28 Aprile 2024

11. L'ECUADOR DALLA MISERIA ALL'ALBA

Il caso dell'Ecuador è interessante perché offre un'altra casistica delle tattiche della CIA, capace di creare «finte organizzazioni di sinistra che condannavano la povertà, le malattie, l'analfabetismo, il capitalismo e gli Stati Uniti in modo da attirare i militanti impegnati e il loro denaro lontano dai legittimi movimenti di sinistra».
L'Ecuador all'inizio degli anni '60 è tra i paesi più poveri dell'America Latina, con un 1% della popolazione sui livelli di vita delle classi più abbienti statunitensi e i due terzi della popolazione che se la deve sbrogliare con 10 dollari al mese.
In questo contesto nel settembre 1960 va al potere José Marìa Velasco Ibarra, un liberale populista, sicuramente non socialista, che però entra nel mirino dagli USA per la propria ostinazione a non voler perseguitare i comunisti e rompere le relazioni con Cuba. Per distruggerlo la CIA si ingegna: infiltra agenti in quasi tutte le organizzazioni politiche presenti, «dall'estrema destra all'estrema sinistra, spesso ai più alti livelli», cercando di convincere i giovani a lottare «contro l'appoggio a Cuba e contro l'antiamericanismo». Le destre invece sono viste come alleate da «istigare e coordinare» per le proprie esigenze.
Da notare che «se in un qualsiasi momento sembrava non esistesse un movimento adatto a un particolare scopo, allora lo si creava». Vengono create dal nulla organizzazioni civiche, leghe anticomuniste ma anche organizzazioni sindacali, per attirare gli elementi meno coscienti della classe operaia e contadina. Naturalmente si utilizzano i canali mediatici controllati per diffondere false notizie e propaganda anticomunista, che escono sui giornali con editoriali non firmati.
Si riesce infine a corrompere politici e a infiltrarsi nelle massime istituzioni del paese: «a un certo punto, la CIA contava fra queste persone la seconda e la terza carica istituzionale del paese». Velasco e i ministri con simpatie di sinistra vengono sistematicamente denigrati e si gioca tra i contadini molto religiosi la carta del «comunismo ateo» per erodergli ulteriori consensi. A tal riguardo l'apice è l'organizzazione di «attentati contro chiese o movimenti di destra» facendoli «passare per opera della sinistra». Oppure gli agenti infiltrati «marciavano nei cortei di sinistra portando striscioni e urlando slogan di natura antimilitarista e molto provocatoria, pensati per istigare l'antagonismo contro le forze dell'ordine e accelerare un colpo di Stato». Dopo cotante manovre tipiche della guerra psicologica nel novembre 1961 i militari «passarono all'azione» e «Velasco fu costretto a dimettersi». Il presidente che ne prende il posto è Carlos Julio Arosemana, a libro paga della CIA. Ciononostante neanche lui va a genio a Washington, vista la sua ostinazione a non voler rompere le relazioni con Cuba. Nel marzo del '62, su pressioni di una guarnigione militare guidata dal colonnello Aurelio Naranjo (anch'egli pagato dell'agenzia) è costretto a rompere i rapporti diplomatici con Cuba, Polonia e Cecoslovacchia, oltre che a cacciare un ministro del Lavoro troppo di sinistra. Scoppia allora spontaneamente un piccolo movimento di guerriglia, male organizzato e infiltrato, che viene sedato in fretta, venendo anzi sfruttato per un'ulteriore propaganda: «nelle cronache della stampa la piccola banda lievitò a centinaia di effettivi; non solo armati fino ai denti, ma con armi provenienti da “fuori il paese” (leggi Cuba), e un piano completo attentamente deciso il mese precedente al congresso del Partito Comunista». L'11 luglio un nuovo golpe caccia Arosemana e insedia una giunta militare che come primo atto mette il comunismo fuorilegge. Seguono rastrellamenti e arresti facilitati da liste fornite dalla CIA. Per tutto il periodo dei disordini Cuba ha denunciato costantemente le azioni degli USA ma sui giornali statunitensi non si trova traccia del fatto che «la CIA o qualsiasi altro braccio del governo statunitense avessero giocato un qualsivoglia ruolo in uno degli eventi che si erano verificati».82 Negli anni seguenti l'Ecuador avrebbe visto susseguirsi una svariata serie di altri colpi di Stato, dittature militari e governi liberisti, una riforma costituzionale (1979) e varie crisi economiche e istituzionali (in particolar modo nel decennio 1997-2006). È rilevante l'esperienza di governo di Rafael Correa Delgado (2007-2017), candidato di sinistra che si caratterizza presto per un orientamento deciso e antimperialista, portando l'Ecuador nell'alleanza democratica e progressista dell'ALBA.
Appena salito al potere, il paese, nonostante sia il primo esportatore di banane nel mondo ed il quinto di petrolio in America Latina, ha un indice di povertà fra i più alti del continente, che ricade sul 72% della popolazione e un debito estero tra i più alti della regione, con tassi d'interesse del 12%. In effetti nel periodo 1982-2006 il debito estero non fa altro che lievitare. Le leggere “correzioni” derivanti da diverse cancellazioni e rinegoziazioni non riescono ad arginare la sua vertiginosa ascesa, da 241 miliardi di dollari a 17.000 miliardi di dollari nel 2006.
Correa si trova una situazione in cui Quito utilizza il 40% del bilancio pubblico per pagare gli interessi sul debito mentre la quota di investimenti dedicata a sanità e istruzione è ridotta al 15%. Ciò nonostante che il 65% dei suoi 14 milioni di abitanti sia analfabeta. A riguardo il governo di Correa ha lanciato una campagna d’alfabetizzazione di massa con l’aiuto del metodo cubano “Yo, Si Puedo”, (“Io, Si! Posso”). Tutto ciò è stato però reso possibile dall'aver messo in discussione il pagamento del debito pubblico, con la creazione della “Comisión para la Auditoría Integral del Crédito Público” (CAIC). Sulla base dei risultati della verifica, l’Ecuador rinegozia il pagamento del debito estero, decidendo di non provvedere al pagamento di quei debiti contratti in maniera fraudolenta, da cui il popolo non ha avuto alcun beneficio, e intraprendere azioni legali contro i responsabili dell’indebitamento. Il paese è tornato ad investire su beni di base come strade, energia, porti, infrastrutture in generale che hanno dinamizzato l'economia, cresciuta nel 2011 del 8% con un indice fra i più alti dell'America Latina, nonostante le pressioni esterne negative (diminuzione del credito internazionale, variazioni del prezzo del petrolio, diminuzione delle rimesse degli emigrati). Nel 2015 si sono potuti constatare i risultati di questa tattica: grazie alla crescita economica e a una gestione responsabile delle finanze, il debito pubblico in rapporto al PIL è sceso al livello più basso nella storia.83
Tutto ciò non è avvenuto facendo piacere agli USA, come spiega il Granma nel 201484:
«Il presidente Rafael Correa ha avvertito che le dette guerre della quarta Generazione sono uno dei maggiori pericoli che deve affrontare la Rivoluzione Cittadina in marcia in Ecuador dal suo arrivo al potere, nel 2007. “La partitocrazia, più volte sconfitta e dispersa, ha nuovi e più sottili strumenti di destabilizzazione e vandalismo e questa è quella che si chiama ‘guerra di quarta generazione”, ha detto Correa durante la nomina di nuovi membri del suo gabinetto. In accordo con Correa, i protagonisti di questa strategia sono i mezzi di comunicazione all’opposizione e le Organizzazioni Non Governative – ONG – che utilizzano belle coperture, come la parola “libertà”. “Dobbiamo vedere bene il ruolo che giocano i mezzi di comunicazione, monopoli della destra, i maggiori difensori dello status quo”, ha segnalato Correa, che ha assicurato che molti personaggi all’opposizione esistono solo grazie alla stampa contraria al suo governo. Il presidente ha anche criticato la proliferazione delle ONG ed ha affermato che queste entità non cercano altro che la continuazione del neo liberismo nella dimensione dei diritti e del politiche pubbliche. “È chiaro che non abbiamo ancora superato questo neoliberismo e inoltre una certa sinistra confusa crede in questo ‘ongicismo’ e in questo modo lo rinforzano”, ha dichiarato. “Quello che cercano è minimizzare lo Stato; quello che cercano è che noi si vinca le elezioni, ma che siano loro a governare”».
82. W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 230-234.
83. Fonti usate: H. López Blanch, Ecuador, il Che illumina ancora le Ande, Rebelion.org-CCDP, 5 ottobre 2007; Enciclopedia De Agostini, Ecuador, Sapere.it; C. Játiva, Ripudio del debito: l’Ecuador è riuscito a imporsi sulla debitocrazia, Albainformazione.com, 19 luglio 2015; E. Sader, Quinto Anniversario della Rivoluzione Cittadina, Rebelion.org-CCDP, 20 gennaio 2012.
84. N. Marin, Ecuador: Correa avverte contro le guerre di quarta generazione, Granma (web), 1 aprile, 2014.

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