27 Luglio 2024

6.7. LA VERSIONE OFFERTA DALLA STORIA SEGRETA DEL KGB

«Dal momento in cui Hitler salì al potere in Germania, la controrivoluzione internazionale divenne parte integrante del piano nazista per la conquista del mondo. Hitler mobilitò in ogni paese le forze controrivoluzionarie che per quindici anni si erano organizzate in tutto il mondo. Queste forze furono ora trasformate in quinte colonne della Germania nazista e divennero organizzazioni di tradimento, spionaggio e terrore. Erano, queste quinte colonne, le avanguardie segrete della Wehrmacht tedesca. Una delle più potenti e più importanti operava in Unione Sovietica. […] “Vi fu un momento”, scrisse Winston Churchill nei suoi Great Contemporaries, “in cui Trockij fu quasi sul punto di occupare il trono vacante dei Romanov”.»147
Rimane ora da prendere per le corna la questione nodale: ha ragione la storiografia liberale a condannare lo “stalinismo” e i suoi “orrori”? Oppure è accettabile la tesi della “triplice guerra civile” così come presentata nelle pagine iniziali di questo capitolo? E quanto è attendibile inoltre la versione offerta per decenni dai comunisti e dall'URSS sul fatto che vi fossero complotti interni ed esterni tesi a destabilizzare il regime? Occorrerà procedere con pazienza. Come fatto per il primo capitolo, andiamo ora a vedere che cosa ci dice la fonte della Storia segreta del KGB, messa a punto dallo storico britannico Christopher Andrew e dalla spia sovietica transfuga Oleg Gordievskij, sui fatti di questo periodo. Ricordiamo come questa sia di fatto una fonte di primo piano della storiografia liberale, improntata ad accettare pienamente la categoria interpretativa dello stalinismo, visto come un'estrema accentuazione del bolscevismo stesso, ma aggravato da una serie di paranoie mentali dovute all'ideologica leninista. Quel che proponiamo è un confronto critico tra questa fonte e quelle successive. Nel riportare le righe che seguono abbiamo espunto i giudizi propriamente politici mantenendo solo i fatti duri e puri accettati o riportati dagli autori.

Sui tentativi del Comintern di sostenere e fomentare la Rivoluzione in Europa, mantenendo un controllo sulle organizzazioni comuniste locali, facendo riferimento alle settimane successive al I Congresso del Comintern, svoltosi all'inizio del marzo 1919148:

«Per qualche esaltante settimana sembrò che la rivoluzione si propagasse prima ancora che il Comintern cominciasse a esportarla. Senza bisogno di pressioni da Mosca, l'Ungheria decretò la Repubblica sovietica il 21 marzo e la Baviera fece altrettanto il 7 aprile. Grigorij Zinov'ev, presidente del Comintern, espresse la convinzione che tutta l'Europa sarebbe diventata comunista nel giro di un anno. Tuttavia il bolscevismo fu costretto a fermarsi e assistere impotente, meno di un mese dopo, all'abbattimento del soviet bavarese da parte di una concentrazione di truppe regolari e irregolari, e di nuovo in agosto alla fine della Repubblica sovietica ungherese a seguito dell'invasione romena. Nell'ottobre 1919 il Comintern costituì due avamposti segreti in Europa occidentale con l'incarico di appoggiare l'espansione del movimento rivoluzionario: il Western European Secretariat […] a Berlino, e il Western Bureau […] ad Amsterdam. I rispettivi capi […] furono scelti personalmente da Lenin […]. Il Western Bureau di Amsterdam fu presto individuato e tenuto sotto sorveglianza dalla polizia. […] Nell'aprile del 1920 il Western Bureau fu sciolto. Il WES di Berlino ebbe miglior fortuna. Il compagno Thomas organizzò un'elaborata rete segreta che mandava a Mosca e altrove corrieri muniti di passaporto diplomatico, forniva falsi documenti ai militanti comunisti, distribuiva fondi ai partiti comunisti tedeschi e di altri Paesi dell'Europa occidentale. Poiché la polizia controllava le donne meno degli uomini, molti corrieri erano scelti tra le attiviste del partito […]. Thomas dimostrò le proprie capacità organizzative noleggiando due aerei e una nave per trasportare i delegati, tutti provvisti di documenti falsi o di passaporti diplomatici, a Pietrogrado per il II Congresso del Comintern. Il Congresso di Pietrogrado adottò “ventuno condizioni”, in gran parte abbozzate da Lenin, che imponevano ai membri una disciplina non dissimile da quella militare. […] Karl Radek, membro russo dell'ECCI [Comitato Esecutivo del Comintern, ndr], dichiarò: “Poiché la Russia è l'unico Paese in cui la classe operaia ha preso il potere, i lavoratori di tutto il mondo dovrebbero diventare dei patrioti russi”. La maggior parte dei comunisti fu d'accordo. […] Zinov'ev disse che l'ECCI aveva non soltanto il diritto, ma il dovere di intervenire nell'opera dei partiti membri, o aspiranti tali, dell'Internazionale Comunista. […] Il comportamento dei rappresentanti del Comintern all'estero era del tipo che il socialista italiano Giacinto Serrati definiva “da eminenze grigie”. Contribuivano a creare nei partiti socialisti le divisioni che negli anni tra il 1920 e il 1921 portarono alla nascita di nuovi partiti comunisti in Francia, in Italia, in Cecoslovacchia e altrove».
Sulle tentate rivoluzioni in Germania149:
«Nel corso dei primi due anni del Comintern, il suo programma di attività clandestina non andò molto oltre lo stadio dell'istruzione e finanziamento dei rivoluzionari non russi e dei simpatizzanti per il bolscevismo. Nel marzo 1921 fece, in Germania, il primo tentativo di varare una rivoluzione. Il maggior contributo alla “Azione di marzo” tedesca fu fornito da Béla Kun, a quel tempo il più famoso comunista non russo, veterano della Rivoluzione d'Ottobre, ex capo della Repubblica sovietica ungherese e membro del “Piccolo Ufficio” del Comintern. […] Sosteneva che la Germania, patria del marxismo, era anche il punto più vulnerabile del capitalismo. Lenin non si lasciava prendere dall'entusiasmo. La sua fede nell'imminenza della rivoluzione mondiale si stava spegnendo. Era persuaso che, dopo le devastazioni della guerra civile, la Russia sovietica avesse bisogno di un periodo di ricupero interno e di distensione all'estero nei confronti dei nemici imperialisti. Sembra tuttavia che Kun riuscisse a convincere Lenin […]. Nei primi giorni del marzo 1921 Kun e una delegazione segreta del Comintern si riunirono a Berlino per progettare la rivoluzione tedesca. Il compagno Thomas, allora rappresentante del Comintern in Germania, era esterrefatto. “Protestai violentemente” affermò in seguito “e chiesi a Mosca il richiamo di Kun. Fornii le prove che in Germania non esistevano in alcun modo le condizioni preliminari per insorgere”. Mosca non diede risposta, ma il 17 marzo Kun aveva ottenuto il consenso della leadership del KPD. […] Gli scioperi e le sommosse ebbero inizio il 21 e 22 marzo. Il 24 il KPD ordinò lo sciopero generale e ingiunse agli operai di prendere le armi. La grande maggioranza della manodopera tedesca non partecipò alla lotta. Il 1° aprile le poche aree insorte erano già state neutralizzate; pertanto il KPD revocò lo sciopero generale. Avevano perso la vita 145 lavoratori, 3470 erano stati arrestati, e si ignorava il numero dei feriti. […] il fallimento dell'iniziativa creò una linea di demarcazione nella politica sovietica. Adesso il compito prioritario non era quello di propagare la rivoluzione, bensì il consolidamento del regime sovietico in patria».
I bolscevichi ci riprovarono nel 1923150:
«La più ambiziosa azione clandestina che coinvolgeva tanto l'OGPU quanto il Comintern fu il tentativo finale di scatenare la rivoluzione in Germania. L'iniziativa, benché approvata dal Politbjuro […] venne dal Comintern. Nel marzo 1923 Lenin ebbe il terzo attacco di cuore, che pose fine alla sua vita politica attiva. I capi del Comintern erano decisi a esportare la rivoluzione almeno in un altro Paese prima della morte di Lenin. […] Il 15 agosto Zinov'ev interruppe le proprie vacanze estive per dare istruzioni al partito comunista tedesco di prepararsi all'imminente rivoluzione. […] “Compagni”, disse Trockij “è giunta infine la tempesta che abbiamo atteso con impazienza in tutti questi anni. È destinata a cambiare la faccia della terra... la rivoluzione tedesca significa il crollo del capitalismo mondiale”. Pur senza condividere l'ottimismo di Trockij, il Politbjuro decise di mandare a Berlino una missione segreta di quattro uomini con documenti falsi a fare i preparativi per la rivoluzione tedesca. Radek avrebbe trasmesso al KPD le istruzioni del Comintern […] e dirigere in conseguenza il Comitato Centrale del partito tedesco. Unslicht, vice di Dzeržinskij all'OGPU, avrebbe organizzato e armato le “Centurie Rosse” che avrebbero realizzato la rivoluzione, quindi avrebbe costituito una OGPU tedesca per schiacciare la controrivoluzione. V. V. Smidt, di origine tedesca, Commissario sovietico al Lavoro, avrebbe organizzato cellule rivoluzionarie all'interno dei sindacati che, sulla scia della rivoluzione, sarebbero diventati tedesco-sovietici. Jiuij Pjatakov, membro del Comitato Centrale del partito comunista russo, avrebbe coordinato l'opera degli altri e tenuto i collegamenti tra Mosca e Berlino. In realtà nel 1923 non vi furono mai prospettive serie di una rivoluzione tedesca. Il KPD aveva, tra la classe operaia tedesca, una minima frazione della simpatia di cui godeva invece il rivale SPD, il partito socialista. Inoltre, il Governo tedesco era molto meno debole del Governo provvisorio di Kerenskij dell'ottobre 1917. Malgrado queste circostanze, la missione segreta conservò imperterrita il proprio ottimismo. […] Il via fu dato a fine settembre nel corso di un'assemblea speciale del Politbjuro. […] Secondo il piano approvato da quest'ultimo, le “Centurie Rosse” avrebbero dato inizio al conflitto armato contro la polizia nel prosieguo dei festeggiamenti per l'anniversario della rivoluzione bolscevica. Il conseguente subbuglio e le repressioni che, secondo i calcoli, ne sarebbero nate, avrebbero dovuto suscitare l'insurrezione generale della classe lavoratrice. I distaccamenti di Unslicht ne avrebbero approfittato per impadronirsi dei centri del potere […]. Le armi per le “Centurie Rosse” furono trasportate ad Amburgo da una nave da carico proveniente da Pietrogrado, e vennero scaricate di nascosto dai portuali comunisti. La rivoluzione tedesca sarebbe dovuta iniziare nelle prime ore del 23 ottobre. […] Per tutta la notte fu tenuta aperta una linea telefonica con la stanza in cui Lenin giaceva malato, a Gorki, dov'erano riuniti altri capi sovietici. Lenin poteva balbettare a malapena qualche sillaba, ma la sua mente era viva e in ansiosa attesa delle notizie della rivoluzione da lui preconizzata cinque anni prima. Quelle notizie non giunsero mai. […] All'ultimo minuto Radek e il direttivo del KPD avevano annullato la progettata insurrezione a causa del mancato appoggio della classe operaia. Ad Amburgo vi fu una piccola sommossa, che però venne presto liquidata. […] A partire da quel momento le speranze del Comintern per la marcia della rivoluzione si spostarono dall'Europa all'Asia, in particolare all'India e alla Cina. In Europa il fallimento del favoleggiato “ottobre tedesco” del 1923, confermò l'inversione di tendenza seguita al fallimento della “Azione di marzo” del 1921: la leadership sovietica non voleva più sponsorizzare rivoluzioni, ma solo stabilire rapporti commerciali e diplomatici con le potenze capitaliste».
I fallimenti del Comintern si spiegano non solo per la velleità di trasportare la rivoluzione con la forza in mancanza di condizioni oggettive (un apprendimento doloroso per i dirigenti, che decisero di concentrarsi sul consolidamento dell'URSS, ed in tal senso rientra la logica del “socialismo in un solo Paese”) ma anche per la fragilità dei suoi servizi di intelligence : «i cifrari diplomatici e spionistici sovietici rimasero vulnerabili per una decina d'anni dopo la rivoluzione. Il Comintern di quel periodo era “permeabile” quanto le ambasciate occidentali a Mosca». Molto però era stato fatto, grazie alla supervisione e agli sforzi di Dzeržinskij:
«Alla morte di Dzeržinskij, nel luglio 1926, […] la “sigint” [l'attività di raccolta di informazioni mediante l'intercettazione e analisi di segnali, sia emessi tra persone sia tra macchine, ndr] sovietica, pur non essendo ancora della stessa classe di quella zarista, era di nuovo una fonte importante di notizie diplomatiche. L'infiltrazione nelle ambasciate occidentali, a Mosca e altrove, diede alla Russia quelle che forse si possono definire le migliori informazioni “humint” (di fonte umana) del mondo. Per contro, Mosca era diventata un luogo troppo ostile per i servizi segreti occidentali, che non riuscivano più a operare. Il SIS, per fare un esempio, non ebbe mai una stazione a Mosca nel periodo tra le due guerre. Come la maggior parte dei servizi segreti occidentali, tentò con successo sempre minore di infiltrarsi in Russia attraverso le sue frontiere, soprattutto dalla Finlandia e dagli Stati Baltici».
Nel frattempo erano proseguiti i lavori per stroncare le attività controrivoluzionarie152:
«Il KGB elenca tuttora tra i suoi massimi trionfi del passato le iniziative con cui riuscì a ingannare le Guardie Bianche dopo la guerra civile. Due di queste operazioni, denominate in codice Sindikat e Trest (“Il Trust”), hanno un rilievo particolare […]. L'operazione Sindikat fu diretta contro l'uomo considerato l'elemento più pericoloso delle Guardie Bianche: Boris Savinkov, ex terrorista nelle file dei socialisti rivoluzionari […]. Nel gennaio 1921 Savinkov costituì, con i resti dell'RPC [Comitato Politico Russo antibolscevico, ndr], una nuova organizzazione per deporre il regime: l'Unione del Popolo per la Difesa del Paese e per la Libertà, che gestì una rete di agenti nella Russia sovietica per raccogliere informazioni e preparare l'insurrezione contro il regime. Secondo la versione sovietica, “quasi tutti gli agenti di Savinkov erano contemporaneamente al soldo della Polonia, e la polizia polacca li aiutava ad attraversare il confine”».
Ricevendo anche «sussidi da parte della Francia, dell'Inghilterra e della Cecoslovacchia. […] Verso la fine del 1921 egli andò in Inghilterra, rinnovò la conoscenza con Winston Churchill e intraprese un giro di visite ad alto livello. […] Poco prima delle feste di Natale, Churchill andò in automobile con Savinkov ai Chequers per un incontro con il primo ministro». Nel frattempo i servizi sovietici si erano infiltrati nella sua organizzazione, riuscendo attraverso un agente a convincerlo a passare all'azione in Russia:
«nel luglio del 1924 Savinkov finì per abboccare, decise di recarsi in Russia […]. Il 15 agosto […] Savinkov varcò la frontiera russa insieme ad alcuni dei propri collaboratori e cadde prontamente in una trappola dell'OGPU. […] Il 27 agosto, nel corso di una processo esemplare, Savinkov fece una confessione pubblica: “Io riconosco incondizionatamente il potere sovietico a esclusione di ogni altro. A tutti i russi che amano il loro Paese io, che ho compiuto l'intero percorso di questa dura e sanguinosa lotta contro di voi, io che più di chiunque altro vi ho rifiutati, dico che chi è russo, chi ama il proprio popolo, s'inchinerà al potere operaio e contadino, e lo riconoscerà senza alcuna riserva”.»
Savinkov morì l'anno dopo, nel maggio 1925, forse suicida, forse spinto dalla tromba di una scala della Lubjanka. Sulla Trest: «fu per il KRO [Dipartimento di controspionaggio della CEKA, ndr] uno strumento per infiltrarsi nei gruppi di Guardie Bianche emigrate all'estero, e per spazzare via i loro ultimi simpatizzanti dalla Russia». Quando nel 1926 Dzeržinskij morì, il suo successore fu Vjačeslav Rudol'fovič Menžinskij, così descritto153:
«un uomo alto e magro con occhiali a pince-nez dalla montatura d'oro, era più trattabile del suo predecessore. In apparenza, i due uomini avevano molto in comune. Entrambi erano vecchi bolscevichi provenienti da facoltose famiglie polacche. […] Fu forse il più intellettuale di tutti i capi del KGB. Persino il transfuga Georgij Agabekov, che giudicava in modo spesso impietoso i suoi ex colleghi, lo descrisse come “un uomo di profonda cultura” e di “grande erudizione”. […] Menžinskij parlava correntemente dodici lingue all'epoca del suo ingresso nella CEKA, e più tardi imparò anche il cinese, il giapponese, il persiano e il turco. […] per molti di coloro che lavoravano con lui “era insolito sentirsi dare dal presidente dell'OGPU un ordine che iniziava con 'Chiedo umilmente...'”. Trockij, che cominciò a essere perseguitato dall'OGPU al tempo della gestione Menžinskij, lo trovava scialbo […]. Menžinskij non era staliniano. […] Ancora prima di subentrare a Dzeržinskij, Menžinskij soffriva di angina pectoris. […] Nell'aprile del 1929, un grave attacco di cuore lo allontanò dal servizio attivo per due anni. Nel 1931 riprese a lavorare a tempo parziale, ma nel 1933 non era più in grado di salire le scale per raggiungere il suo appartamento al Cremlino, e si ritirò definitivamente».
Negli anni '30 si affermò Jagoda154:
«A causa della salute cagionevole e della leadership passiva di Menžinskij, il potere all'interno dell'OGPU passò, di fatto, ogni giorno di più al suo aggressivo vicepresidente ebreo, Genrich Grigor'evič Jagoda. Tarchiato e rubicondo, Jagoda era agli antipodi di Menžinskij per le maniere e per l'aspetto. Lo stesso KGB oggi lo ricorda solo con imbarazzo. Sono poche le memorie dell'era staliniana che parlino di lui senza esecrarlo. […] La sua crudeltà e la sua rozzezza non dovevano essere così evidenti quando, nel 1923, Dzeržinskij lo nominò secondo vicepresidente. Forse vide in lui soltanto un burocrate capace, energico e ambizioso. Jagoda divenne un classico esempio del burocrate corrotto dall'eccesso di potere; in lui la presunzione e la brutalità aumentarono di pari passo. […] Stalin non si fidò mai completamente di Jagoda […] perché Jagoda simpatizzava per la “Opposizione di Destra” e per il suo leader carismatico Nikolaj Bucharin. Nel 1928 Bucharin, parlando a Kamenev di Jagoda e di Trilisser, secondo vicepresidente dell'OGPU e capo dell'INO, disse: “Sono dei nostri”. […] Però Bucharin si rese anche conto che Jagoda era un opportunista sul cui appoggio non si poteva fare affidamento. Nel 1931, Stalin cercò di rafforzare la propria influenza nell'OGPU affiancando a Jagoda un apparatcik del partito, A. I. Akulov, come primo vicepresidente aggiunto. Nel giro di un anno Akulov era già tagliato fuori».
Il 1927, come abbiamo già visto, è un anno chiave per la svolta della politica interna sovietica, soprattutto per i rischi percepiti sempre maggiori sulla possibilità di un prossimo conflitto militare. Ciò era dovuto anche ad una «penosa serie di insuccessi nel lavoro di spionaggio all'estero […] Nella primavera del 1927 si verificarono in otto paesi diversi scoperte sensazionali sull'attività spionistica sovietica». In particolare:
«i due colpi più traumatici […] furono gli interventi della polizia a Pechino e a Londra, seguiti entrambi dalla pubblicazione di una parte dei documenti segreti sequestrati. Quelli pubblicati in Cina fornirono una quantità di particolari imbarazzanti sulle operazioni segrete sovietiche (soprattutto da parte del settore militare) […] nel promuovere la lotta tra il popolo cinese e gli occidentali. […] I documenti resi noti in Inghilterra, meno numerosi e molto meno sensazionali, furono accompagnati dalla scoperta altrettanto sgradevole che la Gran Bretagna aveva ancora una volta decifrato i codici sovietici […]. L'impatto che le sconvolgenti scoperte di Pechino e Londra ebbero sul Cremlino e sull'OGPU fu enorme, perché sopraggiunsero nel momento di una svolta decisiva dei rapporti russi tanto con la Cina quanto con la Gran Bretagna. Sin dal 1922, la politica sovietica in Cina si era basata sull'alleanza con i nazionalisti del Kuomintang. Nell'aprile del 1927 una sommossa guidata dai comunisti consegnò Shangai nelle mani del generale del Kuomintang, Chiang Kai-shek. Chiang, disse Stalin, “va spremuto come un limone e poi gettato via”. Nella fattispecie furono i comunisti a subire la sorte del limone. Una volta ottenuto il controllo di Shangai, Chiang cominciò il massacro sistematico dei comunisti che l'avevano conquistata per lui. I comunisti, su ordine di Stalin, risposero con una serie di insurrezioni armate che finirono tutte in fiaschi clamorosi. Le rivelazioni sullo spionaggio sovietico portarono alla rottura […] dei rapporti con la Gran Bretagna, che l'Unione Sovietica considerava ancora la prima potenza mondiale.
Sin dall'epoca dello sciopero generale britannico del maggio 1926 […] il Governo di Stanley Baldwin era stato invitato con sempre maggiore insistenza a troncare i contatti con l'Unione Sovietica. Le nuove, gravi prove dell'attività spionistica sovietica all'interno delle forze armate nella primavera del 1927 furono la goccia che fece traboccare il vaso. Il 26 maggio 1927 […] il Governo di Sua Maestà interrompeva le relazioni diplomatiche a causa “dello spionaggio e della propaganda contro la Gran Bretagna”. […] I disastri verificatisi nel settore delle informazioni durante la primavera del 1927 ebbero un profondo effetto su Stalin […]: “È fuor di dubbio che il problema più grave del momento è la minaccia di una nuova guerra imperialista. Non si tratta di un 'pericolo' indefinito e impalpabile. Si tratta in linea generale della minaccia vera e concreta di una nuova guerra, e in particolare di una guerra contro l'URSS”.
L'animatrice della costituzione di “un fronte imperialista unito” contro l'Unione Sovietica, sosteneva Stalin, era la nemica numero uno, “la borghesia inglese con il suo stato maggiore militante, il partito conservatore”. […] Anche se il “complotto” inglese era abortito, ne sarebbero nati inevitabilmente altri. La Gran Bretagna continuava a finanziare “gruppi terroristici e spionistici nell'URSS” e cercava di fomentare rivolte con la collusione degli emigrati “bianchi” e delle potenze imperialiste. Stalin denunciò “tutti quei leader dei movimenti operai che considerano una fantasia la minaccia di una nuova guerra, che blandiscono i lavoratori con bugie pacifiste, che chiudono gli occhi davanti ai preparativi della borghesia per una nuova guerra...” C'erano due priorità urgenti per contrastare la minaccia imperialista. La prima era di “rafforzare la capacità di difesa del nostro paese” con lo sviluppo economico, soprattutto nel settore dell'industria bellica, e con una più attenta vigilanza del popolo sovietico. La seconda consisteva nel “proteggerci le spalle” con un attacco violento e determinato ai presunti nemici interni: terroristi, sabotatori industriali e altra “immondizia”. Questa “immondizia”, secondo Stalin, comprendeva i dissidenti all'interno del partito comunista: “Che cosa possiamo dire, dopo tutto questo, della nostra miserabile opposizione e dei suoi ulteriori attacchi al partito di fronte alla minaccia di una nuova guerra? Che cosa possiamo dire della stessa opposizione che reputa opportuno, quando la guerra incombe, rafforzare i propri attacchi al partito?”»
Qui c'è già in nuce la direttrice strategica degli anni '30 che si scontrerà, necessariamente, con l'intreccio delle tre guerre civili. Da questo momento in poi i servizi di sicurezza ebbero molto da fare per i dieci anni successivi156:
«nel marzo del 1928, l'OGPU comunicò la scoperta di un “complotto controrivoluzionario” alle miniere di Sachty, nel bacino del Donbass. Secondo la versione più convincente sulle origini della congiura, essa fu individuata alla fine del 1927 dal capo dell'OGPU nel Caucaso settentrionale, G. E. Evdokimov. Egli riferì a Menžinskij che un gruppo di ingegneri nella città di Sacthy aveva cospirato con gli ex proprietari delle miniere nella diaspora dei russi bianchi e con imperialisti occidentali per mandare in rovina le miniere. Quando Menžinskij chiese delle prove, Evdokimov produsse una serie di lettere intercettate, provenienti dall'estero e dirette agli ingegneri. […] Per due mesi la stampa sovietica pubblicò denunce contro “vili sabotatori, congiurati e spie”, dopo di che la teoria […] del complotto prese forma scritta in un atto d'accusa di 250 mila parole contro tecnici e ingegneri – cinquanta russi e tre tedeschi – imputati di sabotaggio e di spionaggio.
L'interminabile processo esemplare, che si aprì in maggio sotto gli immensi lampadari di cristallo del Palazzo dei Sindacati a Mosca (il Circolo dei Nobili, prima della rivoluzione), ebbe un nuovo pubblico a ogni udienza. In totale, oltre centomila tra operai, contadini, studenti e altri gruppi di spettatori […] assistettero a una parte dei procedimenti. Il corrispondente della United Press, Eugene Lyons, ex simpatizzante comunista, scrisse in seguito:
I pochi che protestavano la propria innocenza... offrirono agli spettatori le emozioni più forti. Vederli alle corde, la schiena curva, la voce tremante per il panico; osservare come si sottraevano a una domanda aggressiva della pubblica accusa per respingere un'affermazione di un coimputato, voltarsi a ricevere il rimprovero di un giudice – confessare, vacillare, inciampare nelle proprie parole – e, alla fine, sempre in piedi, esausti e sconvolti dal terrore, lanciare uno sguardo sui presenti come se si accorgessero del pubblico per la prima volta, era davvero uno sport appassionante: che brave le squadre investigative che avevano dato vita a un simile spettacolo!
[…] Solo undici dei presunti sabotatori di Sachty furono condannati a morte; ad altri sei fu concesso il condono […] La grande maggioranza del pubblico e dei lettori dei giornali sovietici trovò convincente il dramma inscenato a suo beneficio».
Ossia il complotto, che a differenza di quanto affermato nell'ultima affermazione gratuita era assai reale.
«Al plenum del Comitato Centrale tenuto nell'aprile del 1928 fu lo stesso Stalin a spiegare per filo e per segno le incredibili ramificazioni del presunto complotto “scoperto” a Sacthy:
Sarebbe sciocco dichiarare che il capitalismo internazionale ci lascerà in pace. No, compagni, non è vero. Le classi esistono, il capitalismo internazionale esiste, e non può guardare con indifferenza lo sviluppo del Paese che sta costruendo il socialismo. In un primo tempo il capitalismo internazionale pensava di rovesciare il potere sovietico con intervento militare diretto. Il tentativo non è riuscito. Ora sta tentando, e continuerà a tentare in futuro, di indebolire il nostro potere economico mediante interventi invisibili di natura economica, non sempre ovvi ma piuttosto gravi, organizzando sabotaggi, progettando ogni genere di “crisi” nei vari settori dell'industria, spianando in tal modo la via a un futuro intervento militare. Tutto questo fa parte della lotta di classe del capitalismo internazionale contro il potere sovietico, e pertanto non si può parlarne come di un evento casuale”.»
Stalin era dunque paranoico? C'erano motivi validi per fare affermazioni del genere? Si può davvero pensare che i servizi occidentali potessero organizzare congiure del genere in un'area prossima ai confini del Paese? Per rispondere definitivamente al quesito occorrerebbe riuscire a mettere le mani sui documenti più segreti dell'intelligence britannica e di altri paesi occidentali. Quel che possiamo dire è che in tutto il periodo della Guerra Fredda pratiche simili di sabotaggio, come avremo ampiamente modo di dimostrare nel secondo Volume (usando documenti declassificati della CIA) verranno sistematicamente messe in atto in tutto il mondo, già a partire dagli anni '40 e '50. Il 1928 non è così distante temporalmente, ed è ugualmente difficile pensare che dopo la rottura delle relazioni diplomatiche del 1927 non si sia tentato di rispondere ai sovietici riprendendo in maniera più viva una serie di interventi di destabilizzazione portati avanti in maniera intensiva già negli anni immediatamente precedenti. Occorre aggiungere che la storia interna del KGB, ancora all'inizio dell'era Gorbacev, ben dopo quindi la “destalinizzazione”, restava rigorosamente fedele all'interpretazione del caso di Sachty data da Stalin. Neanche da sottovalutare è inoltre il ruolo delle opposizioni politiche interne. Se alcuni dirigenti di prestigio dopo essere stati espulsi nel 1927 erano stati riaccolti in seguito ad un'autocritica, Trockij, che non aveva voluto piegarsi, era stato esiliato in Turchia, vinto ma convinto a proseguire la lotta con ogni mezzo. Secondo una storia ufficiale non riservata apparsa nel 1979 : «È indubbio che i sabotatori, le spie e i deviazionisti che comparvero alla fine degli anni '20 in un gruppo unificato antisovietico rappresentavano una seria minaccia per lo sviluppo del socialismo e il rafforzamento del potere difensivo del Paese. La scoperta degli organi del KGB, compreso i settori speciali, di questo movimento clandestino ostile aiutò il Partito e il Governo a frustrare i piani antisovietici della reazione internazionale».
Soprattutto il gruppo dirigente, Stalin in primis, si convinse della necessità di industrializzare in tempi rapidi il Paese per prepararlo ad un'aggressione militare158:
«In un discorso al Comitato Centrale nel novembre 1928, Stalin affermò che la sopravvivenza del “socialismo in un solo Paese” dipendeva dalla capacità dell'economia sovietica di sorpassare l'Occidente: “O ci riusciamo, o saremo schiacciati”. Ripeté lo stesso monito nel febbraio del 1931: “Una costante nella storia della vecchia Russia è rappresentata dalle continue sconfitte che subiva a causa della sua arretratezza... Noi abbiamo un ritardo di cinquanta o cento anni rispetto ai Paesi avanzati. Dobbiamo annullare questo distacco in dieci anni. O lo facciamo, o andiamo a fondo”.»
Le tensioni proseguirono anche dopo la crisi capitalistica del 1929, anzi seguirono le denunce pubbliche della guerra economica subita159:
«Il crollo di Wall Street non rese il capitalismo meno pericoloso agli occhi dei sovietici. Nel giugno del 1930, Stalin ammoniva: “Ogni volta che le contraddizioni del capitalismo cominciano ad acuirsi, la borghesia volge lo sguardo verso l'URSS, come per dire: 'Non possiamo sistemare questo o quel contrasto del capitalismo, o tutte le incoerenze prese assieme, a spese dell'URSS, la terra dei soviet, la cittadella della rivoluzione, la cui sola esistenza sta trasformando la classe lavoratrice e le colonie...?' Di qui la tendenza agli assalti avventurosi e agli interventi contro l'URSS, tendenza che si trova rafforzata a causa della crisi in corso”.
Con la sconfitta dei conservatori nelle elezioni generali inglesi del giugno del 1929 […] e il ripristino dei rapporti diplomatici anglo-sovietici, la Gran Bretagna smise di costituire il pericolo principale. Il rischio maggiore di una guerra, disse Stalin, adesso veniva dalla Francia, “il più aggressivo e militarista di tutti i paesi aggressivi e militaristi”. […] Nell'ottobre del 1930, il ministero del Commercio e dell'Industria francese ordinò di limitare le importazioni sovietiche, e tentò di convincere i suoi alleati in Europa orientale a fare altrettanto. L'Unione Sovietica reagì vietando ogni importazione dalla Francia e denunciando pubblicamente i disegni aggressivi dell'imperialismo francese. […] La rinnovata minaccia di un attacco dall'esterno intensificò la caccia ai sabotatori interni in combutta con gli imperialisti stranieri, soprattutto francesi. Il 22 settembre 1930, la stampa annunciò che l'OGPU aveva scoperto una “società controrivoluzionaria” di quarantotto elementi tra professori, agronomi e funzionari degli approvvigionamenti guidati dal professor Aleksandr Rjazancev, che furono accusati di sabotare l'approvvigionamento alimentare del Paese. […] Il 24 settembre fu comunicato che tutti i 48 criminali erano stati fucilati, e i giornali pubblicarono estratti delle loro confessioni […]. La congiura […] più notevole scoperta durante il Primo Piano Quinquennale fu quella di un “partito industriale” clandestino, formato da duemila tecnici e pianificatori ufficiali, che da tempo tramava la caduta del regime sovietico, con la collaborazione degli stati maggiori di una dozzina di Paesi, prima fra tutti la Francia; c'erano importanti statisti francesi come Raymond Poincaré e Aristide Briand; varie personalità straniere, tra cui Lawrence d'Arabia e il magnate del petrolio Sir Henry Deterding; un governo provvisorio di russi bianchi a Parigi […] in attesa di tornare in Russia e restaurare il capitalismo. L'apertura del processo pubblico […] fu accompagnato da una gigantesca parata di oltre mezzo milione di operai e impiegati che arrancavano nella neve al grido di: “Morte! Morte! Morte!” […] Mezzo secolo dopo il processo, il KGB sosteneva ancora […] che il partito industriale era stato un autentico “centro di spionaggio clandestino... diretto e finanziato da agenti segreti occidentali, nonché... da ex grandi capitalisti russi residenti a Parigi”.
[…] La maggior parte delle prove occorrenti […] furono fornite dalle confessioni dei “cospiratori”. […] In effetti, pochissimi di coloro cui erano destinati i teatrali processi pubblici nutrivano dubbi. Nemmeno i trockijsti […] dubitavano della realtà del complotto del partito industriale. Trockij sosteneva che “i sabotatori specializzati” erano “al soldo di imperialisti stranieri e di compradores russi in esilio”. Un trockijsta clandestino a Mosca interpretò la rabbia dei lavoratori nei confronti dei “sabotatori specializzati” come prova evidente del loro “autentico entusiasmo rivoluzionario”. […] Il processo del “partito industriale” finì, inaspettatamente, in una bolla di sapone. I giudici pronunciarono cinque condanne a morte, tra gli evviva e gli applausi dei presenti in aula. Due giorni dopo, fu annunciato che le sentenze erano state commutate in dieci anni di carcere. Alcuni dei condannati furono riabilitati in segreto. I motivi di questa inversione di rotta erano di natura economica. […] il rapido sviluppo del Primo Piano Quinquennale aveva rivelato che l'industria dipendeva ancora dall'abilità degli “specialisti borghesi”. […] Nel marzo del 1933, sei ingegneri elettrotecnici inglesi che lavoravano per la società Metropolitan-Vickers ad alcuni progetti in Russia furono arrestati, insieme a numerosi tecnici russi, con l'accusa di sabotaggio e spionaggio. […] Gli imputati russi confessarono debitamente i loro pretesi crimini […] Tutti i russi, tranne uno, furono condannati a pene detentive. Lo stesso accadde a due ingegneri della Metro-Vic».
Sulla carestia che colpì soprattutto la regione ucraina a inizio anni '30160:
«Per tutta la durata della carestia in Ucraina, l'OGPU continuò a scoprire casi di sabotaggio da parte dei “nemici di classe” e dei “cospiratori controrivoluzionari”. Tra questi furono annoverati anche ex combattenti accusati di decimare il bestiame; tutto il personale dell'ufficio meteorologico incolpato di falsificare le previsioni del tempo; impiegati statali sospettati di aver danneggiato trattori e infestato il grano da semina con la gramigna; presidenti di fattoria che non erano riusciti a raggiungere traguardi di produzione […]. Stanislav Koser, il primo ministro ucraino […] annunciò che “interi covi controrivoluzionari esistevano all'interno dei Commissariati del Popolo per l'Istruzione, l'Agricoltura, la Giustizia; nell'Istituto Ucraino di Marxismo-Leninismo, nell'Accademia di Agricoltura, nell'Istituto Ševčenko, e in altri ancora...”. […] Lazar Kaganovič […] dichiarò che i Kulaki sopravvissuti alle deportazioni, insieme alle Guardie Bianche e ad altri controrivoluzionari, erano riusciti a “sabotare le consegne dei raccolti di grano e la semina”.»
Sulle attività delle opposizioni politiche interne161:
«un ultimo residuo dell'idealismo iniziale del sogno rivoluzionario bolscevico serviva ancora a provocare almeno una protesta silenziosa. La più esplicita fu una lettera redatta da un fedele di Bucharin, Michail Rjutin, firmata da lui e da altre diciassette persone, che venne fatta circolare tra i membri del Comitato Centrale alla vigilia dell'assemblea plenaria nell'autunno del 1932. Il testo della “piattaforma Rjutin”, reso noto solo nel 1989, conteneva un attacco così diretto a Stalin e alle efferatezze degli ultimi anni che alcuni trockijsti, dopo aver letto il messaggio, conclusero erroneamente che doveva trattarsi di una provocazione dell'OGPU. La lettera denunciava Stalin come “il genio diabolico della rivoluzione russa che, mosso da spirito vendicativo e sete di potere, ha portato la rivoluzione sull'orlo dell'abisso”, e chiedeva che fosse destituito […] L'impatto della piattaforma Rjutin su Stalin fu accresciuto dalla contemporanea agitazione degli ultimi seguaci di Trockij. Nell'ottobre del 1932, E. S. Goltsman, funzionario sovietico ex trockijsta, incontrò a Berlino il figlio di Trockij, Sedov, e gli consegnò un documento duramente critico intitolato La situazione economica nell'Unione Sovietica, che fu pubblicato anonimo sul successivo numero mensile del Bjulleten Oppozitzii trockijsta. Goltsman era anche latore di una proposta per formare un blocco di resistenza unito all'interno dell'Unione Sovietica stessa».
Come reagì Trockij? «Questa proposta del blocco mi sembra del tutto accettabile» scrisse al figlio. In tale occasione il gruppo di Rjutin fu espulso dal Partito. Oltre al tono della lettera, che non riconosceva politicamente la guida della dirigenza sovietica, incarnata ai suoi occhi dal solo Stalin, si può constatare come ci sia qui una chiara descrizione di un incontro segreto (in terra tedesca) tra un emissario di Trockij (il figlio) e un esponente di rilievo del partito sovietico.
Sui primi processi politici causati dall'assassinio di Kirov del 1934162 (su cui vedremo successivamente l'atteggiamento assunto da Trockij) l'NKVD rivelò che l'assassino Nikolaev
«aveva ricevuto 5000 rubli dal console generale lettone (poi espulso), preteso tramite tra i cospiratori zinov'evisti e l'esule Trockij. Nel gennaio del 1935, Zinov'ev e Kamenev comparvero nel primo processo politico agli ex leader dell'opposizione. Entrambi ammisero solo una responsabilità politica, espressa in termini vaghi, per l'omicidio di Kirov; per tale confessione […] furono condannati l'uno a dieci anni e l'altro a cinque anni di carcere. […] “L'esecrabile assassinio del compagno Kirov” disse Stalin in seguito, aveva rivelato l'esistenza di “molti elementi sospetti nelle file del partito”. Questi potevano essere eliminati solo attraverso la più meticolosa inquisizione perché, secondo le parole di un portavoce, “la menzogna, il gesuitismo politico e il doppio gioco sono le tattiche fondamentali dei nemici del partito”. […] Molti di coloro che venivano espulsi dal partito furono tacciati di trockismo e zinov'evismo. Per Trockij, in solitario esilio, queste notizie erano fortemente incoraggianti. Nel gennaio del 1936 scriveva: “Tra i diecimila e i ventimila 'trockijsti' espulsi negli ultimi mesi ci sono soltanto poche decine, forse poche centinaia... di uomini della vecchia generazione, oppositori degli anni 1923-28. Ora la massa è formata da nuovi adepti... Si può dire con fiducia che, malgrado tredici anni di caccia, calunnie e angherie, insuperabili per malvagità e ferocia nonostante rese e defezioni, più nocive della persecuzione, la Quarta Internazionale (trockijsta) ha già oggi il proprio ramo più forte, più numeroso e più temprato nell'Unione Sovietica”.»
Sulla prosecuzione dei processi politici163:
«Il processo dei principali “degenerati” si aprì il 19 agosto. Zinov'ev, Kamenev e i loro compagni confessarono ciò che nel gennaio del 1935 era stato loro concesso di negare: erano i “diretti organizzatori” dell'assassinio di Kirov, che doveva preludere all'uccisione di altri capi comunisti, tra cui lo stesso Stalin, come mezzo per rovesciare il regime sovietico. Dal 1932 avevano agito su ordini […] di Trockij, trasmessi attraverso emissari segreti […]. Le loro confessioni pubbliche segnarono una fase importante nell'elaborazione di un'estesa teoria del complotto che […] fuse tutti i nemici dello stalinismo, in patria e fuori, in un'unica gigantesca congiura. Il processo identificò i superstiti dell'Opposizione di Sinistra non solo nell'esiliato Trockij, ma anche nelle Guardie Bianche e nel fascismo. Il “Centro Terroristico trockijsta-zinov'evista”, fu rivelato, “sprofondava definitivamente nella palude delle Guardie Bianche”, si fondeva con loro e “diventava la forza per l'organizzazione degli ultimi resti delle classi sfruttatrici che erano state sbaragliate nell'URSS”. Avevano collaborato anche con la Gestapo, con la quale Trockij aveva concordato una campagna terroristica congiunta contro il regime sovietico. Nella supplica finale, Zinov'ev definì il rapporto tra i propri seguaci e le forze del nazismo e del fascismo internazionale con una formula elegante, anche se improbabile, semplicità: “Il trockismo è una variante del fascismo e lo zinov'evismo è una variante del trockismo”. […] il processo coinvolse anche i superstiti dell'Opposizione di Destra: Bucharin, Rykov e Tomskij. Tomskij capì subito che vento tirava e si suicidò. Però […] Bucharin e Rykov erano stati assolti a seguito di un'indagine dell'NKVD. Tutti gli antichi sospetti di Stalin su Jagoda vennero a galla».
A questo punto gli sviluppi conseguenti sono: la richiesta al Politbjuro di sostituire Jagoda con Nikolaj Ezov. Un nuovo processo pubblico nel gennaio del 1937 contro Pjatakov, Radek e altri quindici dirigenti del partito. La denuncia della connivenza nella cospirazione del governo giapponese. Fino alla denuncia, fatta il 18 marzo 1937 da parte di Ezov della penetrazione della congiura all'interno dello stesso NKVD, con il tradimento a favore dei tedeschi dello stesso Jagoda, che aveva per di più disseminato in tutti i punti chiave dell'NKVD un gran numero di spie, molte delle quali arrestate anch'esse. Nell'ultimo processo pubblico, quello del febbraio del 1938 a 21 membri di partito (tra cui Bucharin, Rykov e Jagoda) veniva denunciato un ruolo maggiore nella congiura dei Governi occidentali e dei loro servizi segreti. Nel giugno 1937 si seppe che erano stati arrestati il maresciallo Tuchačevskij assieme ad altri sette generali con l'accusa di tradimento, venendo tutti fucilati, «forse il giorno dopo» l'arresto.
«Il vicecapo dell'INO, Michail Spigelglas, diede una versione molto simile a un altro futuro transfuga, Aleksandr Orlov: “Era una vera cospirazione! Lo si poteva vedere dal panico che dominava al vertice: tutti i lasciapassare al Cremlino furono improvvisamente dichiarati non validi, le truppe tenute in stato di allarme. Come disse Frinovskij: 'L'intero Governo sovietico è sospeso a un filo. Era impossibile agire come in tempi normali – prima il processo e poi la fucilazione. In questo caso abbiamo dovuto prima fucilare e poi processare'”.»164
Questa è la versione data da Andrew e Gordievskij, che a questo punto non ci offrono più spunti utili, definendo tutto quanto un'enorme montatura fatta da Stalin a causa della propria paranoia dovuta all'eccessiva ideologizzazione e alla propria sete di potere, secondo la ben nota versione dominante insegnata nelle scuole. Cerchiamo di capirne qualcosa di più facendo ricorso alla ricostruzione scientifica migliore offerta finora dalla storiografia non revisionista.
147. M. Sayers & A. E. Kahn, La grande congiura cap. 15, paragrafo 1 – Un ribelle tra i rivoluzionari.
148. C. Andrew & O. Gordievskij, La storia segreta del KGB, cit., pp. 83-84.
149. Ivi, pp. 86-87.
150. Ivi, pp. 99-101.
151. Ivi, p. 106.
152. Ivi, pp.111-115.
153. Ivi, pp. 125-126.
154. Ivi, p. 126.
155. Ivi, pp. 127-131.
156. Ivi, pp. 133-134.
157. Ivi, p. 135.
158. Ivi, p. 137.
159. Ivi, pp. 138-142.
160. Ivi, pp. 144-145.
161. Ivi, 146-147.
162. Ivi, pp. 149-151.
163. Ivi, pp. 152-153.
164. Ivi, pp. 153-160.

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