17 Aprile 2024

21. LA VITA RIVOLUZIONARIA DI CHARLIE CHAPLIN

1931. Rivolto all'amico Thomas Burke:
«Non è patetico, non è terribile che tutta questa gente mi circondi gridando “Dio ti benedica, Charlie!” e che voglia toccarmi il capotto, e ridere o persino piangere? Li ho visti farlo, quando riescono a toccarmi la mano. E perché? Perché? Semplicemente perché li ho rallegrati.
Dio, Tommy, che lurido mondo è questo, che permette alla gente di passare una vita tanto abietta che se qualcuno li fa ridere vogliono inginocchiarsi e toccargli il cappotto come fosse Gesù Cristo che li risuscita.
Ecco un commento sulla vita. Ecco un bel mondo in cui vivere. Quando la folla mi circonda così – per quanto personalmente mi gratifichi – spiritualmente mi fa male, perché so cosa c'è dietro. Uno squallore, una bruttezza, e una disperazione tale che solo perché qualcuno li fa ridere e li aiuta a dimenticare, chiedono a Dio di benedirlo
».43

La madre di Charles Chaplin (Londra, 16 aprile 1889 – Corsier-sur-Vevey, 25 dicembre 1977), Hannah, è una modesta attrice di teatro costretta, anche perchè abbandonata dal marito, nonché padre di Charlie, a portare con sé il figlio durante le esibizioni artistiche.
Viste le difficoltà economiche in cui si arrabatta la madre, Charlie e suo fratello Sidney vengono affidati per due anni ad un orfanotrofio. All’età di 6-7 anni Charlie realizza il suo primo spettacolo teatrale, in sostituzione della madre, nella quale cominciano ad evidenziarsi i primi sintomi di una malattia mentale. Le difficoltà vissute durante l'infanzia sono decisive per lo sviluppo del suo genio artistico: Chaplin dichiarerà di essere stato notevolmente influenzato dalla miseria vissuta, dall’osservazione della malattia della madre e da tutti quegli strani personaggi che attraversano le strade di Londra. A 14 anni inizia a lavorare stabilmente nei diversi teatri della città. La sua carriera è folgorante; comincia a girare per l'Europa e gli USA, dove poi deciderà di risiedere fino all'espulsione per presunte attività comuniste. A 25 anni s’inventa il personaggio su cui costruisce larga parte delle proprie sceneggiature e che gli dà fama universale, quello del “vagabondo” (“The Tramp” in inglese; “Charlot” in italiano, francese e spagnolo): un omino dalle raffinate maniere e con la dignità di un gentiluomo, vestito di una stretta giacchetta, pantaloni e scarpe più grandi della sua misura, una bombetta e un bastone da passeggio in bambù; tipici del personaggio sono anche i baffetti e l'andatura ondeggiante. L'emotività sentimentale e il malinconico disincanto di fronte alla spietatezza e alle ingiustizie della società moderna, fanno di Charlot l'emblema dell'alienazione umana – in particolare delle classi sociali più emarginate – nell'era del progresso economico e industriale. Nel 1936 realizza il capolavoro Tempi Moderni, splendida descrizione dell'alienazione dell'operaio nell'epoca del capitalismo fordista. Evidenti in tale situazione le simpatie e la solidarietà espresse per la causa operaia, in un periodo in cui dilagano i nazifascismi e la “reazione” in tutto il mondo. Mondiale è il successo del film, tanto da far sospettare molti, sulle due sponde dell’Atlantico, di un Chaplin eccessivamente simpatizzante con la causa del comunismo. Nel febbraio 1939 il viceministro degli Esteri, Richard Austen Butler, chiede ai suoi uomini di indagare sul nuovo progetto cinematografico di Charlie Chaplin a Hollywood, Il Dittatore, una sferzante parodia su Adolf Hitler. Londra è in ansia: il premier britannico Neville Chamberlaine sta attuando la politica dell’“appeasement” nei confronti della Germania nazista. Il patto di Monaco è stato appena siglato (settembre 1938) e nel gennaio del 1939 Chamberlain rende omaggio a Mussolini con una visita ufficiale in Italia. Il film di Chaplin, cittadino britannico, rischia di produrre effetti disastrosi sulle strategie politiche di Downing Street e del Foreign Office verso il Führer e il Duce. I diplomatici del consolato di sua Maestà a Los Angeles avvicinano Chaplin a Hollywood. Riferiscono a Londra che si sta dedicando alla produzione della pellicola «con una foga che rasenta il fanatismo. Impressionano il suo odio e il suo disprezzo verso le personalità che intende mettere in satira. Il suo unico obiettivo consiste nel poter sferrare un attacco diretto a Hitler». Si aggrappano addirittura a una legge britannica del 1917: «Non è consentito rappresentare sullo schermo personaggi viventi senza il loro consenso scritto». Premono per poter visionare il copione prima dell’inizio delle riprese, in modo che la sceneggiatura definitiva non arrechi «offesa alcuna alla Germania». Ma nel maggio del 1939, dalla California, gli inglesi gettano la spugna: «Riteniamo che andremmo incontro ad un immediato e definitivo rifiuto da parte di Chaplin se mai provassimo a suggerire delle modifiche al copione. È certo che non raggiungeremmo risultato alcuno».
L’attore reagisce pubblicamente, senza però menzionare le pressioni che arrivano da Londra: «Intimidazioni e censure non mi turbano affatto». Durante l’estate l’Ente della Censura britannico scrive: «Siamo stati molto chiari su ciò che è consentito e su ciò che non lo è. Di conseguenza Chaplin finirebbe per incolpare solo se stesso se il film non dovesse superare l’esame della censura britannica. Sempre e quando decida di andare avanti con il suo progetto cinematografico». È solo con lo scoppio della guerra nel settembre 1939 che cambierà l'atteggiamento del governo britannico verso il film e l'autore, ora osannati da pubblico e critica. È però nel secondo dopoguerra che Chaplin subisce vere e proprie persecuzioni.
È George Orwell il primo a denunciare le presunte simpatie sovietiche del regista.
Prima di morire nel 1950, l'inventore dell'incubo di 1984 consegna a una funzionaria del Foreign Office una lista con decine di nomi di sospetti «cripto comunisti». Tra questi anche il protagonista de Il grande dittatore. Sono gli anni della “caccia alle streghe comuniste” negli States: il senatore Joseph McCarthy porta avanti una crociata anticomunista che prende di mira anche l'intellighenzia dell'industria cinematografica. L'FBI, allora governata dal potente John Edgar Hoover, considera Chaplin uno dei bolscevichi del salotto di Hollywood. Nel 1952, in occasione di una sua visita a Londra, un agente inglese di collegamento a Washington lancia l'allarme: secondo le ricostruzioni del Bureau americano, Chaplin ha finanziato organizzazioni comuniste. Diversi aspetti della sua vita privata inoltre hanno suscitato clamore: i suoi due matrimoni, entrambi con ragazze di 16 anni, la decisione di adottare un figlio illegittimo e i suoi debiti con l'erario da 2 milioni di dollari. Soprattutto, fa notare l'FBI, Chaplin non ha mai voluto acquisire la cittadinanza statunitense, nemmeno dopo aver vissuto 30 anni in quella che si auto-considerava la patria della libertà. L'MI5 scopre che una decina di anni prima (1942), a Los Angeles, Chaplin aveva presenziato a una riunione del Consiglio Nazionale di Amicizia Sovietica americano.
Invitato a sostituire un relatore, aveva iniziato il suo discorso con un sospetto «Compagni...». Le parole pronunciate in quell'occasione provano probabilmente le sue idee progressiste più che l'adesione all'ideologia comunista. Ciononostante Chaplin non manca di affermare che «c'è molto di buono nel comunismo, […] possiamo utilizzare quello che c'è di buono e lasciare da parte il cattivo». In questo periodo, da fervido anti-nazista, propugna l'alleanza con i sovietici. Gli 007 della Regina, allarmati, concludono realisticamente che «può essere che Chaplin abbia simpatie comuniste, ma dalle informazioni a nostra disposizione non sembra che un progressista o un radicale». Altri elementi che rendono Chaplin “sospetto” sono la partecipazione ai funerali dello scrittore comunista Dreiser nel 1945 e l'accusa di apologia di reato per Monsieur Verdoux. Nella parte finale del film infatti il sacerdote dice al protagonista, colpevole di molteplici omicidi: «Possa il Signore avere pietà dell'anima tua», e Verdoux replica: «Perchè no? In fin dei conti, gli appartiene». I conservatori americani, tra cui i reduci cattolici, si scatenano accusando Chaplin di essere irrispettoso e irriverente nei confronti della morale e della religione. Inquisito dalla Commissione per le Attività Anti-americane, accusato di filo-comunismo, perseguitato dal fisco, Chaplin scappa in Gran Bretagna, rifugiandosi poi successivamente (1962) in un tranquillo angolo della Svizzera.
La condanna decisiva nei suoi confronti era arrivata nel settembre del 1952. Chaplin e la sua nuova famiglia si erano imbarcati per l'Europa in quella che doveva essere una vacanza.
Mentre si trovavano in mare il Ministro della Giustizia statunitense aveva disposto per pubblico decreto che a Chaplin, in quanto cittadino britannico, non sarebbe stato permesso di rientrare nel paese a meno che non avesse convinto i funzionari dell'immigrazione di essere «idoneo». Gli USA scagliavano i suoi anatemi contro il traditore, cercando di boicottarlo in ogni maniera. Un esempio riguarda l'Italia: il 22 dicembre del 1952 Chaplin sbarca a Roma: scende dalla sua auto a pochi minuti dalle 22, davanti al teatro Sistina dove sta per assistere alla prima italiana del suo film Limelight, alias Luci della ribalta. La gente che affolla la zona lo saluta, lo acclama. Chaplin risponde, si leva il cappello con il suo classico gesto di eleganza. In quel momento si odono delle urla: «sporco ebreo», grida un nutrito gruppo di giovani. Poi un fitto lancio di pomodori marci, che costringono il regista a ripararsi nel Sistina. La gente si oppone alla contestazione, la polizia interviene fermando quattro ragazzi. Si tratta di un gruppo di fascisti, come riportano le cronache dell'epoca apparse soprattutto su l'Unità, che si occupa anche dei problemi diplomatici suscitati dalla visita di Chaplin in Italia. La violenta sceneggiata davanti al Sistina non è altro che un'espressione del boicottaggio che attuato in quei giorni e mesi nei confronti di Chaplin.
L'Italia peraltro si copre di ridicolo oltremanica, a causa della cancellazione degli incontri, prima accordati poi annullati, dal presidente Einaudi e dal Papa.
Il Governo italiano e il Vaticano, ricostruisce l'Unità, erano stati costretti a fare marcia indietro sotto pressione dell'ambasciata americana a Roma. Il caso finisce negli editoriali dei giornali inglesi.
Il quotidiano Star parla di «isteria e panico anticomunista», di «crescente interferenza degli USA nella sovranità dei paesi dell'Europa occidentale», del caso italiano come «paradossale esempio».
Il conservatore Daily Mail arriva a scrivere che la causa dell'annullamento degli incontri «è dovuta ad un mal di gola del regista», anche se dà nota del fatto che «gli Stati Uniti erano fortemente seccati per gli onori ufficiali che si volevano tributare all'attore». A ciò si aggiunge il grottesco episodio del rettore dell'Università di Roma, che rifiuta di accordargli una prevista Laurea honoris causa. Il suo film, dopo anni di persecuzioni da parte della censura, viene interdetto dai cinema della California, e in tutti gli Stati Uniti si scatena una campagna di odio nei confronti del comunista Chaplin.
«Il comitato esecutivo nazionale della Legione americana - scrive il Los Angeles Herald Express nell'ottobre del 1952 - ha fatto richiesta a tutti i distributori cinematografici di rifiutare il film di Chaplin, fino a quando il Ministero della Giustizia non decida se concedere a Chaplin il permesso di fare ritorno dall'Inghilterra».
Non sappiamo se Chaplin fosse effettivamente comunista o no. Il regista è dichiaratamente pacifista e ateo (Geraldine Chaplin ha rivelato che né lei né i suoi fratelli siano stati battezzati: suo padre, Charlie, era così profondamente ateo da non aver loro trasmesso neppure la “nozione” di Dio), oltre che ferocemente critico contro il sistema capitalistico. Il suo “errore” è stato quello di criticare dall'interno un sistema, quello americano, che vede nella patria, in Dio e nella famiglia i cardini del “nuovo sogno” economico e politico. Il Comitato inquisitore rintraccia in Chaplin gli elementi di fede comunista cercati con ossessione, grazie al fatto che in alcuni film e discorsi pubblici il regista avesse affermato di credere nella pace, e che questa si sarebbe dovuta ricercare insieme all'URSS, l'alleata nella sconfitta del nazismo. Chaplin, che degli Usa si definisce «un ospite pagante», si è inoltre schierato senza esitazioni in favore del ricorso avanzato da due sceneggiatori di Hollywood, processati perchè «comunisti», Howard Lawson e Dalton Trumbo, e partecipa ad una manifestazione per la pace insieme all'attrice Katherine Hepburn. Ce n'è abbastanza, per i torquemada statunitensi, per identificare Charlie Chaplin nel ruolo del “rosso” da combattere. La reazione di Chaplin si concretizza con la commedia satirica A King In New York (1957), apologo sull'ipocrisia dell'“american way of life” e presa in giro del maccartismo. Nel film un re detronizzato fa la conoscenza di New York tramite un'intraprendente pubblicitaria: viene ripreso a sorpresa dalla televisione e prova anche un carosello pubblicitario; la giovane lo convince a cambiare faccia, ma il re non è contento della sua nuova faccia, che lo rende più giovane ma gli impedisce di sorridere. Un giorno commette l'errore di ospitare un bambino prodigio figlio di due sospetti comunisti; il re viene chiamato a comparire di fronte alla famigerata commissione per le attività anti-americane, e ne esce dopo aver innaffiato i membri con un idrante; ma il bambino, per salvare i genitori, è costretto a denunciarli. Il re torna in Europa disgustato.
Chaplin muore la notte di Natale del 1977. La notizia, diffusa immediatamente dalle televisioni di tutto il mondo, ha grande risonanza e suscita enorme emozione. Chaplin è il primo artista occidentale commemorato dalla Cina comunista e a ricevere eguali testimonianze di stima dai due blocchi europei. Chaplin è uno dei più grandi geni artistici del XX secolo e, come quasi tutti loro, un vero compagno che è riuscito a lottare per la libertà riuscendo a far cambiare le idee della gente in meglio con la forza di un sorriso.44
43. Citato in Wikiquote, Charlie Chaplin.
44. Fonti usate: Redazione Contropiano, Charlie Chaplin perseguitato ingiustamente dal Fbi, Contropiano, 17 febbraio 2012,; P. Scaruffi, Charlie Chaplin, Scaruffi.com, 2016; D. Grella, E venne un omino chiamato Charlot, Storia in network-Cronologia.leonardo.it; G. Faggionato, Chaplin il comunista, Lettera43.it, 17 febbraio 2012; Wikipedia, Charlie Chaplin; inoltre si è consultato un articolo dell'Unità, sito oggi inattivo dopo la chiusura del giornale.

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