26 Aprile 2024

01.1. LIRICHE RIVOLUZIONARIE

«Traduci, Comintern, / l'odio di razza / in odio di classe».
(da Testimonianza, 1926)


Di seguito alcune poesie4 o estratti significativi dalle sue opere:

La faccia del nemico di classe (1928): «Non compiacerti, / compagno, / per i giorni pacifici, / porta / al macero / la benevolenza. / Ricordati, / compagno: / in mezzo a noi / armeggia / il nemico di classe».

Il Partito (1913):
«Il Partito è un uragano denso / di voci flebili e sottili / e alle sue raffiche / crollano i fortilizi del nemico. / La sciagura è sull'uomo solitario, / la sciagura è nell'uomo quando è solo. / L'uomo solo / non è un invincibile guerriero. / Di lui ha ragione il più forte / anche da solo, / hanno ragione i deboli / se si mettono in due. Ma quando / dentro il Partito si uniscono i deboli / di tutta la terra / arrenditi, nemico, muori e giaci. / Il Partito è una mano che ha milioni di dita / strette in un unico pugno. / L'uomo ch'è solo / è una facile preda, / anche se vale / non alzerà una semplice trave, / né tanto meno una casa a cinque piani. / Ma il Partito è milioni di spalle, / spalle vicine le une alle altre / e queste portano al cielo / le costruzioni del socialismo. / lì Partito è la spina dorsale / della classe operaia. / Il Partito è l'immortalità / del nostro lavoro. / Il Partito è l'unica cosa che non tradisce».
Il poeta è un operaio (1920):
«Gridano al poeta: / “Davanti a un tornio ti vorremmo vedere! / Cosa sono i versi? Parole inutili! / Certo che per lavorare fai il sordo”. / A noi, forse, il lavoro / più d'ogni altra occupazione sta a cuore. / Sono anch'io una fabbrica. / E se mi mancano le ciminiere, / forse, senza di esse, / ci vuole ancor più coraggio. / Lo so: voi non amate le frasi oziose. / Quando tagliate del legno, è per farne dei ciocchi. / E noi, non siamo forse degli ebanisti? / Il legno delle teste dure noi intagliamo. / Certo, la pesca è cosa rispettabile. / Tirare le reti, e nelle reti storioni, forse! / Ma il lavoro del poeta non è da meno: / è pesca d'uomini, non di pesci. / Fatica enorme è bruciare agli altiforni, / temprare i metalli sibilanti. / Ma chi oserà chiamarci pigri? / Noi limiamo i cervelli / con la nostra lingua affilata. / Chi è superiore: il poeta o il tecnico / che porta gli uomini a vantaggi pratici? / Sono uguali. I cuori sono anche motori. / L'anima è un'abile forza motrice. / Siamo uguali. Compagni d'una massa operaia. / Proletari di corpo e di spirito. / Soltanto uniti abbelliremo l'universo, / l'avvieremo a tempo di marcia. / Contro la marea di parole innalziamo una diga. / All'opera! Al lavoro nuovo e vivo! / E gli oziosi oratori, al mulino! Ai mugnai! / Che l'acqua dei loro discorsi / faccia girare le macine».
Da Vladimir Ilic Lenin (1925):
«Inferociva la reazione e gli intellettuali / da tutto si distaccarono e insudiciarono tutto. / Comprarono candele, si rinchiusero in casa / e incensarono i cercatori di Dio. / Persino il compagno Plechanov s’intimidì: / “Colpa vostra, fratelli cari, / vi siete insabbiati! / Avete versato laghi di sangue, / ma non c’è niente da fare, è inutile / impugnare le armi”. / Ma Lenin levò la sua voce alta e ferma tra / questo morboso lamento: / “No, impugnare le armi è necessario, / ma bisogna impugnarle / in maniera più energica e decisa. / Io vedo un giorno di nuove rivolte, / vedo la classe operaia insorgere ancora. / Non difesa, ma attacco / dev’essere la parola delle masse. / Quest’anno caldo di sangue, / queste ferite nelle fila operaie, / saranno la nostra scuola / nel fragore e nella tempesta delle / insurrezioni future” […] / La terra è una montagna di ferrame / e di poveri cenci umani. Solo, / in mezzo alla comune follia, / insorge Zimmerwald. / Di là, / Lenin, con un pugno di compagni, / si levò sopra il mondo / ed espresse le idee più chiare di un incendio. / Più forte del tuonare dei cannoni fu la sua voce. / Da una parte gli scoppi, gli schianti, / il balenar delle spade mulinate sopra i cavalli, / dall’altra, contro spade e cannoni, / calvo, con gli zigomi acuti sotto la pelle, / un uomo solo: / “Soldati! / Col tradimento, facendo mercato della nostra carne, / i borghesi ci mandano alla guerra / contro i turchi, a Verdun e sulla Dvina. / Basta! Trasformiamo la guerra dei popoli / in guerra civile. Basta / coi massacri, la morte e le ferite! / I popoli non hanno colpa. / Contro la borghesia di tutti i paesi / leviamo la bandiera della rivoluzione” […] / E guardando di laggiù queste giornate, / vedrai dapprima la testa di Lenin. / Il suo pensiero apre una strada di luce dall’era degli schiavi ai secoli della Comune. / Passeranno gli anni dei nostri tormenti / e ancora all’estate della Comune, / scalderemo la nostra vita / e la felicità, con dolcezza di frutti giganti, / maturerà sui fiori dell’ottobre. / E chi leggerà le parole di Lenin, / sfogliando le carte gialle dei decreti, / sentirà il sangue battere alle tempie / e salire le lacrime dal cuore […] / Riunendo in un’asta / l’immane selva delle ciminiere, / i milioni di braccia, / la Piazza Rossa si solleva in alto / con la rossa bandiera, / con un balzo che scuote tutto il cielo. / E da questa bandiera, / da ogni sua piega, / ecco, di nuovo vivo, Lenin ci chiama: / “Proletari, serrate le file / per l’ultimo scontro. / E voi, schiavi, rialzate le schiene e i ginocchi. / Armata proletaria, sorgi e avanza! / Allegra e veloce, viva la nostra rivoluzione!” / Tra tutte le guerre / che hanno devastato il corso della / storia, / questa è l’unica grande giusta guerra».
4. Tutte le poesie o i versi di questo capitolo sono stati riportati non nel loro formato grafico originario, ma per ragioni di spazio sono stati accorpati indicando con il marcatore “/” la separazione del verso. Il senso di questo capitolo è infatti soprattutto di mettere in rilievo il contenuto politico di tali opere. Ci si perdoni quindi questo atto che inevitabilmente non rispetta in pieno il valore stilistico-formale di tali opere.

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