26 Aprile 2024

9.3 BANDIERA ROSSA SVENTOLA SUL REICHSTAG

«Stalin: “Dunque chi prende Berlino? Noi o gli alleati?
Maresciallo Ivan Konev: “Saremo noi a prendere Berlino e la prenderemo prima degli alleati”».
(Colloquio tra Stalin e i suoi generali il 1º aprile 1945)55
Lasciamo la parola ai vincitori56 per descrivere le ultime fasi della guerra:
«Nel 1945, alla metà di aprile, dopo l’offensiva sovietica sul fronte orientale e quella alleata sul fronte occidentale, la Germania nazista era ormai rimasta priva delle regioni economicamente più importanti. Il Terzo Reich crollava sotto i colpi infertigli da est e da ovest. Le alte sfere naziste, però non avevano ancora perso le speranze di una possibile “soluzione politica” dei problemi del paese. Perso ogni contatto con la realtà, Hitler continuava a credere che la coalizione antinazista fosse prossima allo sfaldamento. Nell’aprile del 1945, parlando col generale delle SS Wolff, Hitler affermava: “Non c’è nessuna necessità di cessare la difesa. Per due mesi è ancora possibile resistere contro i russi sul fronte orientale... Nel frattempo, l’alleanza tra gli anglo-americani e i russi si spezzerà”.
La difesa della città era articolata in 9 settori. Il punto più fortificato era il centro di Berlino attorno alla cancelleria di Hitler. Per il rafforzamento della difesa anticarro venne sfruttata quasi tutta l’artiglieria antiaerea, che stringeva attorno alla città una cintura di sicurezza. La strada per Berlino era difesa da due armate del gruppo “Vistola” e da due armate del gruppo “Centro”. La città era difesa dai 200.000 uomini della guarnigione e da 200 battaglioni dell’armata popolare (Volkssturms). Il comando tedesco, a sud, a ovest e a nord della capitale, disponeva di 8 divisioni di riserva, di cui una motorizzata. Alla difesa della zona di Berlino era addetto circa 1 milione di uomini, che disponevano di 10.400 tra cannoni e mortai, 1.500 tra carri armati e cannoni semoventi, circa 3.300 aerei, e più di 3 milioni di cariche anticarro.
Il piano dell’“Operazione Berlino” fu elaborato dal quartier generale del Comando Supremo dell’Armata Rossa e dal comandante del fronte e venne realizzato direttamente dal quartier generale. Nel piano si contemplava la rottura del fronte difensivo nemico, lo smembramento e l’annientamento delle truppe naziste concentrate attorno a Berlino. L’obiettivo era di impadronirsi rapidamente di Berlino per costringere la cricca hitleriana alla capitolazione. Venne stabilito un contatto diretto tra il quartier generale sovietico e il comandante supremo delle truppe anglo-americane. Dopo la presa della capitale, le truppe sovietiche avrebbero dovuto raggiungere l’Elba e congiungersi con gli Alleati. Nell’Operazione Berlino la potenza bellica dell’Armata Rossa si manifestò in tutta la sua grandezza. Le truppe sovietiche che parteciparono alla conquista della capitale contavano 2 milioni 500 mila uomini, più di 41.000 tra cannoni e mortai, 7500 aerei, 6250 tra carri armati e cannoni semoventi. Il rapporto di forze, a favore dell’Armata Rossa, era: per uomini 2,5:1; per armi e munizioni 4:1; per aerei 2,3:1. Nel corso delle ostilità questo rapporto divenne ancor più favorevole alle truppe sovietiche. La realizzazione dell’operazione era affidata al primo fronte bielorusso (comandato dal maresciallo G. K. 'ukov), al primo fronte ucraino (al comando del maresciallo I. S. Konev) e al secondo fronte bielorusso (al comando del maresciallo K. K. Rokossovskij). Le truppe sovietiche erano animate da un alto spirito combattivo, poiché avevano giurato alla patria e al popolo che avrebbero adempiuto il compito loro affidato e avrebbero innalzato la bandiera rossa della vittoria su Berlino. Verso il 25 aprile era stata realizzata la prima tappa dell’Operazione Berlino. Poiché erano stati circondati e disfatti i raggruppamenti posti a difesa di Berlino, la situazione era catastroficamente precipitata e l’esercito tedesco si avviava all’ora della sconfitta definitiva. La guerra era giunta sulle strade della capitale della Germania nazista. Il 26 aprile iniziò la seconda fase, quella conclusiva, dell’Operazione Berlino, cioè la liquidazione dei raggruppamenti tedeschi che difendevano la capitale e l’attacco operato dall’esercito sovietico su di un larghissimo fronte lungo l’Elba.
Il comando tedesco, prima ancora che fossero circondate le truppe di stanza a Berlino, inviò ad est la XII armata del generale Wenck, già destinata a lanciare un offensiva contro le truppe americane attestate in Europa. Su questa armata i capi nazisti, che si erano rifugiati nei bunker della cancelleria del Reich, riponevano ormai tutte le loro ultime speranze. L’armata di Wenck doveva, attaccando a sud di Berlino, liberare dall’accerchiamento il gruppo d’armate di Francoforte-Guben. Ma questa manovra aveva anche un fine politico: dimostrare alle potenze occidentali che la resistenza davanti alla loro avanzata era, di fatto, cessata. L’Armata Rossa mandò a monte tutti i tentativi dei tedeschi di uscire dall’isolamento o di rompere l’accerchiamento dall’esterno. L’armata di Wenck venne annientata e i superstiti fuggirono verso ovest per consegnarsi alle truppe americane. Per il 1° maggio la liquidazione del raggruppamento di Francoforte-Guben era completata. Contemporaneamente erano in corso violenti scontri per annientare le truppe che difendevano Berlino. All’interno della città erano state costruite più di 400 fortificazioni in cemento armato, mentre le costruzioni sotterranee, i ponti distrutti e i canali erano stati trasformati in punti di difesa. I nazisti contavano su scontri isolati, casa per casa, quartiere per quartiere, che avrebbero fiaccato le forte dell’esercito sovietico. Ma le truppe sovietiche, aggirando le fortificazioni nemiche, attaccando a gruppi, passo dopo passo avanzavano, circondando il nemico. Gli edifici, trasformati in fortificazioni e centri di resistenza, venivano distrutti dall’artiglieria. Verso il 28 aprile, il territorio occupato dai tedeschi si era ridotto a una stretta striscia. che passava per il centro di Berlino, battuta continuamente dall’artiglieria sovietica. Il 29 e il 30 aprile ci fu lo scontro decisivo per la conquista del settore centrale della città. I sovietici raggiunsero il Reichstag, la cancelleria del Reich, nei cui sotterranei si nascondevano Hitler e i suoi intimi, e la porta di Brandeburgo. La battaglia si fece ancora più cruenta, poiché il Reichstag e le zone adiacenti erano ben fortificati e difesi.
Il gruppo di 5 mila soldati attestati nella zona si difendeva con l’accanimento di chi sente prossima la fine. Alcuni soldati sovietici erano però riusciti ugualmente a entrare nel Reichstag. Al sergente M. A. Egorov e al soldato semplice M. V. Kantarija, del 756° reggimento di fanteria della 150a divisione, che partecipavano all’attacco al palazzo, venne consegnata la bandiera rossa da innalzare sul palazzo. Dopo tremendi scontri nel Reichstag ormai in fiamme, Egorov e Kantarija, appoggiati dai soldati al comando del sottotenente A. P. Berest, all’alba del 10 maggio innalzavano la rossa bandiera della vittoria sul palazzo che era il simbolo del Terzo Reich, della Germania nazista. Con la caduta di Berlino cessò di esistere il gruppo d’armate “Centro”. Il nemico aveva avuto circa 250 mila morti e 480 mila prigionieri. Le truppe sovietiche si impadronirono di tutti gli armamenti. La grande esperienza, la forza e la capacità militare che l’Armata Rossa aveva acquisito in quattro anni di guerra emersero con grande evidenza durante la presa di Berlino. Questa impresa coronò la pesante e sanguinosa lotta che il popolo sovietico aveva condotto per la libertà propria e degli altri popoli d’Europa. La caduta di Berlino decretò anche la definitiva disfatta della Germania nazista, lo sfacelo del suo apparato statale e del suo sistema economico».
55. A. Read & D. Fisher, La caduta di Berlino. L'ultimo atto del Terzo Reich, Mondadori, Milano 1995, p. 399.
56. Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale, vol. X, cit., cap. XIV - Disfatta e capitolazione incondizionata della Germania nazista.

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