19 Aprile 2024

17.4. LE “NUOVE” TATTICHE DELLA CIA

«Siamo esseri umani e i fascisti non sono esseri umani. Credo che un serpente sia più umano d’un fascista o di un razzista». (Hugo Chàvez, 2007)152

«Può essere che, per il trockijsmo latinoamericano e altre correnti egualmente deviate nella stratosfera politica, la MUD (la destra golpista, ndr) e il chavismo “siano la stessa cosa”, e che non provochi in quelle correnti altra cosa che una suicida indifferenza. Però gli amministratori imperiali, che sanno cosa c’è in gioco, sono coscienti che l’unica opzione che hanno per impossessarsi del petrolio venezuelano – obiettivo non dichiarato di Washington – è farla finita con il governo di Nicolás Maduro, lasciando da parte qualsiasi scrupolo pur di ottenere quel risultato; dal bruciare vive le persone ad incendiare ospedali e asili nido». (Atilio A. Boron, 26 luglio 2017)153
Carlos Fazio è un analista indipendente, scrittore e professore di Scienze Politiche alla UNAM e all'Università Autonoma di Città del Messico.
In un'analisi del 2015154 mostra retroscena della storia recente venezuelana:
«i successivi tentativi “coperti” di Washington per realizzare un “cambio di regime” in Venezuela: dal colpo di Stato civico-militar-oligarchico dell'aprile 2002 (il primo golpe mediatico del XXI secolo) e la Operazione Settembre Nero di fine di quell'anno e inizio del 2003 – il cosiddetto “golpe petrolifero” che seguì le indicazioni del Dossier Confidenziale n° 5, strategia sovversiva dei capitani d'industria, dei grandi latifondisti, degli allevatori e della cosiddetta nomenklatura di gestione del petrolio venezuelano (la PDVSA), con la copertura politica e ideologica delle principali corporation multimediali del Venezuela e delle Americhe – passando per diverse operazioni clandestine e per differenti modalità di guerra a spettro completo (“golpe morbido”, guerra di bassa intensità, guerra asimmetrica, di informazione o di IV generazione, guerra economica e terrorismo mediatico), fino al fallito golpe dell'11 e 12 febbraio 2015. […]
A partire dal gennaio di quest'anno aumentano i piani tendenti a generare un nuovo clima di inquietudine economica e di violenza caotica destabilizzatrice […]. Obiettivo? Rovesciare Nicolàs Maduro, presidente costituzionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, di cui si era via via fabbricato un'immagine di governante autoritario e violatore dei diritti umani. Unta l'opposizione venezuelana con fondi milionari presi dai contribuenti degli Stati Uniti attraverso le agenzie ufficiali di Washington come l'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e fondazioni affini come la National Endowment for Democracy (NED) e Freedom House, data una base alla guerra economica basata sulla scarsità di prodotti di prima necessità – in particolare alimenti di base, medicinali e articoli sanitari – per provocare rabbia e malessere nella popolazione, l'estesa rete dei media corporativi privati dell'emisfero occidentale hanno fatto il loro lavoro come parte della guerra psicologica e del terrorismo mediatico. All'interno, la loro missione principale era generare un clima di paura e di orrore paralizzante attraverso strumenti abituali come l'accaparramento, la scarsità, il mercato nero, l'inflazione, l'usura, campagne di pettegolezzi e violenza di strada, e all'esterno con la costruzione di una correlazione di forze internazionali che avallasse tacitamente l'agire dei golpisti e, in caso, un eventuale intervento militare del Pentagono. A rigore, si trattava di una seconda fase della fallita operazione sovversiva messa in pratica all'inizio del 2014 per scacciare Maduro. “L'uscita” – come allora l'ultradestra venezuelana chiamava il piano sedizioso per scacciare il presidente legittimo del Venezuela dal palazzo di Miraflores – finì con un saldo di 43 morti e portò in carcere uno dei leaders della banda, Leopoldo Lòpez, dirigente del Partito Volontà Popolare. Da allora una dei suoi complici nell'avventura cospirativa, l'ex congressista violenta Marìa Corina Machado – firmataria del Decreto Carmona durante il colpo di Stato dell'aprile 2002 – aveva preso le redini del nuovo tentativo, con l'appoggio dell'ambasciatore degli USA in Colombia, Kevin Witaker. “Contiamo su un libretto egli assegni più pesante di quello del regime per spezzare gli anelli di sicurezza” ha detto Machado, che da anni coltiva i favori dei congressisti cubano-statunitensi di Miami come Marco Rubio, Ileana Ross Lethinen e Mario Dìaz Balart, e quelli del sindaco della città Doral del sud della Florida, Luigi Boria. […] Nel caso venezuelano, la genesi dell'intervento statunitense attuale si rifà al Comitato dei 40 (denominazione presa dalla Decisione-Memorandum n° 40 del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti), riunito dal segretario di Stato Henry Kissinger nel giugno 1970 per progettare una strategia “di basso profilo” destinata a far abortire la “via pacifica al socialismo” di Salvador Allende in Cile. Il piano del Pentagono e della Agenzia Centrale di Intelligence (CIA) dell'epoca di Richard Nixon comprendeva:
1) creazione del caos economico;
2) azioni paramilitari;
3) offensiva di propaganda;
4) finanziamenti a settori della destra e
5) infiltrazione e divisione all'interno della sinistra cilena.
Basandosi su questa strategia – applicata in seguito con varianti contro il Nicaragua sandinista, Granada e Panama – nell'agosto 2004 Washington aveva inviato a Caracas l'ambasciatore William Brownfield. Incaricato dell'Ufficio di Iniziative per la Transizione in Venezuela (OIT), la principale missione di Brownfield era elaborare un piano a lungo periodo per rovesciare Hugo Chàvez. In un cablo diplomatico del 9 novembre 2006, diffuso dal portale di Wikileaks, il diplomatico ricordava ai suoi capi del Dipartimento di Stato le direttrici stabilite due anni prima nel denominato Piano di cinque punti contro il Governo Bolivariano:
1) Rafforzare le istituzioni democratiche;
2) Infiltrarsi nella base politica di Chàvez;
3) Dividere il chavismo;
4) Proteggere gli affari vitali degli Stati Uniti, e
5) Isolare Chàvez internazionalmente.
La OIT per il Venezuela fu chiusa nel 2010, ma le sue funzioni sono state trasferite all'ufficio per l'America Latina dell'USAID, vecchio schermo delle azioni di ingerenza e della guerra psicologica della CIA e del Pentagono. Sulla base di questi precedenti, l'ambientazione o “riscaldamento” mediatico della nuova offensiva destabilizzatrice contro il Venezuela ha contato, a metà del gennaio scorso, con la presenza a Caracas degli ex presidenti della Colombia, del Cile e del Messico – Andrès Pastrana, Sebastiàn Pinera e Felipe Calderòn, rispettivamente – invitati ad un forum da Marìa Corina Machado e dal partito Volontà Popolare. Un altro degli obiettivi era visitare in prigione Leopoldo Lòpez, elevato da Washington a nuovo “combattente della libertà”, definizione coniata da Ronald Reagan per i contras nicaraguensi e il saudita Osama bin Laden negli anni '80. La trama destabilizzatrice si è completata, a fine gennaio, con la diserzione di Leamsy Salazar, capitano di corvetta della Forza Armata Nazionale Bolivariana. In qualità di “testimone protetto”, il disertore Salazar ha testimoniato davanti ad un tribunale di New York che il presidente dell'Assemblea Nazionale del Venezuela, Diosdato Cabello, è il capo di un presunto cartello dei Los Soles [narcotrafficanti che riceverebbero la droga dalle FARC, ndt]. La primizia è stata ottenuta dal giornale spagnolo ABC, che si è basato su “fonti vicine all'inchiesta”, ed è stata convenientemente amplificata in Messico dai giornali Excèlsior e La Razòn che, curiosamente, non citano come fonte alcuna agenzia stampa internazionale, per cui si può presumere che nei tre casi si è trattato di disinformazione seminata con propositi sovversivo-propagandistici. All'interno del piano cospirativo in corso, non è un dato di poco conto il fatto che William Brownfield – il “diplomatico” che nel 2004 elaborò il Piano dei cinque punti per rovesciare Chàvez e che è stato ambasciatore in Colombia dal 2007 al 2010 – abbia convalidato la “consistenza” del reportage di ABC, che coinvolge Cuba e le FARC nell'insolita trama. Non è di poco conto neanche che Brownfield sia attualmente segretario di Stato aggiunto degli USA per i narcotici e la Sicurezza Internazionale. […] Un altro elemento chiave del piano elaborato da Brownfield nel 2004 è il finanziamento di ONG, fondazioni, associazioni e partiti di opposizione venezuelani, nel quadro del programma “difendere e rafforzare pratiche democratiche, le istituzioni e i valori che promuovono i diritti umani e la partecipazione della società civile”. Il bilancio attuale degli Stati Uniti (da ottobre 2014 a ottobre 2015) comprende 5 milioni di dollari e lo stanziamento previsto per il prossimo anno fiscale aumenta la cifra di altri 500 mila dollari. Inoltre Washington ha stabilito una nuova modalità consistente nel registrare le ONG venezuelane come società negli Stati Uniti, il che semplifica la fornitura di fondi e il fatto che società statunitensi possano affidare loro determinati servizi. Tra le organizzazioni che ricevono i fondi dei contribuenti degli USA figurano Nuova Coscienza Nazionale; Fondazione Futuro Presente; Humano e Libre, di Gustavo Tovar Arroyo, che organizzò nel 2010 la cosiddetta Fiesta Mexicana per addestrare nei metodi di destabilizzazione i dirigenti studenteschi dell'estrema destra venezuelana; Spazio Civile; Operazione Libertà; Donna e Cittadinanza; Finestra per la Libertà, Aggiungiti e Consorzio Sviluppo e Giustizia, entrambe legate alla golpista Marìa Corina Machado. La USAID che, nel 2011, destinò più di 9 milioni di dollari dei 20 milioni stanziati quell'anno per la destabilizzazione dei paesi dell'ALBA, nel 2013 ha canalizzato 5 milioni e 786 mila dollari per programmi sovversivi in Venezuela, principalmente per l'addestramento di nuovi leaders giovanili che siano capaci di spiccare nel confronto con il governo. Il bilancio destinato al 2014 non è stato pubblicato, probabilmente in un tentativo di aggirare le difficoltà causate dalle rivelazioni e dalla messa in discussione di cui è stato oggetto dopo le rivelazioni dell'agenzia AP (Associated Press) sul lavoro dell'USAID contro Cuba. Inoltre i programmi degli USA per la sovversione in Venezuela comprendono la National Endowment for Democracy (NED), che nel 2014 ha destinato più di 2 milioni e 300 mila dollari ad organizzazioni antibolivariane, e Freedom House, ampiamente denunciata per i suoi legami con la CIA, che mantiene la sua politica di consulenza e finanziamento dell'opposizione venezuelana, approfondendo le strategie di guerra psicologica e di campagne mediatiche come parte delle tecniche delle “rivoluzioni colorate” e del “golpe morbido” di Gene Sharp, Robert Helvey e Peter Ackerman. Nel suo rapporto globale annuale sulla libertà di espressione, Freedom House cita il Venezuela come uno dei paesi dove non esiste né la libertà di stampa né quella di espressione e dove si violano i diritti umani; l'agenda di Obama, insomma. Invece bisogna riconoscere che in questo paese esiste l'egemonia dei mezzi di comunicazione privati. Secondo Luis Britto Garcìa, nel 1988 l'impresa privata era proprietaria dell'80% delle stazioni televisive e del 97% della radiodiffusione FM, e non vi erano media comunitari. Questi media privati si caratterizzavano per un'alta concentrazione della proprietà, sia orizzontale che verticale. Attualmente in Venezuela operano 2.896 media; 2.332 sono dell'impresa privata. Il 65,18% continua ad essere privato e il 30,6% è comunitario; solo un 3,22% è di servizio pubblico. Il principale cambiamento consiste nella moltiplicazione dei media comunitari, i quali in maggioranza hanno poca portata e tendono a durare per un tempo limitato. In radiodiffusione funzionano 1.598 emittenti private, 654 comunitarie e solo 80 di pubblico servizio. Sulla televisione a segnale aperto 55 canali sono privati, 25 sono comunitari e 8 di pubblico servizio. Quasi tutti i media privati sono oppositori, per cui pretendere che lo Stato stia esercitando una “egemonia comunicazionale” con gli scarsi mezzi di cui dispone, come segnala Freedom House, è una diceria che può essere interpretata solo come parte di un'operazione di guerra psicologica e di propaganda nera per esacerbare il panico, destabilizzare il paese, generare ingovernabilità e far scoppiare violenze destinate a rovescia con il terrore il governo bolivariano. […] In questo contesto, l'11 e il 12 febbraio il governo bolivariano ha annunciato di aver disarticolato un “attentato golpista” che contava sulla partecipazione di ufficiali in attivo e pensionati dell'aviazione militare e di altri elementi della Forza Armata Nazionale Bolivariana, il cui obiettivo era bombardare con un aereo Tucano il Palazzo di Miraflores e uccidere il presidente Nicolàs Maduro. Altri bersagli della cosiddetta Operazione Gerico erano il Ministero della Difesa e gli studi del canale televisivo Telesur, per seminare caos e confusione. […] è chiaro che agli Stati Uniti non interessa né la democrazia né i diritti umani in Venezuela; ciò che importa è il petrolio e la posizione geografica del paese sudamericano. L'interesse della Casa Bianca è riaffermare la sua politica di dominazione regionale, sfidata da Cina e Russia; restaurare il tradizionale controllo nella sua zona di influenza, a cui oggi resistono come mai prima i paesi raggruppati nella UNASUR, nella CELAC e nell'ALBA. Attualmente, le parole di Obama che accusa il Venezuela di essere una “minaccia” alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, oltre che ridicole, sono una chiara espressione dell'evoluzione classica delle politiche di aggressione imperiale, che vanno dalla rottura dell'ordine costituzionale, ai golpe morbidi e alle rivoluzioni colorate, fino ad un eventuale intervento militare diretto del Pentagono. Come ha denunciato l'ex vice presidente venezuelano Josè Vicente Rangel, Washington dispone di 1.600 paramilitari pronti alla frontiera della Colombia, di fronte agli stati Zulià e Tàchira, 800 in ogni zona limitrofa. Questo è – ora – il vero pericolo».
Questo infine il quadro fornito nel novembre 2017 da Marcello Gentile155 con le notizie più recenti sulla situazione nel paese, in forte crisi socio-economica e istituzional-politica dalla metà degli anni '10:
«Immagino che a molti non sia sfuggito: per mesi abbiamo assistito, dalla primavera inoltrata e per tutta l’estate, pressoché quotidianamente, alle immagini dal Venezuela che ci hanno raccontato così: dittatura, repressione e censura! Invece è un paese che eroicamente ha resistito alle peggiori pressioni internazionali, alle scorrerie di bande fasciste armate, organizzate dall’imperialismo e dall’oligarchia locale, alla guerra economica e mediatica. […] La strategia dell’opposizione è sempre la stessa (cioè zero Chavismo e ripresa del potere politico da parte dell’oligarchia), periodicamente cambiano e affinano la loro tattica in base ai rapporti di forza. Il Venezuela è sparito dagli schermi televisivi, quando l’elezioni della Assemblea Costituente lo scorso 30 luglio sono state un successo di partecipazione perr il Chavismo (l’opposizione le ha boicottate e tentato di fermarle con la violenza), inoltre l’opposizione è uscita sconfitta dalle ultime elezioni regionali di ottobre in 18 regioni su 23, tra cui lo stato Miranda che include l’est di Caracas, la zona dei ricchi, dove risiedono e tramano la maggior parte dei leader dell’opposizione. […] Segnalo che dal 6 al 13 novembre, nella città amazzonica brasiliana di Tabatinga, a ridosso della tripla frontiera tra Brasile, Perù e Colombia, “casualmente” molto vicina anche alla frontiera venezuelana, c’è stata l’esercitazione militare denominata “AMAZONLOG 17”, con la partecipazione di effettivi dell’esercito Brasiliano, Peruviano, colombiano e statunitensi del comando sud… non è difficile immaginare che si siano esercitati ad una futura invasione del Venezuela, con la scusa dell’intervento umanitario. Intanto gli USA hanno varato delle sanzioni che puntano a strozzare il paese finanziariamente, in sostanza bloccano i proventi del petrolio venezuelano raffinato e venduto negli Stati Uniti, togliendo valuta pregiata allo stato venezuelano e non permettendogli di usare le istituzioni finanziarie USA per rifinanziare il loro debito estero. La Russia e la Cina stanno già intervenendo perché il Venezuela non fallisca, mentre l’Unione Europea ha anche essa varato delle sanzioni “ad personam” contro il Governo Venezuelano. Sul petrolio bisogna sapere che nell’era pre-Chavez (la cosiddetta IV Repubblica), i proventi dell’oro nero erano spartiti tra le transnazionali e l’oligarchia venezuelana contro il popolo venezuelano. Con il Governo Chavez, il 13 novembre 2001, viene pubblicata la “Ley Organica de Hidrocarburos” che recupera l’intera industria petrolifera a beneficio della nazione, l’industria nazionale petrolifera non si privatizza e deve essere centrale per la redistribuzione della ricchezza. Con la Ley de Hidrocarburos la lotta di classe (perché di questo si parla in Venezuela) culmina l’11 aprile 2002 con il Colpo di Stato. Dura circa 48 ore e i golpisti vengono spazzati via dalla reazione popolare e dagli effettivi dell’Esercito Bolivariano fedeli alla Costituzione. Nel 2003 ci fu un nuovo tentativo di Golpe con uno sciopero generale (in realtà una serrata impresariale e uno “sciopero” petrolifero) di due mesi e mezzo che provocò perdite per la nazione di circa 20 miliardi di dollari. Ciò nonostante, dal 2002 al 2010 solo dal settore petrolifero ci sono state entrate per lo stato venezuelano pari a 289 miliardi di Dollari e solo da PDVSA 25 miliardi di dollari direttamente ai programmi sociali. La questione della pesante presenza statunitense in Venezuela, non va vista soltanto dal punto di vista del petrolio o dal punto di vista storico, ad esempio dalla Dottrina Monroe – il Sud America come “cortile di casa” degli USA – ma dal punto di vista geopolitico l’arrivo del Chavismo è stato un fattore significativo di cambio nelle relazioni tra i governi latinoamericani con gli Stati Uniti: è simbolica la scena del 2005, durante la Cumbre de las America, sul Mar de la Plata, dove il Latinoamerica boccia l’ALCA (Area di libero commercio delle Americhe). A ciò segue lo sviluppo dell’ ALBA (alternativa bolivariana per le Americhe): non libero scambio, ma solidarietà tra i paesi latini. Semplifichiamo: petrolio a prezzo calmierato in cambio non di Dollari, ma di cibo, medici, medicine, ecc. in base alle necessità dei vari paesi».
152. M. Vargas Llosa, Chávez il caudillo zittito dal re, La Stampa (web), 17 novembre 2007.
153. A. A. Borón, La CIA e la controrivoluzione in Venezuela, Contropiano, 3 agosto 2017.
154. C. Fazio, El conflicto Estados Unidos/Venezuela y la VII Cumbre de las Américas, cit.
155. M. Gentile, Relazione introduttiva sull'America Latina, Conferenza “Latinoamerica. Emancipazione, giustizia sociale e relazioni internazionali”, organizzata dal Comitato Contro la Guerra di Milano, Università Statale di Milano, 18 novembre 2017.

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