28 Aprile 2024

17. LA RIVOLUZIONE BOLIVARIANA DEL VENEZUELA DI CHAVEZ

«Mi convinco ogni giorno di più, non ho più alcun dubbio nella mia mente, e come molti intellettuali hanno detto: è necessario andare oltre al capitalismo. Tuttavia, il capitalismo non può essere superato nel quadro del capitalismo stesso, ma per mezzo del socialismo, il vero socialismo, con l’uguaglianza e la giustizia. Io sono convinto che questo si può realizzare in modo democratico – ma non con il genere di democrazia imposta da Washington». (Hugo Chàvez)140
La storia del Venezuela è molto simile a quella degli altri paesi della regione: nel 1908 si impone come presidente Juan Vicente Gómez, «un dittatore spietato, che lasciò il campo libero ad alcune compagnie petrolifere straniere (statunitensi, britanniche e olandesi)». Da notare che nel 1928 il Venezuela è il secondo produttore mondiale di petrolio. Da allora nessuno ha messo in discussione il privilegio accordato agli imperialisti occidentali. In un turbinìo di colpi di Stato, interventi militari tesi a stroncare i governi riformisti, brevi momenti di guerriglia popolare e un ricambio fittizio tra forze politiche più o meno moderate, il paese ha attraversato la Guerra Fredda in maniera più anonima di altre nazioni. La repressione, pur non raggiungendo le cifre drammatiche di altri paesi della regione, è comunque notevole: durante 40 anni, dal 1958 a 1998, dai governi di Acción Democratica (di centrosinistra) a quelli di Copei (centrodestra) che governano nel periodo in questione, vi sono in base ai dati degli archivi militari e della polizia 10.071 vittime della repressione: 1425 omicidi, 459 sparizioni forzate e 8.187 detenzioni arbitrarie. In gran parte si tratta di studenti e operai non qualificati tra i 24 e i 29 anni di età.141
Tutt'altra musica con l'avvento della rivoluzione bolivariana guidata da Chavez (Sabaneta, 28 luglio 1954 – Caracas, 5 marzo 2013). Lasciamo la parola a Federico La Mattina142:
«I quattordici anni di governo chavista hanno segnato una cesura profonda nel panorama politico latino-americano. Hugo Chávez, presidente del Venezuela eletto democraticamente per quattordici anni consecutivi ( arrestato dalla morte prematura), ha svolto un indiscusso ruolo propulsivo nei processi di integrazione regionale volti a svincolare l’America Latina dalle ingerenze statunitensi, in una prospettiva di multipolarità negli equilibri mondiali; si è opposto fermamente alle politiche neoliberiste, riaffermando il ruolo dello Stato nell’economia, portando avanti politiche sociali che hanno ridotto drasticamente la povertà in un paese duramente provato dal Washington Consensus. In occasione del World Social Forum del 2005 ha rilanciato un progetto di trasformazione della società in senso socialista – il Socialismo del siglo XXI –, definendo chiaramente la bussola politica della rivoluzione bolivariana. L’ascesa politica (culminata nella prima vittoria elettorale del 1998) di un uomo che prospettava un radicale rinnovamento politico unito ad ambiziose rivendicazioni sociali ha avuto senza dubbio una straordinaria portata rivoluzionaria negli anni in cui in Occidente si decantava la “fine della storia” e in Sudamerica le politiche neoliberali disseminavano povertà. Hugo Chávez è divenuto popolare in Venezuela dopo il 1992, anno in cui insieme ad un gruppo di ufficiali tentò un golpe senza però riuscire nel suo intento; decise quindi di arrendersi pubblicamente. Prima di allora era praticamente sconosciuto. In Venezuela vi era una forte insofferenza nei confronti dei due principali partiti politici che si sono alternati nei primi quarant’anni di democrazia venezuelana (Acción Democrática di orientamento “socialdemocratico” e il COPEI, democristiano), il malcontento e la povertà erano alle stelle. Chávez uscì dal carcere nel 1994, la sua popolarità andò aumentando sempre di più, nel 1997 fondò il Movimiento Quinta República e nel 1998 vinse le elezioni presidenziali con il 56.2% dei voti. Da quel momento in poi Hugo Chávez o la sua agenda politica sono stati ripetutamente confermati in numerose consultazioni elettorali, per ultime le elezioni regionali tenutesi il 12 dicembre 2012, in occasione delle quali il Partido Socialista Unido de Venezuela ha trionfato in venti stati su ventitré. Due mesi prima, il 7 ottobre, Chávez aveva vinto le elezioni presidenziali contro Capriles Radonski per il mandato presidenziale 2013-2019. Per comprendere le ragioni di una così grande insofferenza nei confronti dei due partiti storici (e quindi per comprendere le ragioni del successo di Chávez), è necessario fare un salto indietro alla fine degli anni ottanta, in particolare nel febbraio del 1989, quando Caracas venne sconvolta da imponenti proteste di piazza represse nel sangue, note come “El Caracazo”. Il 4 febbraio Carlos Andrés Pérez (di Acción Democrática) aveva assunto l’incarico di Presidente dopo essere stato eletto con il 52.9% dei voti alle elezioni del 4 dicembre 1988. Pérez, in accordo col Fondo Monetario Internazionale, approvò un pacchetto economico di “aggiustamento strutturale” dell’economia venezuelana di indirizzo neoliberista. I provvedimenti immediatamente tangibili furono un aumento iniziale del 30% del costo dei trasporti pubblici (destinato ad aumentare dopo i primi tre mesi) e l’aumento del prezzo della benzina del 30%. In principio vi furono proteste a Guarenas, una città a pochi chilometri da Caracas; le proteste poco dopo si diffusero nella capitale dove migliaia di poveri in preda alla disperazione si riversarono nelle strade dandosi a saccheggi comunque non indiscriminati (vennero rispettati ospedali, farmacie, scuole, dispensari). Il governo represse con estrema durezza le proteste, sospendendo le garanzie costituzionali e introducendo la legge marziale; fu una vera e propria carneficina. Pochi giorni dopo fonti governative dichiaravano 276 morti ma non è stato possibile stabilire il numero esatto delle vittime; stime indipendenti parlano addirittura di una cifra compresa tra le 2.000 e le 3.000 vittime. La IV Repubblica inaugurava la stagione neoliberista con un bagno di sangue. L’inflazione negli anni novanta aumentò ininterrottamente (raggiungendo un picco del 100% nel 1996), crescevano disagio sociale e povertà. Non appena Chávez uscì di prigione, la sua popolarità andò aumentando costantemente; nel 1996 due terzi dei venezuelani non avevano fiducia nei partiti politici. Chávez vinse le elezioni del 1998 con il 56.2%. Il 25 aprile 1999 venne indetto un referendum sull’elezione di un’Assemblea Costituente approvato con il 92.4% dei voti. Il 25 luglio furono indette le elezioni per l’Assemblea Costituente e il Polo Patriottico (coalizione chavista) ottenne 121 seggi su 131. Il 15 dicembre si tenne un altro referendum per approvare la Costituzione redatta dall’Assemblea Costituente, il 71.8% votò a favore. Il popolo venezuelano aveva definitivamente sotterrato alle urne la IV Repubblica. Le elezioni presidenziali e parlamentari del 2000 (le prime che si tennero con la nuova Costituzione) riconfermarono le forze chaviste. La nuova Costituzione rinomina il Venezuela “República Bolivariana de Venezuela”; sin dal preambolo della Costituzione è evidente l’importanza conferita ai diritti sociali e all’integrazione latino-americana: “[…] assicuri il diritto alla vita, al lavoro, alla cultura, all'educazione, alla giustizia sociale e all'eguaglianza senza discriminazione né subordinazione alcuna; promuova la cooperazione pacifica tra le nazioni e dia impulso e consolidi l'integrazione latino-americana d'accordo con il principio di non intervento e di autodeterminazione dei popoli […]”.
L’undici aprile del 2002 il governo subì un colpo di stato militare perpetrato con la complicità di oligarchie economiche e mediatiche e con il beneplacito degli Stati Uniti. Dopo tre giorni di complesse vicissitudini Chávez tornò al potere, sostenuto da una straordinaria partecipazione del popolo venezuelano che scese per le strade contro il governo golpista presieduto da Pedro Carmona (presidente della Fedecámaras, federazione imprenditoriale). Nel 2004 Chávez venne riconfermato presidente in occasione di un referendum revocatorio (permesso dalla Costituzione) indetto dall’opposizione. Le elezioni presidenziali del 2006 e del 2012 hanno riconfermato la sua presidenza. […] Chávez ha operato nazionalizzazioni nei settori strategici (energia, telecomunicazioni, settore bancario, estrazione mineraria). Attualmente la compagnia petrolifera PDVSA contribuisce largamente al finanziamento di opere pubbliche e politiche sociali, ruolo messo in discussione dal neoliberista Capriles Radonski. Chávez ha avuto inoltre un indiscusso ruolo propulsivo nella costruzione di istituzioni regionali per un’integrazione latino-americana svincolata dalle ingerenze statunitensi. Nel 2004 Cuba e Venezuela fondarono l’Alleanza bolivariana per le Americhe (ALBA). Nel 2005, in occasione del quarto vertice delle Americhe, è stato rilevante il ruolo del Venezuela nel fallimento dell’ALCA. Il 2 dicembre 2011 a Caracas è nata la Comunità dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), costituita da 33 Stati di America Latina e Caraibi (fondamentale è l’assenza di Stati Uniti e Canada). L’ex presidente brasiliano Lula in occasione della morte di Chávez ha scritto: “Tuttavia, prima che la storia ci detti la nostra interpretazione del passato, dobbiamo avere una chiara comprensione del significato di chi è stato Chávez, in entrambi i contesti politici, nazionale e internazionale […] Tali compiti hanno acquisito una nuova importanza ora che siamo senza l'aiuto dell'illimitata energia di Chávez, senza la sua profonda convinzione nel potenziale per l'integrazione delle nazioni dell'America Latina, e senza il suo impegno nei confronti delle trasformazioni sociali necessarie per migliorare la miseria della sua gente […] Tra tutti i leader politici che ho incontrato nella mia vita, pochi hanno creduto tanto nell'unità del nostro continente e dei suoi popoli diversi - indiani indigeni, discendenti di europei e africani, gli immigrati recenti - come ha fatto Chávez”.
I principali obiettivi della rivoluzione bolivariana, delineati nel programma di Chávez “Patria 2013”, sono i seguenti: difesa dell’indipendenza nazionale, costruzione del socialismo del XXI secolo, sviluppo economico e sociale del Venezuela all’interno della “Great Rising Potency of Latin America and the Caribbean”, impegno per la costruzione di un mondo multipolare, sviluppo sostenibile. Si riporta un passo significativo: “It is also clear that the capitalist system – world crosses for a structural crisis that could be terminal: a crisis that, for its catastrophic magnitude, forces us politically, like Martí said, to clarify and foresee every day, as in fact we had done, to minimize its impacts on Venezuela. But there is an encouraging sign that I want to enhance: an international multipolar system has begun to establish its bases, focuses towards this great principle that Bolívar used to call 'Balance of the Universe'”143.
Hugo Chávez è riuscito a riallacciare la politica ad una progettualità a lungo termine, dando voce ai poveri e ai disagiati, grazie ad un progetto politico inclusivo, partecipativo, progressista, socialista, parte di un movimento di riscossa latino-americano a cui Chávez ha dato una riconosciuta ed indiscussa spinta propulsiva, avendo sempre avuto in mente l’idea di “Patria Grande” del libertador Simon Bolívar».
140. A. Woods, Hugo Chavez a Porto Alegre: «Bisogna andare oltre al capitalismo», Perso.Wanadoo.fr-CCDP, 23 marzo 2005.
141. Fonti usate: Enciclopedia De Agostini Venezuela, Sapere.it; G. Colotti, Venezuela e la 'democrazia' prima di Chavez: un illuminante rapporto, L'AntiDiplomatico, 28 marzo 2017.
142. F. La Mattina, La rivoluzione bolivariana di Hugo Chávez, Marx21 (web), 15 aprile 2013.
143. Traduzione: «È anche chiaro che il sistema capitalista mondiale attraversa una crisi strutturale che potrebbe essere terminale: una crisi che, per la sua grandezza catastrofica, ci impone politicamente, come diceva Martí, di chiarire e prevedere ogni giorno, come abbiamo fatto, per ridurre al minimo i suoi impatti sul Venezuela. Ma c'è un segnale incoraggiante che voglio segnalare: un sistema multipolare internazionale ha cominciato a stabilire le sue fondamenta, si concentra su questo grande principio che Bolívar chiamava chiamare “il bilancio dell'universo”».

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