestazione di classe, giacché si tratta d’una lotta tra l’ideologia della classe operaia e quella della borghesia. Se indeboliamo la battaglia contro i resti delle vecchie ideologie, può accadere che le idee borghesi e piccolo-borghesi riprendano vita tra i lavoratori e si tratta di idee che non soltanto possono creare grandi ostacoli alla edificazione socialista, ma possono essere anche usate dal nemico nelle sue attività sovversive. Non ci è in alcun modo consentito di indebolire tra i lavoratori la lotta contro le vecchie ideologie; dobbiamo continuare a fare una vigorosa battaglia contro di esse. Ma la lotta contro le sopravvivenze delle vecchie ideologie costituisce un problema da porre fra gli stessi lavoratori che lottano insieme per realizzare il loro comune ideale; costituisce anche un obiettivo che si impone se si vuole educare e rimodellare tutti i lavoratori e condurli fino al comunismo. È per questo che, a differenza della lotta per neutralizzare gli elementi ostili, tale lotta dovrebbe essere condotta, costi quel che costi, con i metodi della persuasione e della educazione degli uomini e il suo scopo deve essere quello di rifondare le loro ideologie e rafforzare maggiormente la loro coesione. Non dobbiamo sottovalutare il pericolo che è rappresentato dalle sopravvivenze della vecchia ideologia, ma non dobbiamo neanche sopravvalutarlo. Oggi nella nostra società non esiste una sorgente socio-economica e materiale che consenta la restaurazione della vecchia ideologia e sono l’ideologia rivoluzionaria marxista-leninista e l’ideologia comunista che predominano fra i lavoratori. È per questo che, se condurremo con perseveranza il lavoro di educazione ideologica fra i lavoratori, potremo sbaragliare le sopravvivenze delle vecchie ideologie».
(da La situazione attuale e i compiti del nostro partito, 5 ottobre 1966)

Sulla sovranità dell’uomo:
«Per un essere umano lo spirito di indipendenza è vitale. Se un uomo lo perde sul piano sociale, non merita più l’appellativo di essere umano e non si distingue più dalla bestia. Si può dire che per l’uomo, in quanto essere sociale, la vita socio-politica è più preziosa della vita fisica. Se, pur continuando a vivere, un uomo si trova socialmente abbandonato e perde la sua indipendenza politica, in quanto persona sociale è come morto. Per questo i rivoluzionari trovano infinitamente glorioso morire nella lotta per la libertà piuttosto che sopravvivere da schiavi. Rinnegare lo spirito di indipendenza equivale a rinnegare l’essere umano stesso. Chi ama vivere asservito? Perché in passato si è lottato per rovesciare il regime feudale e oggi la classe operaia lotta contro il regime capitalistico? Ovviamente perché i lavoratori intendevano sbarazzarsi della schiavitù feudale e perché oggi gli operai vogliono liberarsi dallo sfruttamento e dall’oppressione del capitalismo. Lo scopo della nostra lotta contro l’imperialismo è di liberare completamente la nostra nazione dal suo asservimento, perché essa possa vivere libera da nazione sovrana. In una parola, si può dire che tutte le lotte rivoluzionarie tendono a sopprimere l’asservimento di classe o l’asservimento allo straniero e a difendere la sovranità delle masse popolari. In ultima istanza, lottano per costruire il socialismo e il comunismo, noi intendiamo far sì che gli uomini si liberino da ogni asservimento e conducano una vita indipendente e creativa, da padroni della natura e della società».
(da A proposito di alcuni problemi concernenti le idee del Juché del nostro partito
e la politica interna e estera del governo della Repubblica, 17 settembre 1972)
Proseguiamo ora con Kim Jong Il. Sull’antiumanesimo socialdemocratico:
«La socialdemocrazia moderna parte da una posizione borghese nell’esplicare i fenomeni sociali. Essa auspica una libertà assoluta nella vita sociale ed una concorrenza illimitata attraverso il mercato; ciò significa ammettere la spontaneità, la lotta per l’esistenza e le altre leggi del mondo biologico. È un punto di vista reazionario, una presa di posizione che sottomette la società socialista alla legge della giungla propria della società borghese. La socialdemocrazia del nostro tempo ha rivelato senza riserve la propria natura reazionaria col suo atteggiamento nei confronti dell’essere umano. Essa considera l’uomo come uno strumento per la produzione materiale. La produzione materiale è finalizzata a servire l’uomo, non può costituire la sua ragion d’essere. Per quanto perfezionata, se una macchina non gli serve è solo ferraglia da buttare. Certe persone non esitano però a sacrificare i diritti fondamentali dell’uomo a beneficio della produzione di beni materiali. Citiamo un esempio: la disoccupazione. Se ne servono come mezzo di pressione per accrescere l’intensità del lavoro. Il diritto al lavoro è uno dei diritti essenziali dell’uomo. Un “socialismo” che privi i lavoratori di questo diritto non può essere né umano né democratico. La violazione di questo diritto è propria della società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Agli occhi dei capitalisti l’uomo è solo una merce o un’appendice della macchina. I lavoratori valgono qualcosa solo in ordine al profitto che recano. Il valore dell’uomo è determinato dal denaro e dai beni materiali — è il punto di vista condiviso dalla borghesia e dalla socialdemocrazia del nostro tempo. Essa non considera l’uomo come un essere dotato di coscienza sovrana ma come qualcuno che cerca solo di soddisfare i suoi bisogni materiali immediati. Chi crede solo alla virtù dello stimolo materiale riduce così i rapporti umani al rapporto merce-moneta. Tutto ciò significa semplicemente umiliare l’uomo. La socialdemocrazia moderna non considera l’uomo come un essere potente, dotato di capacità creative, bensì come un essere sottomesso all’imperio dei fatti materiali ed economici. Perciò essa non rintraccia il fattore essenziale dello sviluppo della società nella formazione dell’uomo e nell’estensione del suo ruolo creatore ma nelle condizioni oggettive, e tenta di modificare il sistema economico in vigore».
(da Su alcune questioni relative alle basi ideologiche del socialismo, 30 maggio 1990)
Sulla democrazia borghese:
«Per sua natura, il socialismo presuppone una vera democrazia; non si può dissociare l’uno dall’altra. I socialdemocratici moderni invece li separano parlando di “socialismo democratico”. Auspicano una “democrazia pura”, senza dittatura. Ma non si è mai vista nella storia. Finché continua la lotta di classe, la democrazia conserva il suo carattere di classe e resta associata alla dittatura. Quanto alla democrazia socialista, essa applica la democrazia per le masse e la dittatura sui nemici di classe che la infrangono. Al contrario, la democrazia borghese esercita la democrazia nei confronti di una minoranza di sfruttatori e la più rigorosa delle dittature sulla classe operaia e sugli altri strati popolari. La società capitalistica non è democratica. Il denaro detta legge. Imperversa la legge della giungla, l’ipocrisia e l’inganno sono moneta corrente. Non c’è ombra di democrazia autentica. Le masse sono solo schiave dei capitalisti monopolisti miliardari. Però i socialdemocratici moderni manovrano per adottare la democrazia borghese cercando stupidamente una qualche libertà o democrazia nella società capitalistica. Prova ne sia il loro tentativo d’introdurre il parlamentarismo e il pluripartitismo borghese. Essi non hanno nulla a che vedere con una politica democratica, essendo solo strumenti al servizio della dittatura borghese. I capitalisti si servono dei parlamenti per giustificare lo sfruttamento e l’oppressione crudele delle masse lavoratrici. Se i circoli governativi nei paesi capitalistici inscenano la farsa elettorale, ciò avviene per conferire una parvenza di democrazia al parlamentarismo. Le campagne elettorali che conducono non sono una competizione tra opinioni politiche differenti, ma una lotta di denaro tout court. I capitalisti monopolisti che versano più denaro durante le elezioni, così come i loro sostenitori, finiscono sempre per occupare la maggior parte dei seggi in parlamento. È fuori discussione che un simile parlamento elabori leggi o decisioni rivolte al bene delle masse popolari. L’approvazione di leggi e decisioni da parte sua non è altro che una procedura di pura forma, destinata a legalizzare quel che è già stato convenuto all’esterno tra i capitalisti monopolisti e i loro sostenitori. Lo stesso dicasi del pluripartitismo borghese. Nella società capitalistica le classi sfruttatrici e le classi sfruttate sono in rapporti antagonistici, e nel seno stesso delle prime esistono interessi contrapposti; riflettendo questi rapporti sociali, fanno la loro comparsa partiti politici di diverse risme che danno luogo al pluripartitismo. Sono invece i grandi capitalisti monopolisti che tirano le fila della politica. Questo sistema borghese serve a mascherare la natura reazionaria della dittatura borghese, a travestirla e ad abbellirla. Ma non appena il parlamentarismo e il pluripartitismo, ancorché di pura forma, intralciano il mantenimento del loro dominio, gli imperialisti li ripudiano immediatamente nel passaggio all’aperto dominio fascista. L’adozione di questi sistemi borghesi da parte dei socialdemocratici moderni che chiudono gli occhi sulla loro natura reazionaria porta ai popoli solo sofferenze, e non la democrazia. È la coalizione dei partiti politici reazionari di ogni sfumatura, non il partito della classe operaia, che occupa la maggioranza dei seggi in parlamento grazie al pluripartitismo e all’“elezione libera”. Approfittando delle “libere elezioni”, molti elementi ostili e parassiti politici si sono intrufolati nel parlamento, camuffati da “amici del popolo”. Così in parecchi paesi che hanno adottato questi sistemi il capitalismo è stato restaurato e il popolo si trova in balìa di sciagure e sofferenze d’ogni tipo, privato delle proprie libertà e dei propri diritti politici. La storia insegna: non bisogna che ci facciamo illusioni sulla democrazia borghese, ma che seguiamo la strada della democrazia socialista».
(da Il nostro socialismo è un socialismo originale, fondato sulle idee del Juché, 27 dicembre 1990)
Sulle accuse di totalitarismo:
«In origine il totalitarismo fu la concezione politica dei dittatori fascisti. I famosi dittatori Hitler e Mussolini lo utilizzarono come arma ideologica per giustificare la dittatura fascista. Essi lanciarono lo slogan ingannevole del “socialismo nazionale” e, con la pretesa che la difesa della totalità della nazione e della totalità dello stato non dovesse lasciare il minimo spazio al movimento operaio e alla lotta di classe, negarono alle masse popolari anche le libertà e i diritti democratici più elementari e praticarono una politica dispotica di una barbarie inaudita. La natura reazionaria del totalitarismo si esprime nel fatto che, col pretesto che ogni individuo è chiamato a obbedire alla totalità, gli interessi delle masse lavoratrici vengono sacrificati alla cupidigia della classe dominante reazionaria. Quanto alla totalità di cui trattasi, essa non rappresenta le masse popolari ma, al contrario, le minoranze privilegiate dei capitalisti monopolisti e dei grandi proprietari terrieri, i grandi burocrati reazionari e le élites militari. Far passare il regime socialista, in cui le masse popolari sono padrone di ogni cosa, per un “regime totalitario” non è che un sofisma, perché significa porre le idee più progressiste, che riflettono gli interessi delle masse, allo stesso livello delle idee reazionarie dei ceti dirigenti fascisti. […] Denigrare la vita nuova, socialista, in base a parametri obsoleti, già messi in soffitta dalla storia, è un’operazione di assai breve respiro. Valori nuovi possono essere valutati soltanto con criteri nuovi. La realtà conferma sempre più chiaramente che quanti propugnano il ritorno all’antico non hanno un nuovo modo di pensare. È ridicolo che si parli di nuovo modo di pensare quando non si riesce nemmeno a distinguere il collettivismo dal totalitarismo; è soltanto un modo di nascondersi, falsificando le realtà del socialismo e applicando, per restaurare il capitalismo, mentalità e criteri che hanno fatto il loro tempo».
(da Le calunnie contro il socialismo sono inaccettabili, Kulloja, 1º marzo 1993)
Sulla “libertà di pensiero” nel capitalismo:
«In qualunque società la classe dirigente cerca di realizzare il dominio incontrastato della sua ideologia. Nel capitalismo, società divisa in classi e in cui gli interessi degli uni e degli altri sono di natura antagonistica, è escluso che regni una sola ideologia; è inevitabile che coesistano diverse ideologie. Gli imperialisti e i loro apologeti parlano clamorosamente di questa coesistenza di diverse ideologie, come se fosse motivo d’orgoglio per il “mondo libero”, pretendendo di vedervi come un’espressione della “libertà” di pensiero. Tuttavia nella società capitalistica, in cui mezzi di propaganda come le case editrici, le agenzie di stampa, le radio e il sistema scolastico sono nelle mani dei capitalisti monopolisti e dei governanti reazionari, non può esserci uno sviluppo libero delle idee progressiste. La classe dirigente reazionaria borghese tollera in una certa misura le idee progressiste per abbellire la società capitalistica con i colori della democrazia, ma le perseguita senza pietà non appena costituiscono, ai suoi occhi, la minima minaccia per il proprio sistema di dominio. La società capitalistica sembra tollerare diverse ideologie, ma queste correnti ideologiche d’ogni risma che la sommergono sono solo le forme e le espressioni differenti dell’ideologia borghese. La “libertà” di pensiero di cui rumorosamente parlano gli imperialisti non è che uno slogan ingannevole per ammantare di “libertà” i loro tentativi di soffocare le idee progressiste e di propagare in tutti i modi le idee reazionarie borghesi nella società capitalistica, uno slogan menzognero per giustificare la loro penetrazione ideologica e culturale negli altri paesi. Soltanto nella società socialista, senza sfruttamento e oppressione e libera da ogni contraddizione di classe, tutti possono impregnarsi di un unico ideale, grazie all’identità dei propri obiettivi, delle proprie aspirazioni e dei propri interessi, e una siffatta società può raggiungere l’unità ideologica. Le idee socialiste sono scientifiche perché riflettono la natura sovrana dell’uomo e indicano la via che porta all’emancipazione delle masse popolari, ed è naturale che queste le accettino e le assimilino. Se le fanno proprie, esse sono in grado di plasmare il loro destino in totale indipendenza e in modo creativo e di portare a compimento l’opera socialista. Gli imperialisti e i traditori del socialismo denigrano il lavoro di formazione ideologica che si svolge nella società socialista accusandolo di “conformismo” o di “lavaggio del cervello”. È un’assurda invenzione funzionale all’opera di denigrazione del socialismo, è un sofisma per giustificare la natura menzognera e reazionaria della propaganda borghese. Le idee socialiste trasformano le masse popolari in esseri sovrani, provvisti di coscienza ideologica indipendente e di capacità creative, mentre le idee reazionarie borghesi le riducono a docili schiavi del capitale, ad esseri mutilati sul piano ideologico e mentale. Nella società capitalistica — sotto il dominio reazionario borghese e il regno del capitale sfruttatore ed oppressore — lo spirito sovrano delle masse popolari viene oppresso, le loro aspirazioni e le loro rivendicazioni vengono inesorabilmente calpestate, la loro intelligenza creativa e i loro talenti vengono frenati e deformati. Gli imperialisti e i reazionari si servono di menzogne e violenze d’ogni tipo per paralizzare la loro facoltà di pensare in modo sano, per diffondere l’ideologia reazionaria borghese e il corrotto stile di vita borghese nel loro seno. A rigor di termini, trattasi di una repressione ideologica che ostacola l’evoluzione spirituale indipendente dell’uomo, nonché di criminali tentativi di lavaggio del cervello per imporre le idee reazionarie».
(da Dare la priorità al lavoro ideologico è l’imperativo dell’opera socialista, 19 giugno 1995)
Sulla globalizzazione:
«Sono gli imperialisti, e non i comunisti, che si oppongono al nazionalismo e allo sviluppo indipendente delle nazioni. Gli imperialisti tramano subdolamente per realizzare la loro ambizione di dominio in nome della “globalizzazione” e dell’“integrazione”. Sostengono che l’edificazione di Stati nazionali sovrani, l’amore per la patria e per il paese siano “pregiudizi nazionali retrogradi” e che la “globalizzazione” e l’“integrazione” siano la tendenza dell’epoca, in quanto la scienza e la tecnica si sviluppano a ritmo accelerato e gli scambi economici avvengono su scala mondiale. Ai giorni nostri ogni paese o nazione plasma il proprio destino con le sue idee, il suo regime e la sua cultura, escludendo l’“integrazione” politica, economica, culturale e ideologica del mondo. La “globalizzazione” e l’“integrazione” promosse dagli imperialisti statunitensi sono il mondo “libero” e “democratico” di stampo americano in cui potranno dominare e soggiogare tutti i paesi e le nazioni. Viviamo nell’epoca dell’indipendenza. La storia dell’umanità avanza con la lotta per l’emancipazione delle masse popolari, non sotto l’impulso delle mire egemoniche e della politica aggressiva degli imperialisti. Le manovre degli imperialisti sono votate alla sconfitta attraverso la lotta per l’indipendenza sostenuta dai popoli».
(da Per una giusta percezione del nazionalismo, 26-28 febbraio 2002)
Infine, chiudiamo con Kim Jong Un.
«La pace è assai preziosa per il nostro popolo, ma non si può ottenerla con semplici buoni sentimenti o suppliche. Finché le torbide nubi della guerra nucleare contro di noi seguiteranno ad aleggiare sulla penisola coreana, non potremo minimamente accettare di rimanere a braccia conserte. Difenderemo con passo deciso la sovranità del paese, la pace e la dignità della nazione usando la nostra grande forza autodifensiva».
Sulla deterrenza nucleare:
«I recenti tragici avvenimenti occorsi in vari paesi dimostrano che un paese privo di forza non può preservare la sua sovranità e la sua dignità nazionale né garantire felicità e prosperità al popolo. Non dobbiamo mai dimenticare gli insegnamenti dei paesi della penisola balcanica e del Medio Oriente che, guardando ai grandi paesi, hanno trascurato di dotarsi d’un potenziale difensivo sufficiente e poi, cedendo alle pressioni e alla seduzione degli imperialisti, hanno rinunciato anche a conservare il proprio deterrente, finendo per essere vittime dell’aggressione. […] Le nostre forze armate nucleari sono un deterrente affidabile e la garanzia della salvaguardia della sovranità della nazione. La guerra fredda è persistita su scala mondiale per quasi settant’anni dopo la comparsa dell’arma nucleare nel mondo, e numerose guerre grandi e piccole hanno imperversato in parecchie regioni, ma i paesi detentori di armi nucleari non hanno subìto alcuna aggressione militare. Finché saremo provvisti della capacità sufficiente a lanciare un preciso attacco con armi nucleari contro l’aggressore e il focolaio d’aggressione ovunque si trovino sul globo terrestre, l’aggressore non oserà agire; più la capacità d’attacco nucleare sarà grande e potente, più potrà dissuadere l’aggressore. Dobbiamo in particolar modo sviluppare senza sosta le nostre forze armate nucleari sia in quantità che in qualità soprattutto perché abbiamo a che fare col più grande detentore di armi nucleari al mondo, gli Stati Uniti, ed essi fanno pesare una minaccia nucleare permanente su di noi. Grandi forze armate nucleari sono il pegno della pace, della ricchezza, della potenza, della prosperità e della vita felice del popolo». (dal Rapporto alla sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, 31 marzo 2013)
Sulla lotta ideologica nel nuovo millennio:
«La lotta per la salvaguardia del socialismo dev’essere un’offensiva chiamata, sul piano esterno, a neutralizzare politicamente e ideologicamente gli imperialisti che intendono sbarrarci la strada e, sul piano interno, a spazzare via le pratiche non socialiste così come l’ideologia e la cultura decadente con l’ideologia e la cultura rivoluzionaria. Gli addetti al lavoro ideologico devono condurre un’efficace guerra per mezzo della stampa e della radio, sia per rendere nota la pertinenza della nostra ideologia e della nostra causa che per mettere a nudo le debolezze come pure la perfidia degli imperialisti e privarli così di ogni forza. Dovremo produrre un maggior numero di missili ideologici per poter assestare un colpo mortale al nemico ed infondere al nostro esercito e al nostro popolo una fede irriducibile nella vittoria. Allo stesso tempo dovremo calare una doppia, anzi tripla “zanzariera” per impedire che nel nostro paese si infiltri il veleno capitalista che il nemico tenta sempre d’inoculare e prendere l’iniziativa di un’operazione per sventare le manovre di penetrazione ideologica e culturale degli imperialisti. In origine le masse popolari rifiutano per natura l’ideologia e la cultura borghese che predicano l’onnipotenza del denaro e la legge della giungla. Dovremo creare e diffondere un maggior numero di opere letterarie ed artistiche, di articoli, di materiali redatti di nostra mano, sani e rivoluzionari, che esprimano i bei sogni e ideali delle masse popolari e facciano sentire il fascino della nostra nazione, in modo che il pubblico volti le spalle all’ideologia e alla cultura borghese di sua spontanea volontà. Dato che gli imperialisti fanno un uso fraudolento delle più recenti conquiste scientifiche e tecniche dell’umanità per diffondere su vasta scala l’ideologia e la cultura reazionaria, dobbiamo prendere misure decisive per fare di Internet un campo di diffusione della nostra ideologia e della nostra cultura».
(da Anticipiamo la vittoria finale con un’offensiva ideologica rivoluzionaria, 25 febbraio 2014)
Sulle manovre degli imperialisti:
«Con la scusa della “democrazia” e della “guerra al terrorismo”, gli Stati Uniti fanno ricorso all’aggressione, interferiscono negli affari degli altri paesi e si abbandonano a massacri in tutto il mondo. La tanto sbandierata democrazia di stampo americano è una democrazia reazionaria che consacra l’oppressione e lo sfruttamento della gente povera e priva di diritti da parte di un pugno di ricchi e potenti. È una democrazia di natura aggressiva che autorizza la superpotenza ad opprimere e dominare a piacimento gli altri paesi. Quanto alla “guerra al terrorismo” sostenuta dagli Stati Uniti, essa è in realtà un terrorismo di Stato che prende di mira i paesi di tendenza antiamericana e una nuova variante della guerra d’aggressione. […] Bisogna raddoppiare la vigilanza nei confronti delle manovre machiavelliche cui gli imperialisti fanno ricorso in nome della “difesa dei diritti umani” e della “globalizzazione”. Col fallace pretesto della “difesa dei diritti umani”, essi interferiscono brutalmente negli affari interni di Stati sovrani, violando e annientando così la sovranità degli altri paesi e nazioni. Chi dice diritti dell’uomo dice potere statale e sovranità del paese e della nazione; i veri diritti umani sono anzitutto garantiti dalla politica indipendente dello Stato. I paesi e i popoli progressisti del mondo devono sventare la campagna degli imperialisti in tema di “diritti umani” e svelare al mondo intero la vera natura criminale degli Stati Uniti e dei loro seguaci e i crudeli atti di violazione dei diritti dell’uomo commessi da coloro che hanno provocato la più grave crisi dei rifugiati nella storia. Per quanto attiene alla “globalizzazione”, essa rientra nella strategia egemonica mondiale degli imperialisti che cercano di realizzare senza sforzi la loro ambizione di supremazia imponendo i valori di stampo americano. Tutti i paesi e le nazioni che tengono all’indipendenza devono aderire allo spirito del Juché e all’identità nazionale, senza nutrire speranze e illusioni nei confronti del doppio gioco e dell’ingannevole “aiuto” degli imperialisti».
(dal Rapporto sull’attività del Comitato Centrale al VII Congresso
del Partito del Lavoro di Corea
, 6-7 maggio 2016)
16. Questo paragrafo è curato da Francesco Alarico della Scala che ha curato personalmente molte traduzioni da testi in lingua francese. Per le citazioni e le opere dei leader coreani si rimanda agli innumerevoli opuscoli e volumi di Kim Il Sung stampati dagli Editori Riuniti per conto dell’Associazione italiana per i rapporti culturali con la Repubblica popolare democratica di Corea, in particolare a Opere scelte, 5 voll., 1974-75; a Il Juché della nostra rivoluzione, 2 voll., 1976-80; alle memorie, Attraverso il secolo, 2 voll., Roma, 2005; a A.V., Scritti scelti sul socialismo coreano, Edizioni Simple, 2013; a Kim Jong Il, Sul socialismo coreano, Edizioni Laboratorio Politico, 1994; nonché alle edizioni inglesi della Foreign Languages Publish House di Pyongyang: Kim Jong Il, Selected Works, 9 voll., 1997-2014; Kim Jong Un, Towards final victory, 2013; For building a thriving nation, 2016; Report to the Seventh Congress of the Workers' Party of Korea on the work of the Central Committee, 2016. Sul web si rimanda soprattutto a Korean-books.com.kp, Kass.org.kp, Juche.v.wol.ne.jp e, in lingua italiana, a Jucheitalia.it.

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