28 Marzo 2024

F.02. LA MERCE

«Ciascuno produce ciò che vuole, come vuole, quando vuole, dove vuole; produce bene o produce male, troppo o troppo poco, troppo presto o troppo tardi, troppo caro o troppo a buon mercato; ciascuno non sa se venderà, come venderà, quando venderà, dove venderà, a chi venderà; e lo stesso è degli acquisti. Il produttore ignora i bisogni e le risorse, le domande e le offerte. Vende quando vuole, quando può, dove vuole, a chi vuole, al prezzo che vuole. E compra alle stesse condizioni. In tutto ciò egli è lo zimbello del caso, lo schiavo della legge del più forte, del meno stretto dal bisogno, del più ricco... Mentre in un punto vi è penuria di ricchezza, nell'altro vi è il superfluo e lo sperpero. Mentre un produttore vende molto o troppo caro, e con enorme guadagno, l'altro non vende nulla o vende in perdita... L'offerta ignora la domanda, e la domanda ignora l'offerta. Voi producete fidandovi di un gusto, d'una moda che si manifesta nel pubblico dei consumatori; ma quando ormai siete pronti a consegnare la merce, il capriccio è mutato e si è fissato sopra un altro genere di prodotto... conseguenze immancabili, il permanere e l'estendersi delle bancarotte; le previsioni sbagliate, i rovesci subitanei e le fortune improvvisate; le crisi commerciali, la disoccupazione, gli ingorghi o le carestie periodiche; l'instabilità e il ribasso dei salari e dei profitti; la perdita o lo sperpero enorme di ricchezze, di tempo e di sforzi nell'arena d'una concorrenza accanita». (Karl Marx, dai Manoscritti Economico-Filosofici)
L’analisi di Marx inizia rielaborando la teoria del valore degli economisti classici (Smith e Ricardo), riformulando (in parte mantenendo l’originale, in parte integrandola) le definizioni dei concetti di base come merce, valore, lavoro, denaro, capitale, plusvalore, forza-lavoro, ecc… Il punto di partenza dello studio è l’unità elementare della struttura economica nel capitalismo: la merce. La merce è un bene (materiale o immateriale) o un servizio, prodotto del lavoro umano, che viene scambiato sul mercato. Se il prodotto non è destinato alla vendita, non può essere definito merce. Il prodotto ha un valore d’uso intrinseco in quanto le sue proprietà permettono di soddisfare un determinato bisogno. Questo valore d’uso è inestimabile ed è legato all’utilità del prodotto ed al suo consumo immediato (in cui il valore d’uso si realizza). Si può dire che il valore d’uso qualifica la sostanza del prodotto. Quando questo prodotto diventa merce (cioè quando è destinato alla vendita), assume anche un valore di scambio (che quantifica la grandezza del prodotto). Il valore di scambio (che d’ora in avanti definiremo per comodità il valore propriamente detto) di una merce prescinde dalla qualità del prodotto e serve a rapportarsi ai valori di scambio delle altre merci in modo proporzionale. Alla base del mercato (scambio commerciale di merci) c’è un determinato grado di divisione del lavoro (infatti, non tutti producono la stessa cosa, lo stesso valore d’uso). La produzione mercantile si è sviluppata ampiamente nella società capitalistica: il capitalismo è la prima società della storia in cui la maggior parte della produzione è mercantile (nelle società precedenti si producevano soprattutto valori d’uso). Ciò che conta per il capitale non è quindi il valore d’uso di un prodotto (non interessa produrre quindi per il soddisfacimento di bisogni) ma il suo valore di scambio (che lo rende una merce e quindi vendibile, e come tale utile per ricavarne profitto). Possiamo definire la produzione capitalistica come produzione di valori di scambio sottoforma di valori d’uso.

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