23 Aprile 2024

4.07. “PERCHÈ COSTRUIMMO IL MURO”

Lasciamo ora spiegare direttamente da Erich Honecker46 le ragioni e le modalità che hanno portato alla costruzione del Muro antifascista di Berlino:
«la costruzione del muro fu decisa a Mosca il 5/8/1961 in una riunione degli Stati del Patto di Varsavia. In quella alleanza tra i paesi socialisti la RDT era un membro importante, ma non la potenza guida. […] Dato che noi; come già ha detto Endash; di persona non abbiamo ammazzato nessuno, né abbiamo direttamente ordinato di ammazzare nessuno, l’azione omicida viene ravvisata nella costruzione del muro, nell’averlo tenuto in piedi e nell’imposizione del divieto di lasciare la RDT senza autorizzazione statale. E naturalmente questo non c’entrerebbe affatto con la politica. Così almeno sostiene la giurisprudenza tedesca. Ma non potrà sostenerlo di fronte alla storia o al raziocinio umano. Non farà altro che tradire ancora una volta le sue origini e mostrare di quale spirito sia figlia e dove stia andando la Germania. Tutti noi che avevamo a quell’epoca responsabilità di governo nei paesi del Patto di Varsavia prendemmo quella decisione politica collettivamente. Non lo dico per scaricarmi dalle mie responsabilità attribuendole ad altri; lo dico soltanto perché così è stato e non altrimenti e io sono convinto che quella decisione di allora, del 1961, fosse giusta e tale sarebbe rimasta finché non fosse terminato lo scontro tra USA e URSS. Quella decisione politica e i convincimenti che la dettarono costituiscono appunto l’oggetto di questo processo. […] Voi ritenete che quella decisione politica fosse sbagliata e considerate me e i miei compagni responsabili penalmente per i morti ammazzati al muro. Ebbene io vi dico che la decisione che voi ritenete giusta avrebbe causato migliaia o milioni di morti. Di questo ero e sono tuttora convinto e credo ne siano convinti anche i miei compagni. è per questa convinzione politica che ci troviamo qui davanti a voi. E voi ci condannerete perché avete un’opinione politica diversa dalla nostra. Come e perché si sia giunti alla costruzione del muro non sembra che interessi la pubblica accusa. Su questo l’accusa non spende una parola. Cause e circostanze vengono del tutto ignorate, la catena degli avvenimenti storici viene arbitrariamente spezzata. Erich Honecker ha costruito e tenuto in piedi il muro. Stop. Questa è la rappresentazione semplicistica che i giuristi tedeschi riescono a dare della storia. Quel che gli interessa è che i comunisti siano bollati da criminali e come tali condannati. I tedeschi in realtà sono perfettamente in grado di sapere come si è arrivati al muro e conoscere le ragioni per cui al muro si è sparato. Ma poiché l’accusa si comporta come se costruire muri e farvi ammazzare la gente fosse una caratteristica peculiare del socialismo e come se singoli “delinquenti” come me e i miei compagni ne portassero intera la responsabilità, mi vedo costretto, pur non essendo uno storico, a riassumere la storia che ha portato al muro. Le sue origini si spingono lontano. Ci riportano alla formazione del capitalismo e del proletariato. Ma l’inizio immediato della tragedia dell’ultima fase della storia tedesca si situa nell’anno 1933. In quell’anno, com’è noto, molti tedeschi votarono in libere elezioni per il partito nazista e il presidente Hindenburg, che era stato eletto altrettanto liberamente nel 1932, investì democraticamente Adolf Hitler delle funzioni di capo del governo. Subito dopo, i predecessori politici degli attuali partiti dominanti, con l’eccezione della SPD, votarono i pieni poteri, dando a Hitler poteri assoluti dittatoriali. Solo i comunisti prima di quelle elezioni avevano detto: “chi vota Hindenburg vota Hitler, chi vota Hitler vota per la guerra”.
Al momento del voto per i pieni poteri i deputati comunisti erano già stati allontanati dal Reichstag, molti comunisti erano stati arrestati o vivevano in clandestinità. Già allora la messa fuori legge dei comunisti fu il segnale della fine della democrazia in Germania. Non appena Hitler fu messo a capo del governo, la Germania conobbe il suo primo miracolo economico. La disoccupazione era vinta; i titoli Volkswagen andavano bene e l’animo ardente del popolo portava a scacciare e assassinare gli ebrei. Il popolo tedesco in maggioranza era felice e contento. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale e le fanfare annunciavano le guerre lampo contro Polonia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Jugoslavia, Grecia, l’entusiasmo non conobbe più confini. I cuori di quasi tutti i tedeschi battevano all’unisono con il loro cancelliere, il più grande duce di tutti i tempi. Nessuno immaginava che l’impero millenario sarebbe durato solo 12 anni.
Quando nel 1945 tutto fu ridotto in macerie, la Germania non si trovò padrona del mondo, come prediceva una ben nota canzone nazista, ma totalmente dominata dagli alleati. La Germania fu divisa in quattro zone. Non c’era assolutamente libertà di trasferirsi da una zona all’altra. Nemmeno per gli emigrati tedeschi che, come Gerhart Eisler, volevano ritornare in Germania dagli USA. Negli USA c’erano piani (per esempio il piano Morgenthau) che prevedevano la divisione perpetua della Germania in vari stati. Proprio in risposta a questi piani Stalin pronunciò le famose parole:
“Gli Hitler vengono e vanno, il popolo tedesco e lo Stato tedesco rimangono”.
Ma l’unità della Germania, che a quel tempo l’URSS voleva fosse mantenuta, non si realizzò. Per effetto della guerra fredda proclamata dagli USA nel 1947, la Germania, con l’accorpamento di due e poi di tre zone, con la riforma monetaria, infine con la costituzione nel maggio 1949 della RFT, fu divisa per un lungo periodo in due parti. Come si vede dalla successione temporale, questa divisione non fu opera dei comunisti, ma degli alleati occidentali e di Konrad Adenauer. La costituzione della RDT seguì in un secondo tempo e fu la conseguenza logica della costituzione della RFT. Ormai si erano formati due diversi Stati tedeschi. Ma la RFT non aveva nessuna intenzione di riconoscere la RDT e stabilire con essa rapporti pacifici. La RFT pretendeva anzi di essere l’unica rappresentante di tutta la Germania e di tutti i tedeschi. Con l’aiuto degli alleati proclamò un embargo economico e cercò per quella via di isolare la RDT economicamente e politicamente. Una politica di aggressione senza guerra: così si può definire la linea seguita dalla RFT nei confronti della RDT. Questa fu la forma che la guerra fredda assunse sul suolo tedesco. Fu questa politica che portò al muro.
Dopo l’ingresso della RFT nella NATO, la RDT aderì al Patto di Varsavia. I due Stati tedeschi si fronteggiarono così come Stati membri di alleanze militari ostili. La RFT era più forte della RDT sotto diversi aspetti: per numero di abitanti, potenza economica, legami politici ed economici. Grazie al piano Marshall e al pagamento di minori riparazioni dovette inoltre sopportare le conseguenze della guerra in misura ridotta. La RFT disponeva di maggiori ricchezze naturali e di un territorio più ampio. Essa sfruttò questa molteplice superiorità in tutti i modi, ma soprattutto promettendo ai cittadini della RDT vantaggi materiali se abbandonavano il loro paese. Molti cittadini della RDT non resistettero a questa tentazione e fecero quello che i politici della RFT si aspettavano che facessero: “votarono con i piedi”. Il successo economico esercitò un’attrazione fatale sui tedeschi dopo il 1945 non meno di quanto era accaduto dopo il 1933. La RDT e gli Stati alleati del Patto di Varsavia vennero a trovarsi in una situazione difficile. La politica del roll back sembrava coronata da successo in Germania. La NATO si accingeva ad estendere la sua area di influenza fino all’Oder. Questa politica produsse nel 1961 una situazione di tensione in Germania che metteva in pericolo la pace mondiale. L’umanità si trovò sull’orlo di una guerra atomica. Questa era la situazione quando gli Stati del Patto di Varsavia decisero la costruzione del muro. Nessuno prese quella decisione a cuor leggero. Perché divideva le famiglie, ma anche perché era il segno di una debolezza politica ed economica del Patto di Varsavia rispetto alla NATO che poteva essere compensata solo con mezzi militari. Politici eminenti fuori della Germania, ma anche nella RFT, riconobbero dopo il 1961 che la costruzione del muro aveva diminuito la tensione nel mondo.
Franz Josef Strauss scrisse nelle sue memorie: “Con la costruzione del muro la crisi, in modo certo non positivo per i tedeschi, poteva però dirsi non solo sotto controllo ma effettivamente chiusa” [...]. In precedenza Strauss aveva parlato dei piani di bombardamento atomico del territorio della RDT […]. Io credo che non ci sarebbero stati né il Trattato Fondamentale [trattato che regolava i rapporti tra le due Germanie concluso nel dicembre 1972, ndr], né Helsinki, né l’unità della Germania se in quel momento non fosse stato costruito il muro o se esso fosse stato abbattuto prima della fine della guerra fredda. Penso perciò che approvando la costruzione del muro e mantenendo poi quella posizione né io né i miei compagni ci siamo macchiati di alcuna colpa, non solo dal punto di vista del diritto, ma neanche da un punto di vista morale e politico. Rispetto alla storia della Germania è certo solo una nota marginale, ma è il caso di notare che adesso molti tedeschi sia dell’ovest che dell’est vedrebbero volentieri una riedizione del muro. Ma ci si deve anche chiedere che cosa sarebbe successo se avessimo agito come l’accusa dà per scontato che avremmo dovuto fare. Cioè se non avessimo eretto il muro, se avessimo consentito a chiunque di lasciare la RDT, segnando così spontaneamente la resa della RDT già nel 1961. Non c’è bisogno di particolare fantasia per capire quali effetti avrebbe prodotto una politica siffatta. Basta considerare quel che è successo nel 1956 in Ungheria e nel 1968 nella Repubblica Socialista Cecoslovacca. Le truppe sovietiche, che tra l’altro erano già presenti, sarebbero intervenute anche nella RDT nel 1961, esattamente come avevano fatto negli altri paesi. Anche in Polonia Jaruzelski proclamò lo stato di emergenza nel 1981 per impedire un intervento di quel tipo. L’acutizzazione della crisi che avremmo provocato se ci fossimo attenuti al modello che l’accusa ritiene essere l’unico politicamente, moralmente e giuridicamente fondato avrebbe comportato il rischio di una terza guerra mondiale. Noi non abbiamo voluto e non potevamo correre questo rischio».
46. E. Honecker, Discorso-Autodifesa pronunciato davanti al Tribunale di Berlino, CCDP, 29 ottobre 2009.

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