20 Aprile 2024

F.14. CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO DI PROFITTO

«Come riesce, la borghesia, a superare le crisi? Per un verso tramite la distruzione forzata di una grande quantità di forze produttive; e per un altro verso tramite la conquista di nuovi mercati e il più intenso sfruttamento di quelli già esistenti. Come, dunque? Preparando nuove, più estese e formidabili crisi e diminuendo i mezzi per ovviare alle crisi future». (Karl Marx)
A questo punto Marx approfondisce l’analisi delle contraddizioni intrinseche del capitalismo che, secondo la concezione materialistica della Storia, dovrebbero essere le cause su cui far leva per il superamento di questo modo di produzione verso uno più evoluto. Definiamo il saggio di profitto (sp) come il rapporto tra il plusvalore (pv) e il capitale totale investito (K = C + V):
sp = pv / K = pv / (C + V) = (pv / V) / (C / V + 1) = ss / (co + 1)
Notiamo dalla formula che il saggio di profitto è una funzione decrescente della composizione organica del capitale (co = C/V) e che quindi a fronte di investimenti tecnologici in macchinari che permettono di aumentare la produttività (cioè capitale C), il rendimento tenderà a diminuire. L’unica fonte del profitto, il plusvalore, è infatti data dal capitale V nel quale si è investito proporzionalmente in maniera minore. Questa è la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. Il capitalista cercherà di contrastare la tendenza al calo del profitto intensificando lo sfruttamento e diminuendo i salari. Può anche avvenire che il capitale variabile aumenti (proporzionalmente meno di quanto aumenta il capitale costante) e che quindi, anche in caso di calo del saggio di profitto, la massa del profitto può aumentare. Definiamo quindi la massa di plusvalore (mP) come il prodotto tra il saggio di sfruttamento e il capitale variabile complessivo impiegato (somma dei salari di tutti i lavoratori): mP = ss * V
Il saggio di profitto è un fattore importante anche per la determinazione del prezzo di produzione (PP), cioè del prezzo in grado di assicurare l’uguaglianza del saggio di profitto nei diversi rami della produzione.
Il prezzo di produzione è dato da: PP = C + V + sp * (C + V) = K + sp * K = K * (1 + sp)
Osserviamo che il profitto (sp * K) è proporzionale all’intero capitale (K). Il valore (M) della merce sarà uguale al prezzo di produzione (PP) nel caso in cui la composizione organica del capitale sia costante. La migrazione di capitali porta ad un aumento di offerta nei settori con saggio di profitto più elevato (e diminuzione in quelli con sp più basso) e quindi, per la legge di domanda e offerta, diminuiscono i prezzi relativi ai settori con sp maggiore (e aumentano quelli dei settori a sp minore) in modo da portare ad un equilibrio in cui il saggio di profitto tende finalmente ad uniformarsi in tutti i settori (col risultato che alcuni capitalisti realizzano un profitto inferiore ad sp ed altri uno superiore). La concorrenza esterna di capitali (tra settori con saggio di profitto diverso) porta infatti ad una migrazione di capitali verso settori a più elevato rendimento, fino a raggiungere una condizione di equilibrio. In definitiva si può notare che il mercato, pur fissando prezzi che gravitano intorno ai prezzi di produzione e non ai valori, non crea né distrugge valore (confermando la tesi che il valore ha origine solo dal lavoro umano nella produzione), ma lo ripartisce in modo differente tra i capitalisti a causa della concorrenza.

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