19 Aprile 2024

3.07. LA LEGGENDA DI MALCOLM X

Focalizziamo ora l'attenzione sulla figura di Malcolm X, nato Malcolm Little (Omaha, 19 maggio 1925 – New York, 21 febbraio 1965), anche noto come Detroit Red, El-Hajj Malik El-Shabazz e Omowale, noto attivista statunitense a favore dei diritti degli afroamericani e dei diritti umani in genere. Mentre i Musulmani Neri semplicemente rifiutano sia i Democratici che i Repubblicani per ragioni non politiche, per Malcolm entrambi i partiti rappresentano gli interessi della classe dominante, per lo più bianca. Combattendo contro i leader neri che cercavano di legare il movimento per i diritti civili ai Democratici, ha presentato l’ala “progressista” della borghesia americana come il nemico peggiore e più sleale delle minoranze oppresse degli Stati Uniti, ricordando le origini schiaviste del partito, storicamente radicato e difensore delle istanze padronali del Sud.
Malcolm X diventa un problema serio non solo per la classe dirigente statunitense ma anche per i capi della borghesia nera che non manca di criticare aspramente. Le sue idee, a volte confuse ma sempre fortemente intransigenti, gli procurano un sacco di nemici. È per questo che viene assassinato durante un comizio ad Harlem (New York), il 21 febbraio 1965, il primo giorno della Settimana Nazionale della Fratellanza per mano di membri dell’organizzazione di cui era stato portavoce, la Nazione Islamica.
A dispetto delle opinioni di alcuni gruppi statunitensi ed esteri cosiddetti marxisti, Malcom X non è stato un socialista o un comunista; mai ha preteso di esserlo. È vero che negli ultimi anni di vita si spostando vistosamente su posizioni anticapitaliste e antimperialiste, modificando anche l'originaria ostilità avuta verso le idee socialiste. È anche vero che non ha mai compreso fino in fondo il ruolo politico potenziale della classe lavoratrice, l’unica classe che avrebbe potuto condurre il movimento alla vittoria.
A dispetto di ciò è stato un rivoluzionario, sebbene non sia riuscito a creare un'effettiva organizzazione rivoluzionaria. La sua fine prematura rende impossibile sapere quali esiti politici avrebbero potuto avere le sue teorie. Ciò che sappiamo è che ha trascorso molta della sua attività politica fungendo da avanguardia culturale, da intellettuale capace di spiegare alle grandi masse e senza paura il ruolo sleale degli «Uncles Toms» (“Zii Tom”) al servizio della borghesia nera e pronti a svendere le istanze del movimento per qualche briciola. Malcolm capisce che i capi della borghesia nera agiscono come un freno per il movimento e non esita mai a parlare in maniera chiara contro le ingiustizie e l’oppressione del sistema capitalista. Nonostante i suoi limiti, è stato uno dei più onesti e intransigenti combattenti del XX secolo. È considerato uno dei più grandi, ma anche controversi, capofila afroamericani del XX secolo. Ricordiamo alcuni suoi discorsi e ragionamenti29:
«Di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente; si limitano a piangere della propria situazione. Ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose».
«Stiamo vivendo in un’epoca di rivoluzione, e la rivolta dei neri americani è parte della ribellione contro l’oppressione, che ha caratterizzato quest’era. Non è corretto classificare la rivolta dei negri, semplicemente come un conflitto razziale dei neri contro i bianchi, o come un problema meramente americano. Piuttosto, oggi stiamo assistendo ad una ribellione globale dell’oppresso contro l’oppressore, dello sfruttato contro lo sfruttatore».
«Non si può avere il capitalismo senza il razzismo. E se ti metti a discutere con una persona e scopri che la sua filosofia è sicuramente non razzista, di solito si tratta di un socialista ovvero la sua filosofia politica è il socialismo».
«Non puoi amministrare un sistema capitalistico se non sei un avvoltoio […] mostratemi un capitalista, vi mostrerò una sanguisuga».
«Nessuno può darti la libertà. Nessuno può darti l’uguaglianza o la giustizia o qualsiasi altra cosa. Se sei un uomo, te le prendi».
«Non si può separare la pace dalla libertà perché chi non è libero non può essere in pace».
«Il potere non indietreggia mai - eccetto che in presenza di un potere maggiore».
«Se mi conficchi un coltello nella schiena per ventitré centimetri e ne tiri fuori quindici, non c’è stato un miglioramento. Se lo tiri fuori del tutto non c’è stato un miglioramento. Il miglioramento è curare la ferita che il colpo ha causato. E loro non l’hanno neanche tirato fuori il coltello, neanche a parlarne di curare la ferita. Loro non ammetterebbero neanche l’esistenza del coltello».
«Sono per la verità, non importa chi sia a dirla. Sono per la giustizia, non importa contro o a favore di chi».
«I diritti umani sono qualcosa che avete dalla nascita. […] I diritti umani sono quelli che tutte le nazioni della Terra riconoscono. In passato, è vero, ho condannato in modo generale tutti i bianchi. Non sarò mai più colpevole di questo errore; perché adesso so che alcuni bianchi sono davvero sinceri, che alcuni sono davvero capaci di essere fraterni con un nero. Il vero Islam mi ha mostrato che una condanna di tutti i bianchi è tanto sbagliata quanto la condanna di tutti i neri da parte dei bianchi. Da quando alla Mecca ho trovato la verità, ho accolto fra i miei più cari amici uomini di tutti i tipi - cristiani, ebrei, buddhisti, indù, agnostici, e persino atei! Ho amici che si chiamano capitalisti, socialisti, e comunisti! Alcuni sono moderati, conservatori, estremisti - alcuni sono addirittura degli “Zio Tom”! Oggi i miei amici sono neri, marroni, rossi, gialli e bianchi!»
Parlando della rivoluzione cinese: «Era facile, allora, dire che le probabilità che avevano di riuscire erano pochissime. Eppure furono in undici a cominciare e oggi dietro a quegli undici ci sono 800 milioni di cinesi. A quel tempo tutti avrebbero detto a quegli uomini che avevano pochissime probabilità di farcela o, come l’oppressore ricorda sempre all’oppresso: “Tutto è contro di voi”. Quando Castro era sulle montagne di Cuba, gli dicevano che tutto era contro di lui; ma oggi è all’Avana e tutta la potenza degli Stati Uniti non basta a rovesciarlo. Agli algerini dicevano la stessa cosa: “Con che cosa combattete?”. Oggi quegli stessi che parlarono così devono inchinarsi di fronte a Ben Bella. Questi uscì dalla prigione in cui lo avevano messo e oggi devono negoziare con lui perché, allora, egli seppe capire che la verità e il tempo erano dalla sua parte. Oggi il tempo è dalla parte degli oppressi e contro gli oppressori. Oggi la verità è dalla parte degli oppressi e contro gli oppressori. Di altro non c’è bisogno».
«Per capire bisogna tornare alle definizioni […] sui due tipi di negro che c’erano durante la schiavitù: il negro da cortile (“house negro”) e il negro dei campi (“field negro”). Il negro da cortile viveva insieme al padrone, lo vestivano bene e gli davano da mangiare cibo buono, quello che restava nel piatto del padrone. Dormiva in soffitta o in cantina, ma era sempre vicino al padrone e lo amava molto di più di quanto il padrone amasse se stesso. Si identificava col padrone più di quanto questi non s’identificasse con se stesso».
L’abolizione della schiavitù, nel 1865, non aveva determinato, purtroppo, la fine di questa sottomissione interiore:
«Abbiamo ancora fra i piedi parecchi di questi nigger da cortile. La versione moderna di questo servo ama il suo padrone e vuole vivere vicino a lui. Pur di fare ciò è disposto a pagare affitti tre volte superiori per poi andare in giro a vantarsi: “Sono l’unico negro qui!”, “Sono l’unico negro in questa scuola!”. Ma se non sei altro che un negro da cortile! E se qualcuno viene da te e ti propone di separarti dal padrone, tu rispondi le stesse cose che diceva il negro da cortile: “Che vuol dire separarsi? Dall’America? Da questo buon uomo bianco? Dove lo trovi un posto meglio di questo? […] Alcuni di quei negri, quando Kennedy morì, piansero più di quando fu crocifisso Cristo».
Profetiche dell’era Obama si possono infine considerare queste parole:
«Cosa ci daranno nel 1965? Ho letto poco fa che hanno deciso di far entrare un negro nel governo. Tutti gli anni adoperano un nuovo trucco: prenderanno uno dei loro servitori negri, lo faranno membro del governo in modo che possa passeggiare per Washington fumando il suo bravo sigaro, che avrà da una parte il fuoco e da quell’altra un fesso. Siccome i problemi personali di questo tale saranno stati risolti in modo molto soddisfacente, dirà ai nostri fratelli: “Guardate un po’ che progressi stiamo facendo! Io sono qui a Washington, vado a prendere il tè alla Casa Bianca. Sono il vostro portavoce, il vostro leader”».
29. Fonti usate: R. Smith, Malcolm X, 40 anni dopo la morte di un rivoluzionario, Marxismo.net, [1° edizione originale 40 years after the death of a revolutionary, Marxist.com, 21 febbraio 2005]; V. Bruschini, Malcolm X: Obama è uno zio Tom?, Homolaicus.com; Wikipedia, Malcolm X e Wikiquote, Malcolm X.

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