26 Aprile 2024

13.1. LA LOTTA ARMATA DEL COMUNISTA NELSON MANDELA

«Unitevi! Mobilitatevi! Lottate!
Tra l'incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l'apartheid!»
(Nelson Mandela, messaggio dal carcere, pubblicato sul Manifesto dell'ANC il 10 giugno 1980)75

Di seguito un breve estratto dall'autobiografia di Nelson Mandela (Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013), interessante per capire alcuni aspetti della cultura politica del leader che ha posto fine all'apartheid:
«A me, che non ero mai stato soldato, che non avevo mai combattuto in battaglia, che non avevo mai sparato sul nemico, venne affidato il compito di reclutare un esercito. Sarebbe stato un compito gravoso per un generale veterano, figuriamoci per un politico digiuno di cose militari. Il nome della nuova organizzazione fu Umkhonto we Sizwe (La lancia della nazione), o per brevità MK. La lancia fu scelta come simbolo perché con quella semplice arma gli africani avevano resistito per secoli alle incursioni dei bianchi. Benché nell’esecutivo dell’Anc non fossero ammessi i bianchi, l’MK non era soggetto a simili restrizioni. Reclutai immediatamente Joe Slovo, e assieme a Walter Sisulu formammo l’Alto comando con me come presidente. Tramite Joe, mi assicurai la collaborazione dei bianchi del Communist Party che avevano già optato per la linea dura e avevano già compiuto atti di sabotaggio come tagliare le linee di comunicazione telefoniche del governo. […] Il nostro compito era quello di intraprendere azioni violente ai danni dello stato – precisamente quali non avevamo ancora deciso. Era nostra intenzione cominciare con gesti che danneggiassero lo stato il più possibile, senza pregiudizio per le persone. Cominciai nell’unico modo che sapevo: leggendo e parlando con gli esperti. Cercavo di capire quali fossero le condizioni di base per avviare un processo rivoluzionario. Scoprii che c’era grande abbondanza di scritti in materia, e lessi tutto quello che riuscii a trovare in merito alla lotta armata e in particolare alla guerriglia. Volevo capire quali fossero le condizioni più favorevoli per la guerriglia; come si dovesse formare, addestrare, e mantenere un esercito guerrigliero; di quali armi dovesse essere dotato; dove si sarebbe procurato le forniture: tutti questioni elementari e di base. Ero interessato a ogni tipo di fonte. Lessi il resoconto di Blas Roca, segretario generale del Partito comunista cubano, sugli anni in cui il partito era illegale durante il regime di Batista. In Commando, di Deneys Reitz, trovai le tattiche di guerra non convenzionali dei generali boeri durante la guerra anglo-boera. Lessi opere di e su Che Guevara, Mao Tse-tung, Fidel Castro. Nel brillante libro di Snow Stella rossa sulla Cina scoprii che erano stati la sua determinazione e il suo pensiero non tradizionale a condurre Mao alla vittoria. Leggendo La rivolta, di Menachem Begin, fui incoraggiato dal fatto che i leader israeliani avevano condotto la guerriglia in un paese privo di montagne e di foreste, com’era anche il nostro. Ero ansioso di apprendere altro sulla lotta del popolo etiope contro Mussolini, e sugli eserciti guerriglieri del Kenya, dell’Algeria e del Camerun. Indagai nel passato del Sudafrica. Studiai la storia del paese sia prima sia dopo la venuta dei bianchi. Trovai notizie sulle guerre degli africani contro gli africani, degli africani contro i bianchi, dei bianchi contro i bianchi. […] Il 26 giugno 1961, nell’anniversario del Freedom Day, inviai ai giornali sudafricani una lettera dalla clandestinità, che elogiava la popolazione per il coraggio dimostrato durante la recente astensione e lanciava un ennesimo appello per la convocazione di un’assemblea costituente. Inoltre proclamai che avremmo indetto una campagna nazionale di non-cooperazione se lo Stato avesse rifiutato di convocare l’assemblea. Ecco alcune parti della mia lettera: “Sono informato che è stato emesso nei miei confronti un mandato di cattura e che la polizia mi sta cercando. Il Consiglio d’azione nazionale ha analizzato seriamente la questione in tutti i dettagli… e mi ha consigliato di non costituirmi. Ho accettato quel consiglio e non mi consegnerò a un governo che non riconosco. Qualsiasi politico serio si renderà conto che nelle condizioni in cui versa attualmente il paese, cercare di abbassare il prezzo del martirio consegnandomi alla polizia sarebbe ingenuo e criminale… Ho scelto questa linea d’azione, che è più difficile e comporta rischi e sofferenze maggiori che starsene tranquilli in prigione. Ho dovuto separarmi dalla mia amata moglie e dai miei figli, da mia madre e dalle mie sorelle, per vivere da fuorilegge nel mio paese. Ho dovuto cessare la mia attività, abbandonare la mia professione, e vivere poveramente come succede a molti del mio popolo… Combatterò il governo al vostro fianco, minuto per minuto, anno per anno, fino alla vittoria. Che cosa intendete fare? Vivere con noi o collaborare con il governo nel tentativo di soffocare le richieste e reprimere le aspirazioni del vostro popolo? Intendete essere muti e neutrali in una questione di vita o di morte per la mia gente, per la vostra gente? Da parte mia ho fatto una scelta: non lascerò il Sudafrica e non mi arrenderò. Solo attraverso la sofferenza, il sacrificio e l’azione militante potremo conquistare la libertà. La lotta è la mia vita. Continuerò a combattere per la libertà fino alla morte”».76

Quando Mandela è morto, il SACP ha pubblicato il seguente comunicato:
«Al suo arresto nell’agosto del 1962, Nelson Mandela non era solo un membro dell’allora clandestino South African Communist Party, ma era anche un membro del Comitato Centrale del nostro partito. Per noi comunisti sudafricani, il compagno Mandela simboleggerà sempre il contributo monumentale del SACP nella nostra lotta di liberazione. Il contributo dei comunisti nella lotta per ottenere la libertà sudafricana ha ben pochi paralleli nella storia del nostro paese. Dopo il suo rilascio dal carcere nel 1990, il compagno Madiba è diventato un grande e stretto amico dei comunisti fino ai suoi ultimi giorni».
Le dichiarazioni del SACP sono state confermate poi dall'ANC. In precedenza ogni affiliazione di Mandela al partito comunista era stata respinta per ragioni politiche. A inizio anni '60 infatti c’era stata un’enorme offensiva da parte dell’oppressivo regime dell’apartheid contro i comunisti e per attaccare l'ANC la si bollava semplicisticamente come un’organizzazione comunista al soldo di Mosca. Inoltre quando nel 1990 Nelson Mandela è rilasciato dalla prigione, l’Unione Sovietica è un sistema in crisi che si sta sgretolando: non proprio un modello di moda da sbandierare; si comprende la negazione tattica di ogni appartenenza al Partito comunista del futuro primo Presidente nero sudafricano eletto nel 1994.77
75. Citato in Redazione Il Messaggero, Nelson Mandela, 95 anni, il padre della lotta all'Apartheid, Il Messaggero (web), 23 giugno 2013.
76. N. Mandela, Il mio lungo cammino verso la libertà, Feltrinelli-Controlacrisi.org, Milano 1995.
77. R. Plantera, Mandela fu comunista, Il Manifesto, 10 dicembre 2013.

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