27 Aprile 2024

13.4. IL BUSINESS PETROLIFERO DI EXXON MOBIL (ESSO)

Per variare il taglio prendiamo adesso direttamente un articolo di Adrián Figueroa León41 che ci racconta la storia di Exxon Mobil, di come questo colosso abbia lavorato in mezzo mondo e del perché negli ultimi anni stia agendo nel suo paese:
«Exxon Mobil è un’impresa erede della Standard Oil Company, fondata da John Rockefeller nell’anno 1870. Essa si costituì come il primo grande monopolio del settore petrolifero che, nel suo momento di maggiore spicco, giunse a dominare tutti i processi concernenti l’esplorazione, la produzione, la raffinazione e la commercializzazione, fino a controllare il 90% del mercato dell’energia americano. La società nordamericana e il suo governo le imposero una legge antimonopolio nel 1911, la quale obbligava Rockefeller a smembrare la Standard Oil Company in varie aziende. Tuttavia questa misura non produsse dei grandi risultati su questo megaemporio petrolifero che, per giunta, controllava la rete ferroviaria addetta al settore dei trasporti degli idrocarburi, la Union Tanker Car Company. Exxon Mobil, anche conosciuta a livello mondiale come ESSO, formò parte del gruppo delle “7 sorelle petroliere”, denominate così da Enrico Mattei – fondatore dell’ENI –, poiché facente parte del cartello petrolifero più potente del pianeta. Questo cartello si ripartì il mondo per il controllo del petrolio, mediante la stipulazione di accordi segreti. Lo compongono la Standard Oil of New Jersey; la Texas Oil Company; la Standard Oil di California; la Gulf Oil Corporation; la Socony Mobil Oil; la Royal Dutch-Shell e la British Petroleum. Secondo Bergier e Thomas (1968) queste aziende lottavano in qualsiasi parte del mondo dove fosse presente un pozzo di petrolio e si battevano contro qualunque iniziativa sovrana da parte di qualche paese produttore di petrolio. La storia di questa corporazione petrolifera che forma parte del Complesso Militare Industriale Finanziario e delle Comunicazioni nordamericano, è una storia che si contraddistingue dalla spoliazione, l’evasione delle imposte, l’ingerenza, le aggressioni all’ambiente e le violazioni sistematiche del diritto internazionale. Inoltre è intimamente collegata con il Dipartimento di Stato e con i settori dell’estrema destra nordamericana.
Persino il celebre scrittore Steve Coll ha avuto il coraggio di documentare nel suo libro Private Empire Exxon Mobil and American Power, che l’Exxon Mobil è una superpotente corporazione petrolifera che ha come unico obiettivo quello di controllare le riserve d’idrocarburi del pianeta e per raggiungere questo scopo commette crimini e agisce ai margini delle leggi internazionali. Vale la pena menzionare che l’Exxon Mobil è stata una delle principali aziende che finanziò la campagna elettorale del repubblicano George W. Bush e ha un avuto un peso vitale al momento di decidere se avviare l’aggressione contro l’Iraq. Questa corporazione petrolifera è stata la responsabile del fatto che gli Stati Uniti, in quanto paese con il maggiore consumo di energia del pianeta, rifiutassero il Protocollo di Kyoto che stabiliva la riduzione dei gas serra. Inoltre è additata d’influenzare il governo nordamericano e di manipolare l’opinione pubblica, affinché non prenda nessuna misura contro il riscaldamento globale. Ha persino raggruppato trenta organizzazioni per concepire una strategia mediatica che mettesse in dubbio il processo di cambio climatico. È stata anche l’azienda che nel 1989 provocò il catastrofico disastro ecologico in Alaska con la fuoriuscita di petrolio da parte della nave Exxon Valdez. Secondo quanto hanno segnalato Thomas Seifer e Werner Klaus (2008) Exxon Mobil ha partecipato in operazioni di estrazione nelle acque dell’Angola, paese che dipende per il 90% dalle imposte petrolifere. La stragrande maggioranza di quelle entrate è stata impiegata per finanziare una sanguinosa guerra civile in quel paese. Exxon Mobil ha costruito un oleodotto di 1.070 kilometri tra il Ciad e il Camerun. Il governo del Ciad ha utilizzato una parte del denaro ricevuto per acquistare armi. Per giunta, durante la costruzione dell’oleodotto, sono state commesse violazioni dei diritti umani contro le persone che in qualche modo si erano opposte contro questo impianto petrolifero. In Indonesia Exxon Mobil ha collaborato con l’esercito dell’ex dittatore Suharto accusato di aver commesso crimini contro l’umanità, tra i quali si possono elencare le esecuzioni di massa e le sparizioni forzate. Nel 2001 la popolazione indonesiana ha accusato l’Exxon Mobil davanti a un tribunale nordamericano per la sua complicità durante le esecuzioni illegali, le sparizioni forzate e le torture eseguite dai soldati indonesiani. Tuttavia questa inchiesta si è arenata perché il governo nordamericano comunicò alla Corte di lasciar andare questo caso, giacché avrebbe potuto nuocere gli interessi degli USA. Allo stesso modo Exxon Mobil è stata responsabile della distruzione dell’habitat nei paesi come la Nigeria, l’Ecuador, il Perù e la Colombia, come conseguenza dello sfruttamento predatorio e irrazionale degli idrocarburi.
Perché la Exxon Mobil dichiara guerra contro il Venezuela? Nonostante l’attività petrolifera in Venezuela fosse controllata per circa 90 anni dalle grandi transnazionali, con l’arrivo del Comandante Hugo Chávez alla Presidenza della Repubblica si è iniziata a strutturare una politica petrolifera innanzitutto nazionale, vincolata alla sovranità e all’interesse del popolo venezuelano. Allo stesso modo si sono avviati un insieme di azioni da parte dello Stato venezuelano favorevoli al recupero del giusto valore del petrolio, il diritto di amministrarlo sovranamente a favore degli interessi del popolo venezuelano e il suo impiego come strumento per risolvere le asimmetrie in ambito energetico verso l’avanzata dell’ideale bolivariano dell’unione dei popoli dell’America latina. Tra gli eventi salienti dello Stato venezuelano si può citare quello sull’approvazione delle norme a livello costituzionale che sono state incorporate negli articoli 302 e 303 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, dove si legge che lo Stato si riserva la funzione di gestire gli idrocarburi per ragioni strategiche, sovrane e d’interesse nazionale. Allo stesso modo viene approvata nel 2001 e con successiva riforma nell’anno 2006, la Legge Organica degli idrocarburi, la quale regola tutto quanto concerne l’esplorazione, lo sfruttamento, la raffinazione, l’industrializzazione, il trasporto, l’immagazzinamento, la commercializzazione e la conservazione degli idrocarburi. Così come anche tutto quello che concerne i prodotti raffinati e i processi che questo tipo di attività richiede. Vale la pena non perdere di vista i precedenti che si stanno elencando, giacché sotto questo nuovo regime fiscale e con la politica della Piena Sovranità Petrolifera, il Venezuela non solo recupera il controllo dell’attività degli idrocarburi da parte dello Stato venezuelano, ma anche una nuova visione politica del Governo Bolivariano, fondata sul principio di Sovranità, Indipendenza e la subordinazione dell’attività petrolifera all’interesse popolare, con la quale si dà inizio alla gestazione di una campagna di aggressione da parte dei grandi centri del potere mondiale con l’appoggio dell’oligarchia venezuelana, che in precedenza controllava la rendita petrolifera a favore dei propri interessi antinazionali.
In questa maniera il Venezuela si trasforma in un laboratorio, dove si applicano le diverse formule destabilizzanti dello Stato venezuelano e del suo potere politico, tali come il colpo di stato del 2002, il sabotaggio petrolifero (2002-2003), il sabotaggio elettrico, il paramilitarismo e la guerra economica. Mediante la politica della Piena Sovranità Petrolifera si riesce a capovolgere il nefasto Accordo Petrolifero, il quale si contraddistingueva per la sua politica pusillanime e antinazionale che aveva smontato il regime fiscale con la diminuzione delle entrate e con la conseguente privatizzazione di una buona parte delle attività di PDVSA (Petróleos de Venezuela, S.A., la compagnia petrolifera statale venezuelana), facendo uso di meccanismi come gli Accordi Operativi e le cosiddette Associazioni Strategiche. Nell’ambito della politica venezuelana sulla Piena Sovranità Petrolifera, il 27 febbraio 2007 si promulga un decreto di nazionalizzazione degli accordi di associazione della fascia petrolifera dell’Orinoco e gli accordi di sfruttamento a Rischio e Guadagni Condivisi che si erano stipulati con le ditte transnazionali. Sulla base del decreto di nazionalizzazione della fascia petrolifera dell’Orinoco si procedette con la riconversione di tutti i progetti che si sviluppavano in quel luogo, dove operavano le transnazionali British Petroleum, Total, ENI, Statoil, ecc., con l’introduzione della compartecipazione mista.
Solo due ditte non vollero né negoziare né accettare la subordinazione al nuovo regime fiscale venezuelano. Queste ditte sono la Conoco Phillips e l’Exxon Mobil. Exxon portò avanti una serie di azioni legali contro PDVSA, attraverso tribunali internazionali. Avvalendosi dell’uso di stratagemmi mediante i tribunali britannici, cercò di fare pressione su PDVSA, chiedendo alla principale compagnia petroliera statale venezuelana un indennizzo di oltre 12 miliardi di dollari per aver nazionalizzato l’area di Cerro Negro, dove operava l’Exxon Mobil. In seguito l’Exxon Mobil, impegnata a porre in scacco PDVSA e la Repubblica Bolivariana del Venezuela, intraprese una serie di manovre legali come l’arbitraggio internazionale davanti ai tribunali britannici e olandesi – figura introdotta durante l’Accordo Petrolifero – con lo scopo di ottenere i 12 miliardi di dollari in beni congelati. Tuttavia la Camera di Commercio Internazionale concede a Exxon Mobil un indennizzo di 908 milioni di dollari. Exxon ripresenta un’altra querela a PDVSA attraverso il CIADI (Centro Internazionale per il Concordato delle Differenze Riguardanti gli Investimenti), la quale ne esce con un accordo favorevole, giacché il CIADI pronunciò il verdetto per 1.591 milioni di dollari dei quali PDVSA aveva già pagato 907 milioni di dollari. Con la sentenza del CIADI del 2014 si sono ridotte le ambizioni dell’Exxon Mobil, la quale rimane esclusa dalla possibilità di fare affari con il Venezuela. Tuttavia questa predatrice transnazionale della geopolitica dell’impero nordamericano, è tornata alla carica contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela, inserendosi il 5 marzo 2015 nel blocco Stabroek, appartenente alla zona marittima della Guyana Esequiba o Territorio Esequibo, il quale è rivendicato da parte del Venezuela, a pochi minuti dal più grande serbatoio di petrolio del mondo».
41. A. Figueroa León, EXXON Mobil e la geopolitica petrolifera imperialista, Albainformazione.com, 30 ottobre 2015 [1° edizione originale Omal.info, 3 settembre 2015].

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